venerdì 12 dicembre 2008

"Il riscatto? dissero così anche per l'abbattimento delle torri"


VINCENZO AMMALIATO «La strage di Castelvolturno dello scorso settembre, costata la vita ai sei africani, non ha fatto altro che scoperchiare un putrido pentolone nel quale chi vive a Castelvolturno è immerso dentro da anni e spesso non se ne accorge. Subito dopo si è scatenata una prevedibile attenzione mediatica sul territorio, un’attenzione senza precedenti. E molti hanno cercato di sfruttare il momento per dare in pasto a un popolo bramoso di risposte gli interventi più semplici e immediati possibili. Ma una problematica tanto complessa come quella che vive il territorio domizio da anni, va affrontata in maniera completamente diversa». La riflessione è di Antonio Casale, il direttore del centro Fernandes, che sceglie il giorno dei tanto attesi funerali dei sei ghanesi vittime della mattanza della sartoria (cerimonia peraltro, avvenuta senza salme e con uno strascico di proteste), per rompere il silenzio che si era imposto durante le recenti polemiche sorte a seguito della richiesta dei politici locali del centrodestra di chiudere la struttura vescovile di Castelvolturno da lui gestita perché ritenuta responsabile delle presenze di clandestini nella zona. E va giù duro. «Nelle ultime settimane - sottolinea Casale - è stato posto in essere il tentativo di trasformare il Fernandes in un simbolo di degrado, responsabile dell’immigrazione selvaggia nel paese. Così come è stato anche per l’ormai famoso «American palace». La richiesta di chiusura e di abbattimento di queste due strutture rischia di diventare un nuovo simbolo - aggiunge - con la funzione catartica di distrarre l’attenzione dai veri problemi del territorio. Il pericoloso tentativo messo in atto, in buona o cattiva fede, è insomma quello di voler far credere alla gente che eliminati quelli che vengono identificati come il «bubbone infetto», la malattia scompare. Purtroppo si sbagliano, non è così. Ma il bubbone è, e resta, solo il sintomo più evidente di una malattia molto più grave e profonda che se non si combatte in radice va in metastasi». I fatti capitati in zona negli ultimi tre mesi hanno segnato profondamente la gente di Castelvolturno; fra questi, ovviamente, anche il direttore della struttura vescovile di Castelvolturno, porta i segni di tre mesi di forti tensioni. Ha cercato, per settimane, di restare fuori dalle polemiche e dalle schermaglie politiche che pure hanno finito per avvelenare un clima già pesante in una città in cui sui muri sono comparse scritte e minacce di morte contro il sindaco Nuzzo, ma anche frasi di incitamento ai killer della camorra. Nelle sue parole si coglie anche un velo di rassegnazione. «Non molti anni fa - sottolinea Casale - furono abbattute, suonando la grancassa, le famose torri del Villaggio Coppola, un simbolo, ormai molto logoro, dell’abusivismo imperante da un ventennio sul territorio. Si disse che era iniziato il riscatto. A distanza di pochi anni - aggiunge - la città è precipitata nel periodo più buio della sua storia dimostrando come il sacrificio dei «capri espiatori» individuati al momento, di biblica memoria, non produce nessun risultato se non quello di soddisfare intime pulsioni di vendetta, foriere di nuovi e più pericolosi mali». Ma per far rinascere Castelvolturno, quindi cosa serve? Per Antonio Casale non ci sono dubbi: «Non occorrono eroi, martiri o santi. Occorre solo gente onesta che ama il prossimo suo come se stesso».

Strage, ultimo saluto ai sei ghanesi uccisi


VINCENZO AMMALIATO Saranno il vescovo di Capua, monsignor Bruno Schettino, e l'Imam della moschea di San Marcellino, Nasser Hidouri, a celebrare questa mattina il rito religioso per i sei immigrati ghanesi brutalmente assassinati lo scorso 18 settembre al chilometro 43 della via Domiziana. Esattamente due mesi e mezzo dopo il giorno più nero della storia di Castelvolturno, alle 10, torneranno dall'obitorio di Caserta le sei salme vittime della camorra. Ad attenderle, a meno di un chilometro dal luogo della strage, in via Lungolago a Ischitella, ci saranno il fratello di uno dei defunti e i loro tanti amici. È attesa a Castelvolturno anche la presenza dell'assessore regionale agli affari sociali Alfonsina De Felice, che dopo la strage stanziò la cifra di cinquantamila euro necessaria a coprire le spese dei funerali. La cerimonia interreligiosa inizierà alle 11 e durerà circa un ora. In un primo momento si era pensato di celebrare dei funerali separati: uno cristiano, per le due vittime che professavano la fede pentecostale e il rito musulmano per le altre quattro. È stata, poi, la mediazione dei dirigenti del Comune di Castelvolturno con i parenti dei defunti e i religiosi a far propendere per il rito unico. Subito dopo la preghiera, l'impresa di pompe funebri incaricata del trasferimento in Ghana delle salme provvederà al trasporto dei feretri direttamente all’aeroporto di Roma. Ed è su questo punto che si sono spente le ultime speranze degli amici delle vittime. Gli immigrati della Domiziana, infatti, sin dal giorno dopo la strage, avevano palesato il desiderio di un corteo funebre lungo le vie del paese costiero. Ma la prefettura ha ribadito ieri sera durante una riunione con il sindaco di Castelvolturno Francesco Nuzzo, che per motivi d’ordine pubblico è preferibile che il corteo non si faccia. Cosa resterà della strage della sartoria nella mente della gente di Castelvolturno dopo questi funerali? Il negozio del chilometro 43 è chiuso da quel triste giorno. Adagiati alla sua saracinesca sono rimasti solo dei fiori appassiti. Questi sembrano essere gli unici segnali della mattanza. Il territorio già da fine settembre è completamente militarizzato; ma dopo qualche giorno di «assestamento» ha riacquistato il suo aspetto di sempre. Anche le prostitute di colore sono ritornate a esercitare la loro professione sui marciapiedi della Domiziana a tutte le ore del giorno e della notte come prima del 18 settembre. L'immigrazione clandestina e il mercato della droga, nonostante il blitz di carabinieri e polizia all'ormai famoso American palace, sembrano non essere stati neanche scalfiti. «Nonostante tutto - ha detto Bismark, un immigrato tanzaniano, amico delle sei vittime - a me Castelvolturno continua a piacere. E resterò a vivere qui con la mia famiglia».

monta la pprotesta contro il fernandes a Castelvolturno

17.11.08 Castel Volturno - «Non ritengo assolutamente di essere razzista, né di perseguire azioni di carattere xenofobo, ma sono un semplice portavoce di gran parte dei residenti di Castelvolturno». Respinge con forza la parola “razzismo” Antonio Scalzone, il capogruppo dei consiglieri di opposizione del Comune di Castelvolturno, promotore della richiesta di chiusura o conversione del centro per immigrati Fernandes che negli ultimi giorni ha sollevato non pochi dibattiti a Castelvolturno. La sua, spiega, è «una battaglia per la cittadinanza», tanto che otto giorni fa ha iniziato «a raccogliere firme raggiungendo già quota cinquecento sottoscrizioni». «Fra i firmatari - aggiunge Antonio Scalzone - molti sono persone che hanno idee politiche diverse da noi. E per domenica prossima supereremo le mille firme». Il capogruppo ha anche fatto sapere di aver avuto, ieri, un cordiale colloquio telefonico con il vescovo di Capua Bruno Schettino. «Ho confermato a sua eccellenza - ha detto Scalzone - che la mia non è una battaglia personale contro la sua Curia. A Castelvolturno arrivano tutti i clandestini che sbarcano a Lampedusa, o a Crotone e Ragusa; in quei luoghi vengono immediatamente informati, non si sa bene da chi, che sul litorale domizio c'è una struttura della Caritas che può garantire loro assistenza. Molti di questi, poi - continua l’ex sindaco - non riescono a entrare nel Fernandes perché sono troppi ma restano ugualmente sul territorio facendolo morire». Il centro è nato però nel 1996 quando l’immigrazione clandestina era già una piaga a Castelvolturno. «La nostra struttura - ha sottolineato il direttore Antonio Casale - è stata pensata proprio per venire incontro a un grosso disagio che c'era sul territorio. Gli immigrati arrivavano e arrivano ancora oggi a Castelvolturno perché ci sono numerose comunità di extracomunitari, e il loro tam-tam è molto forte». Padre Giorgio Poletti, il missionario da sempre al fianco degli immigrati del litorale, ipotizza delle manovre destabilizzatrici dietro la «vicenda Fernandes». «Ho l'impressione - ha detto il religioso - che si stia ancora una volta utilizzando lo spauracchio del centro per immigrati al solo fine di montare in paese la rabbia nei confronti dei clandestini. Questo per indirizzare i controlli delle forze dell'ordine esclusivamente nei confronti degli extracomunitari».

La domitiana, dove non c'è strada non c'è civiltà


Al Paese che il 19 settembre scorso si è svegliato con le immagini di una delle stragi più cruente della sua storia criminale, quella della sartoria di Castelvolturno con i suoi sei morti ghanesi, sono arrivate, forse per la prima volta, in quantità le «istantanee» del degrado del litorale. Poi le immagini della devastazione della rivolta degli immigrati. Immagini, spezzoni, video spesso girati frettolosamente: il Paese ha visto, si è indignato e ha archiviato appena possibile. Della Domiziana è arrivato quanto bastava a reggere per qualche giorno un grave fatto di cronaca. Senza scomodare semiologi e filosofi, funziona così la società mediatica. Qualche immagine, una veloce sintesi, un giudizio e via, si passa alla pratica successiva.

Chi non ha avuto fretta è un giovane regista, Romano Montesarchio, che ha appena ultimato un documentario di 45' frutto di un lavoro cominciato nel 2003 con l'abbattimento delle torri del villaggio Coppola, seguito da osservazioni costanti nel corso degli anni e completato con una campagna di riprese cominciata a febbraio e ultimata qualche giorno fa. Il frutto è «La Domitiana, dove non c'è strada non c'è civiltà» (di Romano Montesarchio e Vincenzo Ammaliato, produzione Effetto Vertigo, regia di Romano Montesarchio, 2008).
Chi vuole conoscere la realtà domizia può vedere questo documentario: non c'è una voce narrante, non ci sono effetti speciali, il filo conduttore è, appunto, la strada con il suo mondo, il suo durissimo e complicatissimo mondo. C'è la strada vista dagli occhi di chi la frequenta, di chi la subisce, di chi la descrive. Occhi, soprattutto occhi che Montesarchio scruta, occhi impauriti, occhi arroganti, occhi dolenti di umanità che si sovrappongono, si guardano, si odiano. Il documentario - la cui «prima» è prevista il prossimo 20 dicembre al Cinepolis del Centro Commerciale Campania (ma alcuni spezzoni saranno trasmessi da «Un mondo a colori» di Rai1 nella seconda settimana di dicembre) - mostra lo sfascio della Domiziana, i luoghi che l'avrebbero dovuta trasformare e che invece sono stati trasformati: alberghi abbandonati, industrie scheletrite, interi complessi abusivi o case abbandonate: immagini che, mai in modo così completo e pulito, sono state riprese e mostrate con l'ansia di capire e di spiegare.
C'è anche il coraggio di chi in questi posti lavora: dal sindaco di Castelvolturno, Francesco Nuzzo (che, vale la pena ricordarlo, il giorno della rivolta degli immigrati è stato l'unico a scendere in strada per tentare di aprire un dialogo e fermare le devastazioni), ai volontari del Centro Fernandes, al personale del 118: anche per questi Montesarchio porta la camera sui volti, sulle espressioni. Le immagini, anche le più forti, sono belle: emerge chiara la ricerca del particolare che spiega il contesto, si vede la modernità del montaggio e la cura della colonna sonora che accompagna il documentario.
Con Vincenzo Ammaliato, giornalista che veste a tratti i panni di Virgilio, Romano Montescarchio ha realizzato un documentario di grande passione civile, raccontando drammi, ma soprattutto mostrando la dignità di quanti su quei 50 chilometri lavorano per fare qualcosa di diverso. Di migliore.


Nota: Gianni Molinari da "Il Mattino" del 23.11.2008

lunedì 13 ottobre 2008

Baia Verde, i cento passi della strategia del terrore

13/10/2008

È racchiusa in cento passi gran parte della storia recente di Castelvolturno. È stata scritta a Baia Verde, infatti, la storia più cruenta che il paese litoraneo abbia mai vissuto. Il mesto e breve percorso parte dalla sala giochi gestita da Antonio Celiento in via Vasari, ucciso il 18 settembre con oltre cinquanta colpi d’arma da fuoco per volontà del killer cieco Giuseppe Setola. Di fronte alla sala giochi c’è l’abitazione di Alfonso Cesarano, arrestato tre giorni dopo la strage della sartoria perché riconosciuto dal ghanese superstite dell'eccidio. A meno di cinquanta metri da quel luogo c’è il piccolo ulivo piantato dall’amministrazione comunale nel luogo dove fu barbaramente assassinato la mattina del 13 maggio Mimmo Novello. Uno dei suoi assassini viveva cinquanta metri più avanti. Si chiama Oreste Spagnolo. La sua casa adesso è chiusa. Come è chiusa la sala giochi di Celiento. Come è chiuso un locale commerciale da cinque entrate che si trova nella piazza principale di Baia Verde; alle sue serrande ci sono affissi i cartelli di Fittasi. Aperto, invece, è il negozietto nei pressi del quale è stato piantato l'ulivo. Il gestore del locale se ne prende cura tutti i giorni annaffiandolo. .am.

domenica 12 ottobre 2008

"Zì Bernardino", da capocosca ai set cinematografici

12/10/2008

Nel film «Gomorra» di Matteo Garrone ha interpretato il ruolo di «zì Bernardino», l’uomo che trae in inganno e che, come si dice nel gergo della mala, «porta a dama» i due adolescenti che volevano diventare boss, facendoli barbaramente assassinare. Nel film «L’imbalsamatore», girato a Pinetamare nel 2002, era un vero e proprio boss della camorra. Per gli inquirenti, invece, Bernardino Terracciano, è un fiancheggiatore del clan del litorale domizio. E mentre ieri mattina dei veri carabinieri gli stringevano ai polsi le manette non c’era alcun regista a dirigere le scene, né telecamere a zoomare su sguardi ed emozioni. Ma Terracciano non è l’unico attore di «Gomorra» ad avere avuto a che fare con la giustizia. Dalle luci della ribalta alla galera è già finito, lo scorso giugno, Giovanni Venosa. Anche lui, come «zì Bernardino», nel film premiato a Cannes ha interpretato se stesso, indossando i panni del feroce capozona di Pinetamare. E non basta: le forze dell’ordine due settimane fa hanno chiuso il locale sexy del Villaggio Coppola dove furono girate alcune scene del film, perché al suo interno lavoravano delle ragazze extracomunitarie sprovviste di permesso di soggiorno. Operazioni da "Oscar" da parte delle forze dell'ordine.

«Corteo bipartisan contro clan e clandestini»

12/10/2008

VINCENZO AMMALIATO «Una manifestazione bipartisan contro camorra e immigrazione clandestina». È l’idea, «da mettere in pratica in pochi giorni», annunciata ieri sera dal sindaco di Castelvolturno Francesco Nuzzo al termine di una giornata tesa, iniziata nella sala consiliare del Comune con un incontro sulla sicurezza con i cittadini, i politici locali e sei parlamentari del Pdl: Ernesto Caccavale, Giovanni Compagna, Pasquale Giuliano, Giovanna Petrenga, Giovanni Sagliocco e Carlo Sarro; assenti i tre parlamentari della zona, Nicola Cosentino, Gennaro Coronella e Mario Landolfi. Francesco Nuzzo ha aperto i lavori chiedendo ai partecipanti di essere responsabili e di non lasciarsi andare a invettive nei confronti di nessuno, come accaduto nella manifestazione di martedì scorso, quando molti cittadini scandirono cori anti-sindaco. «Siamo in un momento storico particolare - ha detto Nuzzo - dove più di una persona perbene a Castelvolturno sta rischiando la vita». Ma le sue parole, almeno in un primo momento, non hanno trovato sponde favorevoli; il sindaco Nuzzo infatti, a metà giornata, ha abbandonato la sala comunale perché innervosito e amareggiato dall'intervento del consigliere d'opposizione Sergio Luise, il quale lo ha chiaramente indicato come «corresponsabile dei gravi problemi recenti che sta patendo il territorio». Poco dopo, un cittadino di Castelvolturno presente in sala, al quale non è stata concessa la possibilità d'intervenire al dibattito, ha inveito pesantemente contro gli organizzatori dell’incontro, definendoli addirittura «camorristi». Una dozzina gli interventi che si sono susseguiti fra enfasi e rabbia. Sono intervenuti i semplici residenti, i promotori del corteo non autorizzato svolto sulla Domiziana lo scorso martedì, i volontari delle associazioni del territorio, gli amministratori locali. Tutti si sono concentrati essenzialmente su due temi: «Castelvolturno non è un paese razzista, così descritto nelle ultime tre settimana da gran parte dei mass media nazionali e il fatto che le forze dell'ordine che hanno militarizzato la zona abbiano una visione purtroppo solo parziale dei problemi del territorio». L'ex sindaco Antonio Scalzone ha annunciato che «se tra un paio di settimane le forze dell'ordine che pattugliano Castelvolturno non si impegneranno anche nel contrasto all'immigrazione clandestina, inviterò tutti i cittadini a consegnare al Comune le proprie carte d'identità». In questo paese - ha continuato Scalzone - i clandestini hanno maggiori diritti dei residenti. Quindi è meglio essere irregolari». Mentre Vincenzo Martino della Proloco ha auspicato un aumento strutturale ell'organico del commissariato di polizia. «Quando i mille uomini delle forze dell'ordine lasceranno il territorio - ha detto Martino - sarà necessario raddoppiare gli agenti al commissariato». I lavori sono terminati con i saluti e la solidarietà espressa dai sei parlamentari intervenuti alla gente del litorale. Fra tutti, colui che ha guadagnato più applausi è stato il senatore Carlo Sarro, il quale ha proposto «di riunirsi ogni venti giorni a Castelvolturno per fare il punto della situazione, così come sta facendo con la città di Napoli il premier Berlusconi per il problema rifiuti». Poi in serata l’annuncio di Nuzzo. «Ho l’adesione di tutti i parlamentari del Pdl presenti in Comune; qualcuno nel Pd ha già aderito». La sensazione è che non sarà molto facile mettere tutti d’accordo.

CORTEO ANTI-IMMIGRATI, SCOPPIA IL CASO

07/10/2008

VINCENZO AMMALIATO Ha subito l’attacco di un gruppo criminale che ha ammazzato in meno di dieci mesi diciassette persone senza mostrare alcun tipo di reazione. Adesso la gente di Castelvolturno, o almeno parte di essa, ha deciso di dire basta e mostrare tutta la propria indignazione protestando contro l’immigrazione clandestina. E quale è stato il sistema scelto per palesare il disagio? Un corteo clandestino. «Ormai a Castelvolturno è saltato qualsiasi tipo di schema», il commento del dirigente del locale commissariato, Luigi del Gaudio. Insomma, l’autorizzazione non c’è. L’appuntamento è previsto alle 10.30 di questa mattina a Ischitella. Da qui dovrebbe partire un corteo che si snoderà lungo i dieci chilometri della via Domiziana fino al centro storico. Sul primo volantino anonimo, distribuito in tutto il territorio domenica scorsa da un gruppo di commercianti (che non aderiscono ad alcuna associazione) c’era scritto chiaramente «Basta al degrado, non solo lotta alla camorra, ma soprattutto basta all’immigrazione clandestina». In un secondo volantino diffuso ieri, firmato «i residenti onesti del parco Lagani», si invitano tutti i cittadini di Castelvolturno a prendere parte al corteo, compreso (c’è scritto chiaramente) «gli immigrati onesti». C'è grossa confusione sulla Domiziana, ma c’è soprattutto insofferenza fra alcuni esercenti della zona, per l’eccessiva militarizzazione del territorio. I numerosi bar dell’area lamentano cali degli affari superiori al 50 per cento. Alle colonnine dei distributori di benzina non si notano più file d’auto in attesa del rifornimeno. I tavoli delle pizzerie e dei ristorianti di Castelvolturno da due settimane sono quasi tutti vuoti. Anche per Antonio Scalzone, capogruppo d’opposizione in consiglio comunale, ex sindaco, e promotore della chiusura del Centro Fernandes, «non era il caso in questo momento organizzare una manifestazione del genere. Condivido lo spirito che ha animato i promotori del corteo - ha detto - ma le forze dell’ordine e lo Stato nel suo complesso stanno dando segno negli ultimi giorni di interessarsi ai problemi di Castelvolturno. Sarebbe il caso lasciar lavorare loro nella maniera più serena». Contrario al corteo Tommaso Morlando, dirigente locale di Italia dei Valori, secondo il quale il nemico numero uno a Casrtelvolturno è la camorra: «Solo dopo aver battuto questo cancro - sottolinea - ci potremo confrontare sul territorio per risanare il nostro paese. Il compito dei castellani in questo particolare momento storico è quello di mostrarsi uniti». Intanto, questa mattina polizia e vigili urbani si sono dati appuntamento per incontrare i manifestanti a Ischitella prima della partenza del corteo per capire i motivi che hanno spinto i promotori della manifestazine a non comunicarne ufficialmente il programma. Per i manifestanti, ha fatto sapere il comandante dei vigili urbani, Vincenzo Cassandra, in teoria potrebbe configurarsi anche il reato di blocco stradale.

lunedì 6 ottobre 2008

Minacce al sindaco Nuzzo vigilanza della polizia

06/10/2008

Minacce al sindaco Nuzzo vigilanza della polizia
ENZO AMMALIATO La camorra alza il livello della sfida allo Stato, con omicidi e minacce ai soggetti più esposti negli ultimi tempi. «Stanno succedendo cose molto gravi» si limita a dire il sindaco di Castelvolturno Francesco Nuzzo (nella foto), cui la polizia, pur non ufficializzando la notizia per evitare allarmismi, ha deciso di assegnare una vigilanza armata. Non una scorta fissa, ma qualcosa di simile; una misura presa perché, con tutta probabilità, il sindaco è stato minacciato dalla camorra. Quella stessa camorra che, mentre spara a Casale, continua a tenere sotto pressione il litorale domizio, da dove è partita l’offensiva allo Stato, senza fare differenza tra commercianti e soggetti istituzionali. E in tale contesto, fa riflettere la diffusione, avvenuta ieri mattina su tutto il territorio del comune domizio, di volantini anonimi in formato A2 che invitano a sfilare domani in corteo da Ischitella fino al comune per lanciare un chiaro messaggio contro l'immigrazione clandestina. «Stop al degrado, non solo lotta alla camorra, ma stop all'immigrazione clandestina», c'è stampato a caratteri cubitali sui volantini. Cade dalle nuvole il commissariato di Castelvolturno; il dirigente Luigi del Gaudio dice di non aver ricevuto alcuna comunicazione, così come i vigili urbani. Anche l'ex sindaco Antonio Scalzone, da sempre contro l'immigrazione clandestina di Castelvolturno, colui nei giorni scorsi ha attaccato persino la Caritas, si dice sorpreso dell'imminente manifestazione. Percorrendo la Domiziana, in questi giorni d'assedio da parte delle forze dell'ordine e dei parà, si percepisce chiaramente, però, l’insofferenza di molti commercianti che lamentano il crollo degli affari per la militarizzazione della zona, provocata, dicono loro, dalla presenza di immigrati clandestini. Così come è vero, che le forze dell’ordine, ultimamente, stanno spesso facendo visita ad attività commerciali dell’area ritenute vicine alla camorra; tanti i fiancheggiatori, anche tra gli operatori tartassati e impauriti dal racket, di cui possono godere latitanti come Giuseppe Setola. Attività investigative che non fanno piacere a chi ha sempre fatto affari con i camorristi. La pesante cappa che ricopre Castelvolturno è un po’ quella che si respira ai check point allestiti da carabinieri, poliziotti e parà tra Casal di Principe e il litorale. Sotto minaccia si sentono soprattutto gli esponenti delle forze dell’ordine, coinvolti nell’attività di controllo ma anche nel lavoro investigativo. L’omicidio dello zio del pentito Luigi Diana, avvenuto nel centro di Casale, è uno smacco soprattutto per loro, non tanto per i parà che controllano le strade di collegamento tra i vari paesi dell’Agroaversano; soldati con anni di esperienza, abituati agli scontri a fuoco con la guerriglia irachena o talebana. I parà, tra l’altro, non parlano, sono arrivati da qualche giorno. Ma tra gli esponenti delle forze dell’ordine la rabbia e la tensione sono evidenti. «Che stiamo a fare qui - si sfoga un carabiniere - potremmo dare la caccia ai latitanti che continuano a sparare e che sono una minaccia anche per noi. La sicurezza dei cittadini è la priorità, ma se gli omicidi continuano...». Un poliziotto scuote la testa: «Sono sconcertato, sembra tutto inutile quello che stiamo facendo. Ma proviamo ad andare avanti, con la stessa determinazione». Di contro, un investigatore impegnato a tempo pieno nella ricerca dei latitanti, cerca di non scomporsi: «Non è il momento di farsi prendere dalle emozioni. Anche per noi possono esserci attimi di scoramento; ma sono attimi, appunto. Andiamo avanti, perché questo è il nostro lavoro; appena tre giorni fa eravamo a brindare per la cattura di Cirillo, Spagnuolo e Letizia. L’omicidio Cantelli non ci voleva, ma ci dà una carica ancora maggiore per cercare mandanti ed esecutori di questa mattanza».

domenica 5 ottobre 2008

Marcia nuziale, foto ricordo tra le divise

05/10/2008
Sono alti, giovani, indossano occhiali scuri, baschi e tuta mimetica. Sono i militari dell'esercito italiano, che con tanto di mitra a tracolla da ieri pattugliano non i polverosi quartieri di Bagdad o Kabul, ma la via Domiziana, a Castelvolturno. Ieri, meno automobilisti del solito, meno immigrati, meno lucciole. Ma questo è un fenomeno che si ripete a Castelvolturno da almeno un paio di settimane. C’è stato, invece, chi è convolato a nozze e ha percorso la via Domiziana in corteo con amici e parenti. Ed è capitato anche che la sposa abbia chisto all’autista di fermare l’auto nei pressi di un chek point col desiderio di posare per uno scatto con l’abito bianco di fianco ai militari: una foto da incorniciare con sposo, sposa e militari impegnati nello stanare camorristi e trafficanti di droga nigeriani. I soldati hanno rifiutato. Infuriata, invece, un’automobilista di Castelvolturno residente a Pinetamare. Per raggiungere il mercato settimanale del centro storico la donna è stata fermata e controllata a ben tre posti di blocco: «Perché proprio a me, in meno di mezz’ora?», ha domandato all’ultimo check point. Scrollate di spalle e laconica risposta: «In giro non c’è quasi nessuno». vi.am.

martedì 30 settembre 2008

Strage, i messaggi di solidarietà delle altre comunità


30/09/2008


VINCENZO AMMALIATO «Uniti ai fratelli ghanesi nel dolore e nella speranza che Dio accolga le vittime innocenti in cielo». È solo uno dei tanti messaggi affissi fuori alla saracinesca della sartoria della strage, oramai divenuta una sorta di luogo di pellegrinaggio. Il chilometro 43 della strada Domiziana, dal giovedì sera della strage, accoglie infatti ogni giorno centinaia di persone che si fermano sul luogo della mattanza per diverse ragioni. C’è qualche curioso, che per sentirsi protagonista (anche per un solo istante), si sofferma soprattutto nei pressi del muro bianco dell'alimentari di fianco alla palazzina degli africani. Qui si sono conficcati alcuni dei colpi esplosi dai killer andati a vuoto. I proiettili hanno lasciato dei fori larghi anche dieci centimetri di diametro. I connazionali delle vittime li hanno cerchiati tutti, a uno a uno; e con un pennarello rosso ci hanno scritto «R.I.P», che sta per «riposa in pace». Ci sono, poi, tanti giornalisti, provenienti da ogni parte d'Italia ma anche dal resto d'Europa, bramosi di ogni minima notizia di Castelvolturno, del suo territorio e dei suoi abitanti. Tanti sono gli immigrati africani che si fermano di fronte alla saracinesca chiusa della sartoria «Ob Ob Fashion». Arrivano a bordo di auto private; vengono in comitiva con i pullmini più o meno sgangherati con i nomi delle tante Chiese pentecostali della Domiziana scritti sulle fiancate; molti scendono dai pullman di linea della Ctp. Qualcuno piange e qualcun altro impreca. Tutti si raccolgono in preghiera. E poi ci sono i privati cittadini, soprattutto italiani, che arrivano di fronte la sartoria semplicemente per adagiare alla saracinesca chiusa un fascio di fiori. Quasi tutti hanno allegato un messaggio. Quelli scritti in inglese sono solitamente di carattere religioso. Quelli in italiano lanciano dei chiari messaggi sociali. Per tutti coloro che arrivano per esprimere il loro cordoglio, le vittime della mattanza del chilometro 43 della Domiziana erano degli innocenti. Il giorno di San Gennaro, poco prima che partisse il corteo spontaneo e non autorizzato d'immigrati lungo la via Domiziana, un extracomunitario infuriato, con l'aiuto di una spranga di ferro, devastò il negozio di barbiere confinante con la sartoria. Ruppe la porta esterna in vetro e sotto ne comparve un'altra in ferro. Affisso alla seconda entrata, comparve un poster del grande pugile americano convertito all’Islam Muhammad Ali. Sotto c'era scritto «Nothing is impossibile» (niente è impossibile). Qualcuno, durante la veglia della scorsa domenica, lo ha strappato. A Castelvolturno è anche possibile morire crivellato di colpi solo perché ti trovi al posto sbagliato nel momento sbagliato.

venerdì 26 settembre 2008

LA STRADA MALEDETTA SI E' RIPULITA LA FACCIA

26/09/2008
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L’EMERGENZA CRIMINALITÀ
Decine i posti di blocco delle forze dell’ordine il traffico è calato a picco anche nelle ore notturne



VINCENZO AMMALIATO Benvenuti a Castelvolturno, Comune litoraneo della provincia di Caserta dove i giovani girano in motorino fra le stradine della località indossando regolarmente i caschi; dove non c'è alcuna lucciola in attesa di clienti ai margini della carreggiata; dove non arrivano a ogni ora del giorno e della notte gruppi di giovani dal basso Lazio e dal Molise alla ricerca di droghe di ogni tipo da consumare e rivendere nei loro paesini. Benvenuti a Castelvolturno, paese normale (ora). Fino a dieci giorni fa, per la gente del posto, questo poteva essere solo il trailer di un film di fantasia o il tema di un sogno irrealizzabile. Da tre giorni, invece, da quando in zona sono giunti i rinforzi delle forze dell'ordine, è esattamente il panorama che offre la lingua d'asfalto lunga ventisette chilometri conosciuta col nome di Domiziana. Ma ciò che più sconcerta e meraviglia chi in zona vive da sempre, piuttosto che l'ordine e il minuzioso rispetto delle regole, è la riduzione del traffico veicolare lungo le strade cittadine. Sulla nuova via Domiziana, durante la giornata, si contano all’incirca la metà delle automobili che transitavano fino alla settimana scorsa. Ma è quando calano le luci che il colpo d'occhio si fa forte. L'incessante via vai di automobili e dei loro conducenti che c’era di sera in entrambi i lati della carreggiata tutti i giorni della settimana è quasi completamente cessato. La strada realizzata duemila anni fa dall'imperatore Domiziano ha assunto, nè più né meno, le caratteristiche che hanno tutte le arterie comunali dei paesini di provincia del resto del Belpaese. Anche i numeri dei soccorsi effettuati dal 118 che staziona nel territorio di Castelvolturno sono lo specchio della situazione attuale. Praticamente, da tre giorni, i sanitari e gli autisti dell'ambulanza sono quasi senza lavoro. Mentre prima del presidio del territorio, da parte delle forze dell'ordine, erano abituati a non meno di dieci interventi al giorno (e quasi tutti da codice rosso). Il dato è confermato anche dalle prestazioni sanitarie fornite dal pronto soccorso della clinica Pineta Grande. Conosciuto come il «suk della Domiziana», nel presidio i soccorsi sono calati negli ultimi giorni di quasi il 50 per cento. Addirittura, anche le immagini delle decine di vetrine dei negozi crivellati di colpi d'arma da fuoco viste negli ultimi tempi, ma anche le diciannove persone morte ammazzate sul territorio comunale negli ultimi dieci mesi, appaiono già come un ricordo. Nessuna polemica, quindi, per la militarizzazione del territorio. Anzi, per alcuni poliziotti impegnati ieri in un posto di blocco al Villaggio Agricolo, sono partiti anche dei fragorosi applausi dalla gente del posto. Padre Giorgio Poletti, il missionario della Chiesa degli immigrati del litorale lo ripeteva da anni: «Castelvolturno - diceva il religioso - non ha cittadini, ma fruitori del territorio, e come tali si comportano». Evidentemente gran parte dei fruitori del territorio che transitavano lungo l'arteria comunale fino a tre giorni lo faceva violando la legge. Adesso la gente di Castelvolturno si pone una sola domanda: quanto tempo dureranno questo film e questo sogno?

domenica 21 settembre 2008

QUEL RIFUGIO DI PIETA' GUARDATO CON RISPETTO

21/09/2008
Quando il rabbioso corteo è transitato nei pressi del Centro Fernandes non si è levato alcun coro contro l’istituto vescovile che accoglie la Caritas. Nessuno degli immigrati che hanno tenuto in scacco la via Domiziana per cinque ore, nel piovoso e umido pomeriggio di venerdì, ha tirato sassi contro la struttura. Gli extracomunitari hanno mostrato una sorta di riverenza nei confronti dell’istituto ritenuto da molti italiani della zona il principale responsabile della presenza così massiccia d’immigrati sul litorale casertano. Eppure, il Centro Fernandes ha dimostrato più volte nel corso degli undici anni, da quando è stato ristrutturato, di essere una sorta di calmiere fra le richieste di ondate d’extracomunitari disperati attratti in zona da un patrimonio immobiliare abusivo vastissimo e le esigenze di sicurezza del territorio e dei suoi abitanti. Sono diverse decine le ragazze straniere sottratte al braccio criminale dello sfruttamento della prostituzione e avviate a una vita normale e dignitosa grazie al Centro Fernandes. Sono sempre i volontari del centro, coadiuvati dal direttore Antonio Casale, che mettono in contatto le aziende del centro e nord Italia che hanno bisogno di manodopera e gli immigrati che vivono a Castelvolturno. E qui che prestano servizio in maniera gratuita quasi tutti i pomeriggi fino a notte fonda i medici della Jerry Maaslo. Qui è possibile ottenere informazioni di qualsiasi tipo. E, ovviamente, può rivolgersi al centro ascolti del Fernandes chiunque, a prescindere dalla religione che professa. Tutto è svolto nel silenzio e senza la ricerca di popolarità. «Nessuno è straniero nel mondo», si legge su un cartello affisso all’ingresso del centro. Non si sentono stranieri qui gli indiani e i bangalesi che lavorano fino a venti ore al giorno nelle masserie che producono la mozzarella dei mazzoni conosciuta e apprezzata in tutto il mondo. Non si sentono straniere le badanti dell’est Europa che prestano assistenza agli anziani e agli invalidi italiani per quattrocento euro al mese. Non si sentono stranieri i muratori bulgari che lavorano a nero e a giornata nei cantieri edili senza alcun dispositivo di sicurezza. Nella chiesa del Centro Fernades, gestita dai missionari comboniani di padre Giorgio, trovano conforto decine d’immigrati polacchi, ucraini, africani, che possano ascoltare la Santa Messa nella loro lingua. Alla funzione in programma stamattina alle 11 ci sarà anche il vescovo della diocesi, monsignor Bruno Schettino. Come ogni domenica parteciperanno alla celebrazione almeno duecento immigrati. Pochi saranno i ghanesi fra i banchi della chiesa dei migranti. Loro professano la religione musulmana. Eppure hanno evitato durante il corteo di infierire contro il Centro Fernandes. vi.am.

«Ora tutto ci fa paura lo Stato e la camorra»


21/09/2008
VINCENZO AMMALIATO Come se si fosse trattato di un grosso incubo collettivo. Ieri mattina sulla via Domiziana, nel territorio di Castelvolturno, splendeva un forte sole nonostante il freddo, e già alle 10 l’arteria litoranea si presentava senza alcun segno del turbolento passaggio del corteo di africani del giorno prima. Appena qualche insegna delle numerose attività commerciali presenti lungo la via danneggiata, e null’altro. I cartelli divelti erano stati portati via, i cassonetti dei rifiuti già rimessi ai loro posti, i guard-rail risistemati. E loro, l’esercito degli immigrati centroafricani di Castelvolturno, era a fare né meno né più di quello che fa ogni sabato mattina dell’anno. I soliti capannelli all’esterno dei centri di telefonia internazionale; i fedeli delle chiese pentecostali in abiti da festa a celebrare le liturgie; le orde di operai stagionali in attesa sulla Domiziana, in piedi alle fermate dell’autobus in attesa di un mezzo di trasporto che li accompagni ai posti di lavoro; e i tossicodipendenti che trovano riparo all’ex Hotel Boomerang-Zagarella che entrano ed escono al solito come fantasmi dalla fatiscente struttura del Villaggio Agricolo. Solo le lucciole di colore sono diminuite rispetto al solito e hanno anche cambiato atteggiamento. Adesso non attendono più i clienti italiani facendo dei capannelli all’esterno dei viali dove vivono. Sono immobili, invece, alle fermate degli autobus, abbigliate in maniera non provocante fingendo di attendere il pullman. Una misura considerata necessaria visti i recenti regolamenti contro la prostituzione e, dopo i disordini di venerdì, il conseguente aumento di pattuglie di carabinieri, polizia e guardia di finanza lungo la Domiziana. Ma questo in verità accadeva già da oltre un mese, da quando cioè sono entrate in vigore le severe leggi comunali e del governo, un giro di vite contro la prostituzione. Fermandosi a parlare con gli immigrati, però, si legge chiaramente la paura nei loro occhi. Paura della risposta, forte e intransigente, dello Stato per i disordini scaturiti durante la marcia; paura, soprattutto, perché ormai tutti gli immigrati di Castelvolturno si sentono bersagli della camorra. Dopo la rabbia del giorno di San Gennaro chiedono ai giornalisti italiani che li intervistano: «Perché la camorra ce l’ha con noi? Perché tanta ferocia? Perché massacrarci?». Anche Teddy Egowman, il presidente dell’associazione dei nigeriani di Castelvolturno, rimasto ferito il 18 agosto scorso insieme alla moglie e ad altri tre connazionali a seguito di un raid nel cortile di casa sua, è scosso per l’eccidio di giovedì notte. Le vittime tutte ghanesi, liberiane, del Togo, ma il suo livello di coinvolgimento emotivo è ugualmente forte. «Ancora più di ieri - dice il presidente Egowman dalle città del Nord Italia dove si è rifugiato - sento di essere un miracolato. Il commando venuto a casa mia lo scorso mese era entrato in azione per fare una strage come quella consumata con ferocia proprio al Lago Patria. Cosa cerca la camorra dei casalesi da noi immigrati africani?. E, dopo la strage di giovedì, gli inquirenti cercano testimoni e conferme. Ma pochi collaborano. «Tenuto conto della carenza di fatti e di come si muovono devono essere per forza nella zona del Casertano. Non possiamo dire che vengono protetti da una rete di fiancheggiatori, ma sicuramente li protegge anche la paura e l’omertà della gente perbene che non trova il coraggio di collaborare», ha spiegato il comandante provinciale dei carabinieri Carmelo Burgio. Su un biglietto appoggiato a un fascio di fiori lasciato ieri da un anonimo (si dice sia un italiano) sul luogo della strage, al chilometro 43 della Domiziana, poco distante dalla sartoria bersaglio dei killer, c’era scritto: «Siamo tutti nella stessa Castelvolturno».

lo sfogo di Nuzzo: comprendo le proteste, anche gli africani sono vittime incolpevoli


Castelvolturno
VINCENZO AMMALIATO È cominciata con una leggera pioggia la più difficile giornata per Francesco Nuzzo da quando è sindaco di Castelvolturno. Alle 9 l'acqua piovana ha lavato via dalla Domiziana le macchie di sangue lasciate dai corpi dei sei immigrati trucidati poche ore prima al chilometro 43 dell'arteria costiera. A notte fonda è stato un temporale a scuotere il litorale. In mezzo, un'ordinaria giornata di delirio, di sgomento, d'incredulità, di panico. Francesco Nuzzo ha incontrato per la prima volta amici e i familiari delle vittime africane alle 11 sulla via Domiziana nello stesso punto dell'agguato. Il sindaco è stato immediatamente accerchiato da un gruppo di una ventina d'extracomunitari, ed è stato accusato di aver rilasciato delle dichiarazioni mandate in onda dai telegiornali alle prime ore della giornata nel corso delle quale aveva liquidato il feroce fatto di sangue come di regolamento di conti fra bande criminali dedite allo spaccio di sostanze stupefacenti. «Mi sono reso conto solo in questo momento ascoltando le vostre parole, ha detto con enfasi agli immigrati il sindaco, di essermi sbagliato. In effetti le vittime pare fossero tutte delle brave persone e sia loro, sia voi avrete la giustizia che meritate», ha aggiunto. Subito dopo ha dato loro appuntamento al palazzo comunale per definire una strategia comune d'interventi. La situazione, però, è degenerata proprio mentre gli immigrati cercavano di raggiungere piazza Annunziata. Lungo il percorso è capitato quello che nessuno poteva mai immaginare, né prevenire. Ed è stato proprio il primo cittadino ad intervenire ancora una volta nel cuore della protesta per cercare di rasserenare gli animi dei rivoltosi. «A un certo punto ho temuto che ci scappasse il morto», ha confessato a fine serata Nuzzo. L'auto guidata da un agente della Digos che stava accompagnando il sindaco ad un nuovo incontro con i rivoltosi è stata caricata dagli immigrati all'altezza del territorio di Baia Verde. Poco prima i manifestanti avevano rotto una dozzina di insegne dei locali della zona ed incendiato numerosi copertoni usati accatastati nei pressi di un gommista. Ancora una volta, però, è prevalso il buon senso e gli immigrati hanno risposto positivamente alle richieste del sindaco di completare il percorso senza continuare a devastare tutto quello che gli capitava a tiro. Una loro delegazione, poco dopo, è stata ricevuta nella sala comunale. «Non giustifico assolutamente i comportamenti vandalici degli immigrati, ha detto il sindaco, ma comprendo i motivi che li hanno generato. Anche loro sono vittime di una camorra che in zona è purtroppo più radicata dello Stato. È giunto il momento adesso - ha aggiunto di invertire la rotta. Le istituzioni si devono impegnare per riappropriarsi di ciò che gli spetta di diritto, nell'interesse di tutti i cittadini per bene di Castelvolturno, siano essi italiani o immigrati». E il sindaco Nuzzo ha tracciato anche la strada per raggiungere questi obiettivi. «Innanzitutto - ha detto - bisogna ampliare in maniera stabile l'organico delle forze dell'ordine sul territorio. E poi, è necessario che le spese straordinarie per gestire le innumerevoli emergenze che ci piovono sulla testa non siano pagate esclusivamente dalla collettività di Castelvolturno. Bisogna uscire da una situazione diventata ormai di emergenza cronica, per vivere in una normalità che i cittadini del litorale meritano». Intanto, però, la pioggia non è riuscita a ripulire la via Domiziana dalla devastazione creata dal corteo degli immigrati. Fino a notte fonda i cartelli della segnaletica, i cassonetti dell'immondizia e le pietre dei guardrail erano ancora al centro della carreggiata ad ostacolare la circolazione.

venerdì 29 agosto 2008

DIECI GIORNI DOPO IL RAID

29/08/2008
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«Dal momento dell’attentato, ogni giorno che passa sia io, sia mia moglie lo consideriamo un nuovo regalo di Dio». Sanno di essere miracolati i coniugi Egowmwan, gli immigrati nigeriani scampati a un vero e proprio raid di morte lo scorso 19 agosto. Quella sera nel cortile della loro casa di via Cesare Battisti, a Castelvolturno, furono colpiti entrambi in più parti del corpo dalle schegge dei quaranta bossoli esplosi dalle pistole e dai mitra che impugnavano quattro ignoti sicari, ma solo di striscio. I colpi furono esplosi ad altezza d’uomo, ma non hanno ucciso nessuno delle cinque persone presenti lì in quel momento. E se la matrice dell’attentato è di chiaro stampo camorristico, sul movente che ha spinto i sicari a compiere l’agguato gli inquirenti non hanno alcuna certezza. Poco credibile risulta essere la versione fornita da Teddy Egowmwan, secondo cui a commissionare il blitz sia stata una sua connazionale con cui avrebbe litigato per futili motivi qualche mese fa. A indagare è ancora la Procura di Santa Maria Capua Vetere. Il caso non è passato alla Dda in quanto il movente non è stato ancora definito compiutamente. Intanto, le forze dell’ordine hanno invitato Teddy e la famiglia a lasciare, per ragioni di sicurezza, per qualche giorno il territorio. Adesso sono ospitati da alcuni connazionali in un paese a nord di Napoli tenuto segreto. Ma il ruolo di Teddy Egowmawan nella comunità nigeriana, che rappresenta attraverso un’associazione regionale, non convince ancora del tutto gli inquirenti. Anche le ronde antiprostituzione organizzate un paio di settimane prima dell’attentato sono sotto la lente degli investigatori. Il presidente dell’associazione dei nigeriani ha organizzato, infatti, squadre di connazionali con il compito di liberare la via Domiziana dalla prostituzione (usando spesso anche le maniere forti contro le lucciole sorprese sui marciapiedi) ma non ha mai denunciato alle forze dell’ordine alcuna madame. Eppure il presidente Egowmwan conosce bene molte connazionali che organizzano i giri di prostituzione. Ogni madame guadagna circa centomila euro l’anno: un ottimo business che fa gola a tanti sulla Domiziana.

lunedì 25 agosto 2008

le domande senza risposta degli scout di milano

14/08/2008
sono giovani, curiosi e pongono domande imbarazzanti per la gente del posto. È il gruppo di scout della diocesi di Milano che da una settimana è ospite del Centro Fernades di Castelvolturno. Loro sono una trentina di ragazzi tra i quindici e i venti anni che hanno deciso di trascorrere le proprie vacanze estive anziché sulla riviera adriatica o quella spagnola (come è di moda fra i loro coetanei) sul litorale domizio. E girando fra le varie località del paese osservano e fanno domande. Per chi vive in zona da sempre è diventato quasi normale accettare determinate situazioni del territorio che sono al limite della legalità o che addirittura la superano. In pratica, si è come assuefatti, ci si è fatto il callo. Per gli scout di Milano, è ovviamente diverso. Fra le tante domande che pongono ai loro accompagnatori, chiedono soprattutto: «Come è possibile che ci sono trenta chilometri di costa e non sono accessibili se non a pagamento? Come mai ci sono quindici chilometri di pineta e sono interamente recintate e non accessibili? Come mai non è possibile entrare in una delle più importanti oasi naturalistiche d'Italia, l'Oasi dei Variconi? Come mai in zona è stato fatto un tale scempio edilizio e nessuno ha mai pagato?» Vincenzo Ammaliato

sabato 23 agosto 2008

«Hanno sparato a Teddy perché vogliono il pizzo»

21/08/2008



Si indaga anche sulle minacce e i riti voodoo Sullo sfondo la mafia nera dei «Rapaci»



VINCENZO AMMALIATO La camorra casalese al primo posto. E i quattro uomini del commando, dei quali alcune telecamere hanno inquadrato i caschi integrali e le maglie. Poi, il ruolo di Teddy, una sorta di capo spirituale della comunità nigeriana, interlocutore «istituzionale» di sindaci e assessori ma anche dei clan dei Mazzoni, mediatore dei conflitti tra le tribù del suo paese, autorità riconosciuta anche da chi non è del suo paese. Infine le mafie africane, e le vendette affidate alla magia nera. Gli investigatori del commissariato di Castelvolturno non escludono nessuna pista, privilegiando quella dell’avvertimento degli scissionisti bidognettiani che pretendono anche dai nigeriano il pagamento di tangenti e analizzando con attenzione il racconto fornito dai coniugi Egowmwan durante il lungo interrogatorio di martedì. Teddy e la moglie Alice hanno denunciato ai poliziotti, infatti, di essere stati minacciati da una loro connazionale, che li ha accusati di essere confidenti delle forze dell’ordine, pochi mesi prima dell’agguato di lunedì. «La mia connazionale - ha riferito Teddy Egowmwan ai poliziotti, ha un fidanzato italiano che conosce molte persone legate alla malavita del posto. Quasi certamente è stato lui a commissionare il raid punitivo». Ma come è possibile che sia stato un litigio nato per banali motivi a far entrare in azione mitra e pistole a solo cento metri dalla caserma di carabinieri e duecento dal commissariato? Il commando di via Cesare Battisti ha agito per compiere una strage. I colpi dei ventotto bossoli ritrovati dalla scientifica sul posto sono stati sparati ad altezza uomo e solo per puro caso nessuna delle persone presenti nel cortile della casa bianca prefabbricata ha perso la vita. In ogni caso, sotto la lente degli inquirenti ci sono anche i rapporti fra la mafia locale e quella d’importazione. Si stanno riaprendo vecchi fascicoli. Si cerca di recuperare quante più informazioni possibili sulla misteriosa e poco conosciuta cupola della mafia nigeriana, i cosiddetti «The Eye» (i rapaci). Di loro si parlò a Castelvolturno due anni fa, quando fu trovato un immigrato nigeriano privo di sensi sulla via Domiziana. L’extracomunitario aveva escoriazioni e traumi in più parti del corpo e un taglio da lama nella zona scrotale. Fu salvato dai medici della clinica e raccontò ai carabinieri di essere stato rapito e malmenato proprio dai «Rapaci»: i mafiosi del suo Paese lo minacciavano e pretendevano la tangente sui suoi affari. Ma si indaga anche sui numerosi negozi presenti sulla via Domiziana gestiti da nigeriani. Pagano tutti fitto molto alti rispetto ai prezzi di mercato del posto, ma non fanno grossi affari. E Teddy Egowmwan e la moglie dicono di rifornire queste attività grazie alla loro attività di import-export di generi alimentari africani. Intanto, il sindaco Francesco Nuzzo, ha scritto al ministro dell’Interno chiedendo maggiore attenzione per il suo territorio: «Siamo giunti a un livello di percezione di insicurezza che è diventato insopportabile, tanto che la malavita del posto appare incontrastabile. Questo sentimento è rafforzato dal fatto che i malviventi che stanno imperversando sul territorio compiono le loro malefatte sfidando apertamente le forze dell’ordine e attaccando i simboli della lotta al crimine. È necessario per Castelvolturno integrare le forze dell’ordine».

«Le ronde? Lo faccio per le nostre donne»


20/08/2008







VINCENZO AMMALIATO Rispetta la consegna del silenzio, non accenna alla denuncia fatta alla polizia, non dice nulla dei suoi sospetti né della videocassetta con le minacce. Prova a smentire il collegamento tra il raid di lunedì sera e la sua attività sulla Domiziana: «Le ronde anti-prostituzione? Non credo che abbiano a che fare con l’agguato. Almeno lo spero. Anche se è l’ultima cosa di cui mi sono occupato, e lo faccio per le nostre donne.....». Teddy Egonwmwan e la moglie Alice Imaswen sono appena tornati dal commissariato, sotto choc per la sparatoria, i segni dei proiettili addosso, e scartano l’ipotesi che il commando sia entrato in azione lunedì sera in via Battisti per punire chi si oppone al racket della prostituzione. Non riescono a dare una matrice alternativa al raid che ha rischiato di uccidere loro e i tre amici dell’associazione nigeriani, che erano sul terrazzo della loro abitazione. Scartano però anche la rappresaglia razzista, alla quale per la verità non crede nessuno, perché i due, che vivono a Castelvolturno da quasi vent’anni, sono per metà nigeriani e per metà italiani. E non resta, quindi, che l’impegno per la legalità, l’amicizia con le forze dell’ordine, la collaborazione con lo Stato ogni volta che è stato richiesto: proprio come dicono i connazionali, come lo accusano le madames della prostituzione. I coniugi Egowmwan (nelle foto a destra), come tanti altri connazionali, arrivarono in Italia da clandestini. Durò poco. Teddy trovò lavoro in un’azienda edile, il permesso di soggiorno per lui e per la moglie arrivò qualche mese dopo. Alice si diede al commercio di oggetti africani, aprì un negozio a Baia Verde che ha resistito fino a pochi mesi fa, quando la donna ha ceduto l’attività per dedicarsi a tempo pieno all’impresa di famiglia: l’import-export di prodotti alimentari africani. Teddy, invece, si occupato da sempre di politica. Sette anni fa fondò, a Castelvolturno, la Edo Community, un’associazione che conta fra i suoi iscritti circa duemila immigrati provenienti tutti dalla stessa regione della Nigeria, quella di Benin City (solo a Castelvolturno sono circa mille gli immigrati con regolare permesso di soggiorno provenienti da questa città). Due anni fa, poi, aveva cercato di allargare la base degli iscritti, fondando l’associazione dei nigeriani in Campania. Ma ha ottenuto meno fortuna. Cinque anni fa era stato eletto anche nel consiglio provinciale degli immigrati. Di lui, Antonio Casale, direttore del centro Fernandes di Castelvolturno, segnala l’instancabile lavoro in favore dei connazionali. «Numerose volte - dice - abbiamo messo a disposizione della Edo Community e dell’associazione nigeriani in Campania le sale della nostra struttura». Ma tra le associazioni di Teddy e la Caritas non è nata mai alcuna progettualità comune.

Nelle foto di Frattari, la villetta di Teddy teatro dell’agguato di lunedì sera

Cantiere aperto e sicurezza negata sul lido autogestito

18/08/2008



I bus di linea hanno la fermata all’ingresso Fermi da mesi i lavori di recupero



Affissi alla rete che sormonta i blocchi di cemento che prima dell’estate impedivano l’accesso al tratto di costa, ci sono ancora tutti i cartelli dei cantieri edili. Proprio in prossimità del varco che permette l’entrata sull’arenile, poi, ci sono due piccoli segnali circolari che indicano vietano l’accesso. Eppure sulla spiaggia non c’è alcun mezzo meccanico, né operai sudati intenti a lavorare. Su questo tratto di costa, quello compreso tra Fontana Bleu e la Cittadella, fino ad un paio di mesi fa erano in corso i lavori di recupero dell’area predisposti dal commissariato straordinario di governo. Adesso ci sono solo i cartelli che vietano l’ingresso e centinaia di bagnanti provenienti dalle province di Napoli e Caserta che se ne infischiano e che ogni giorno scelgono questo tratto di spiaggia per trascorrere una giornata a mare. Qui, al confine fra le località di Pinetamare e Ischitella, c’è il capolinea della compagnia casertana dei trasporti, ma anche quello dell’Anm e dell’Atan. Qui approdano tutte quelle persone che non vogliono o che non possono spendere quindici, venti euro o anche più per un giorno di mare. Qui si trova il pittoresco quadro dell’Italia anni 70, quella che partiva per i lidi con la frittata di maccheroni e il vino rosso a sacco. Qui si trova una sorta di melting pot balneare, dove in cento metri di spiaggia è possibile ascoltare almeno una dozzina di lingue diverse. Qui si trova, purtroppo, anche la morte. Negli ultimi dieci anni sono almeno una dozzina le persone annegate in questo fazzoletto di costa. Eppure queste tragedie non hanno mai destato particolare sdegno, restando solo fonte per le statistiche; forse perché sia attori, sia comparse di questi drammi estivi sono stati quasi sempre immigrati. Appena ieri il mare ha restituito il corpo dell’ultima vittima, un giovane marocchino inghiottito dal mare venti ore prima. Nessun bagnino aveva potuto intercettare la sua richiesta d’aiuto. Nessun cartello indicava, all’ingresso dell’arenile, che la spiaggia non era sorvegliata e che era sprovvista di qualsiasi sistema di sicurezza. Qui otto giorni fa è stato lanciato un altro allarme annegamento, ma le ricerche non hanno dato alcun esito. C’è addirittura il dubbio che si sia potuto trattare del gesto di un burlone, oppure davvero l’acqua del mare della spiaggia libera di Fontana Bleu custodisce con avarizia sul suo fondo il corpo di un uomo annegato? Un bagnante fantasma per una spiaggia fantasma. Intanto la guardia costiera di Castelvolturno ha fatto sapere di aver invitato ufficialmente più volte quest’estate sia il commissariato di governo, sia il Comune di Castelvolturno a mettere in sicurezza la spiaggia libera di Ischitella, ma non ha avuto ancora alcuna risposta. vi.am.

La spiaggia libera «autogestita» tra Fontana Bleu e la Cittadella

domenica 10 agosto 2008

Castelvolturno, ronde anti-prostitute

28.7.08 È un gruppo formato da una ventina di persone. Appaiono particolarmente determinati e risoluti nel risolvere una volta per tutte il problema della prostituzione di colore che si consuma tutti i giorni e le notti sulla via Domiziana a Castelvolturno. Una zona ormai tristemente famosa non solo per la presenza di numerose prostitute, moltissime delle quali extracomunitarie o dell’est europeo, ma anche per lo spaccio della droga. E spesso i due fenomeni «viaggiano» insieme. In alcuni casi, per raggiungere lo scopo della singolare missione questi giovani non esitano ad utilizzare anche metodi violenti e da squadristi. Affrontano le ragazze di Benin City che vendono sesso ai clienti italiani lungo i marciapiedi della strada litoranea brandendo fascine di rami secchi e cinture dei pantaloni, ma non si tratta di giovani bulli annoiati o di razzisti di periferia: sono connazionali delle stesse lucciole. È l'associazione «Immigrati Nigeriani in Campania» che ha iniziato da un paio di giorni nel territorio di Castelvolturno una vera e propria crociata contro le prostitute nigeriane. E per riuscirci hanno organizzato delle vere e proprie ronde. Appena individuata una prostituta di colore inchiodano le autovetture ed escono velocemente dagli abitacoli circondandola. Urlano e minacciano la donna «Lascia la strada o farai una brutta fine» le dicono. E in alcuni casi partono anche calci e ceffoni. «Proviamo ormai da molti anni a dialogare con queste nostre sorelle che sbagliano e che gettano discredito sull'intera comunità di nigeriani, ma finora non abbiamo ottenuto alcun risultato» ha detto Teddy Egonwman, il presidente dell'associazione dei nigeriani. «Dobbiamo aiutare le forze dell'ordine e le istituzioni italiane - ha continuato il presidente dell'associazione - a liberare una volta per tutta la via Domiziana dalla prostituzione, e se serve useremo anche le maniere forti». Brutta aria, quindi, per le prostitute nigeriane della Domiziana. (Vincenzo Ammaliato, Il Mattino, www.ilmattino.it)

venerdì 8 agosto 2008

Castelvolturno, l’unica associazione anti-pizzo del territorio chiude per le vacanze: «Richiameremo a settembre»

08/08/2008

VINCENZO AMMALIATO «Io non pago il pizzo e denuncio chi me lo chiede». Ma dopo le ferie. Potrebbe essere questo il titolo di questa estate del litorale domizio. Lo slogan che invita i commercianti di Castelvolturno a opporsi al racket è dell’assoiazione Alilacco - l’unica per la verità operante nella zona - che due anni fa stipulò una convenzione con il Comune per aiutare gli operatori economici della zona a uscire dalla morsa del pizzo. «Sarà una novità culturale per il territorio e una spinta provocatoria contro l’omertà di chi pensa che nulla si può fare e si nasconde dietro l’impegno delle istituzioni delegando la propria personale responsabilità, facendo finta di non essere coinvolto». Roboanti le parole del presidente dell’Alilacco, Amleto Frosi, pronunciate alla presentazione del progetto in una sala comunale stracolma di gente. Peccato che dei famosi adesivi che invitano a non cedere alle vessazioni del racket girando fra le vie del paese litoraneo non se ne veda neanche uno affisso alle finestre dei negozi e delle aziende. Peccato che al numero verde messo a disposizione dei commercianti per denunciare la camorra (800-406600) risponda da qualche giorno una segreteria telefonica che invita a lasciare nome e recapiti telefonici con la promessa fatta agli interlocutori di essere ricontattati a settembre. Insomma, dopo le ferie. Peccato anche che i killer della Domiziana, a loro volta, non vadano in ferie e continuino «a punire» chi non rispetta le regole da loro imposte. Come non vanno in ferie i signori del pizzo. Oltre alla lunga scia di sangue che si protrae dallo scorso novembre a Castelvolturno (dieci morti ammazzati riconducibili alla banda della Domiziana), non si contano ormai più le saracinesche e i portoncini delle attività commerciali della zona colpiti di notte da scariche di pallettoni. Pressioni intimidatorie contro gli imprenditori e i commercianti della zona. Ma tornando all’assocaizione che dovrebbe aiutare i commercianti, lo stesso primo cittadino Francesco Nuzzo, dice di non essere al corrente dell’operato dell’Alilacco. «La convenzione prevede che l’associazione del presidente Frosi si occupi lei stessa di ogni aspetto», dice il sindaco. Mentre il presidente della Proloco di Castelvolturno, Vincenzo Martino, addirittura fa sapere di non essere mai stato contattato dall’Alilacco: «Né in qualità di dirigente della Proloco, che fra i suoi associati conta circa trenta commercianti (a Castelvolturno non esistono associazioni locali di categoria affiliate ad Ascom o Confesercenti, ndr) - dice Martino - né come proprietario della pizzeria che gestisco da trent’anni in zona con la mia famiglia». Fino allo scorso anno gli operatori economici della Domiziana avevano paura della camorra e dei suoi emissari; da un anno questo sentimento si è trasformato in terrore. E questo sentimento è rilevato anche da Martino, il quale denuncia che dal prossimo settembre «almeno la metà dei commercianti di Pinetamare (la zona che dovrebbe essere la più fiorente da un punto di vista commerciale del litorale domizio, ndr) chiuderà i battenti, perché stufa di tutti i condizionamenti ambientali e criminali che è costretta a subire». Insomma, una resa dovuta non solo alla crisi economica del settore ma all’emergenza criminalità che strangola questo territorio.

il caso

08/08/2008


All’indomani del barbaro omicidio del loro genitore non avevano voluto rilasciare alcuna dichiarazione pubblica. Non presero parte neanche alla manifestazione in ricordo del padre organizzata dal sindaco di Castelvolturno, Francesco Nuzzo. Stretti nel loro lacerante dolore fecero sapere solo che a breve avrebbero lasciato per sempre il territorio. L’autoscuola Mimmo è stata aperta fino a qualche giorno fa. Adesso è chiusa ufficialmente per le ferie estive, ma dal prossimo settembre a tirare su la saracinesca dell’autoscuola del parco Sementini sarà una nuova gestione. I figli di Mimmo Noviello, l’uomo giustiziato dai killer della banda camorristica della Domiziana lo scorso maggio perché cinque anni fa denunciò i suoi aguzzini, hanno quindi lasciato definitivamente Castelvolturno. Hanno abbandonato un territorio che sembra ostaggio di quel crimine organizzato che gestisce in zona interi settori economici. Addirittura, sembra, che oltre a vessare i commercianti e gli operatori economici, i malavitosi che imperversano sul litorale stiano pretendendo il pagamento di una sorta di tangente anche da parte dei proprietari delle abitazioni che sono oggetto di ristrutturazione. E la somma da pagare, ovviamente, cresce in base al tipo di cantiere che è stato aperto. In pratica, il piombo piovuto negli ultimi dieci mesi a Castelvolturno non sarebbe altro che il chiaro segnale della forza dei nuovi «padroni»: nessuno si deve opporre alla leggi da loro imposte. C’è un sottile filo rosso che lega i quattro agguati mortali avvenuti a Castelvolturno lo scorso novembre (un romeno trovato morto a Baia Verde, un ventitreenne ucciso a Pinetamare, un cittadino italiano d’origine rom e un suo amico di Giugliano crivellati di colpi al centro storico) e il duplice omicidio dei cittadini albanesi avvenuto lo scorso lunedì a Destra Volturno. Gli inquirenti non hanno dati certi, ma gli omicidi dovrebbero avere tutti la stessa matrice. Vale a dire: persone condannate senza appello dal tribunale della camorra perché ritenute autori di furti e rapine subite dai commercianti che in zona godono della «protezione» della malavita. Persone ammazzate quasi tutte in pieno giorno e in luoghi frequentati da molta gente. Il messaggio che lancia la camorra della Domiziana deve essere quanto più chiaro e plateale possibile. A giorni i cittadini di Castelvolturno porteranno in processione la statua della Madonna del Mare, il prossimo 15 agosto. Tutti in paese quel giorno festeggeranno. Il giorno dopo inizierà la conta dei giorni che mancano alla chiusura dell’estate e si tireranno le somme di una stagione calda non solo meteorologicamente. E qualche altro castellano, probabilmente, prenderà l’esempio dei figli di Mimmo Novielllo. Andandosene. vi.am.

Occhi ciechi

il caso
Cento passi. Questa la distanza fra il bar Cubana, dove sono stati assassinati lunedì sera i due immigrati albanesi, e uno dei trenta impianti di videosorveglianza installati dalla Forestale da circa tre mesi nel territorio di Castelvolturno. L’impianto della litoranea di Destra Volturno è dotato di quattro telecamere; una di queste sembra puntare dritto proprio sul bar Cubana. Le forze dell’ordine, però, non potranno avvalersi delle registrazioni delle sue registrazioni perché l’intero sistema non è ancora operativo. Sono mastodontici gli impianti di videosorveglianza di Castelvolturno. Sono stati installati da Ischitella a Pescopagano. Uno di questi si trova nella piazza dove lo scorso maggio fu barbaramente assassinato il commerciante Domenico Noviello, massacrato per vendetta dalla camorra dopo che negli anni scorsi aveva denunciato i suoi estorsori. Neppure per il delitto di Baia Verde quegli «occhi ciechi» sono stati utili agli inquirenti. Un altro è all’interno di Pinetamare. Ce n’è uno in ogni rotonda della via Domiziana. Chi percorrere il territorio litoraneo ha come l’impressione di trovarsi in un grande set cinematografico, con l’occhio del grande fratello sempre vigile. Ma gli obiettivi digitali sono tutti ciechi. O quantomeno filmano la vita di Castelvolturno e quella dei suoi fruitori, ma non la registrano. Quindi sono praticamente inutilizzabili dalle forze dell’ordine a scopo investigativo. Inutilizzabili anche per dare una mano alle indagini dei carabinieri che stanno seguendo il caso dei due abanesi trucidati l’altroieri sera. Così come inutile si è rivelata la telecamera posta sulla piazza di Baia Verde il giorno che è stato ammazzato il commerciante che denunciò il racket. Ieri pomeriggio gli adolescenti di Destra Volturno arrivavano a frotte a dorso nudo a bordo dei loro scooter nei pressi del bar Cubana per vedere i fori dei bossoli sparati dai killer. Bramavano far parte, almeno per una volta, dei film e telefilm polizieschi che seguono a centinaia in tivvù. Volevano essere per una volta i protagonisti dei videogiochi che li tengono interi pomeriggi incollati alle consolle. Ma le telecamere che li riprendevano non potevano immortalarli nel mondo digitale. Perché, semplicemente, erano spente. intano, i killer della Domiziana ringraziano
vi.am.

Castelvolturno, identificate le vittime del duplice omicidio di lunedì sera: sono due albanesi con piccoli precedenti

06/08/2008
da Il Mattino
VINCENZO AMMALIATO Quindici colpi per Dani Zyber, venticinque per Artur Kazani. È stato quasi sicuramente il tribunale della camorra a sentenziare la morte per i due immigrati albanesi caduti lunedì sera a Castelvolturno; e i killer hanno eseguito la condanna in maniera particolarmente efferata e plateale. La pioggia di piombo è esplosa poco prima delle 23, incurante della folla di gente che transitava in quel momento sulla consortile della località castellana. Dani Zyber, 39 anni, proveniente dalla cittadina albanese di Buquize, è stato il primo a cadere. I killer lo hanno sorpreso seduto a un tavolino del bar Cubana, mentre consumava una birra. Era da solo. È stato avvicinato di spalle e senza avere neanche il tempo di girarsi gli è stata esplosa al capo una quindicina di colpi. Il suo amico, Artur Kazani, 36 anni, originario di una cittadina a nord dell’Albania, Gjorice, ha notato i killer e si è reso conto di quello che stava accadendo quando si trovava a circa quindici metri dal bar. Stava raggiungendo il locale a piedi e ha cercato di scappare, ma è stato raggiunto e freddato alle spalle. È stato poi finito anche lui con alcuni colpi di pistola esplosi al capo. Accurate indagini per i carabinieri di Mondragone, che stanno seguendo il caso, per risalire all’esatta dinamica dell’agguato. Nonostante le numerose persone che certamente erano presenti sul posto al momento della sparatoria, nesssuno ha collaborato con le forze dell’ordine. A quanto pare, nessuno ha visto né sentito niente. I militari dell’Arma, addirittura non sanno ancora neanche il numero esatto dei killer (ma stando ai bossoli, rinvenuti si ipotizza che fossero almeno tre, forse cinque). Incerto anche se siano arrivati sulla consortile di Destra Volturno a bordo di moto, in auto, o addirittura, come si suppone, a piedi. Eppure, durante i rilievi della scientifica (che sono proseguiti fino a notte fonda), a seguire le operazioni ai bordi della strada c’erano non meno di duecento curiosi. Ma le difficoltà delle forze dell’ordine non si fermano alla dinamica dei fatti. Complicato anche risalire al movente del blitz di morte. I due immigrati, hanno fatto sapere gli inquirenti, non risultano essere organici ad alcuna banda criminale. Hanno entrambi dei piccoli precedenti penali, ma pare che non abbiano mai fatto parte di organizzazioni illegali tipiche degli immigrati albanesi. Né sfruttamento della prostituzione, né assalti in villa, quindi, per loro. «Almeno, così sembrerebbe», ha detto il comandante della compagnia carabinieri di Mondragone, Barone. «Per capirci di più - ha continuato l’ufficiale - stiamo scavando nella loro vita, alla ricerca di qualsiasi indizio utile alle indagini. Ma finora siamo in un vicolo cieco». A coordinare l’inchiesta il pm di Santa Maria Capua Vetere Patrizia Dongiacomo. I due immigrati vivevano in due diverse case del territorio; entrambi si trovavano in condizioni al limite della miseria: quello stato di disagio tipico in cui si trovano gli extracomunitari dell’ultimo anello sociale della zona. Abitavano in abitazioni dalle mura annerite dalla muffa, prive di sistema fognario e con infissi divelti dalla salsedine. I killer della camorra, a quanto pare, sono entrati in azione per punire chi voleva ritagliarsi uno spazio autonomo nelle attività illegali del litorale (droga, prostituzione, racket); oppure, nei confronti di una coppia di personaggi «borderline», che tirava avanti sulla Domiziana navigando a vista e camminando sul sottile filo della legalità-illegalità o che aveva rifiutato di pagare il dazio ai clan che controllano il territorio.

domenica 13 luglio 2008

dalle luci della ribalta alla galera

da Il mattino del 3-07-08
di VINCENZO AMMALIATO Dalle luci della ribalta alla detenzione. Da Cannes alla casa lavoro a Modena, due anni di carcere supplementare guadagnati sul campo della «delinquenza abituale». Nel film «Gomorra» di Matteo Garrone ha interpretato se stesso, camorrista ed esattore del racket nella vita reale, capozona di Pinetamare nella finzione. È lui che, ripetendo il macabro «ve tagl a’ chep», ordina l’uccisione dei due ragazzi, Marco e Ciro, che volevano diventare boss. Ieri i carabinieri di Pinetamare lo hanno accompagnato nell’istituto rieducativo emiliano eseguendo una disposizione della Procura di Santa Maria Capua Vetere, e non si è trattato di un ciak. Il tribunale, infatti, ha deciso che Giovanni Venosa, questo il suo vero nome, è un soggetto pericoloso per la società. I carabinieri, al termine della pena scontata per l’estorsione ai gestori della darsena di Pinetamare, avevano chiesto per lui la misura della sorveglianza speciale ma il tribunale samaritano è andato oltre, stabilendo che il neoattore dovrà restare nella casa di lavoro di Modena almeno per due anni. Nipote del boss sanciprianese Luigi Venosa (o’ cucchiere) condannato all’ergastolo nel processo Spartacus, di recente era stato denunciato anche per occupazione abusiva d’abitazione. Venosa, infatti, viveva in due appartamenti del parco Saraceno al Villaggio Coppola che aveva occupato abusivamente insieme alla sua famiglia un paio d’anni fa. E proprio in quella abitazione sono state girate alcune delle scene del film di Garrone. Il suo carisma criminale e quelle particolari parentele che nelle terre dell’agro aversano non rappresentano un’onta ma delle referenze di tutto rispetto, avevano fatto di Giovanni Venosa una sorta di podestà di quella sorta di favelas conosciute ancora con il vecchio nome di parco Saraceno. Qui, pare, che fra le altre attività illegali che gli sono state contestate, pretendesse anche il fitto dagli immigrati che avevano occupato le abitazioni vuote. Ma Giovanni Venosa non è il solo personaggio borderline di Castelvolturno inserito da Garrone nel suo film. Anche il picciotto del boss ha avuto a che fare più volte, nella realtà, con le forze dell’ordine. E l’attore che recita la parte del proprietario del sexy club dove è stata girata una scena erotica del film è anche nella vita reale il titolare del locale situato al Royal Residence di Pinetamare; quattro anni fa fu arrestato dalla polizia proprio con l’accusa di sfruttamento della prostituzione. Il lungometraggio premiato a Cannes termina con l’uccisione dei due giovani protagonisti proprio per mano del personaggio che interpreta Giovanni Venosa. Il film della sua vita ha avuto ieri un epilogo che la pellicola non aveva previsto.

arrivata finalmente l'estate

Come l'assalto ai forni di manzoniana memoria. È stata una domenica da tutto esaurito per le spiagge della riviera casertana. Da Varcaturo a Sessa Aurunca, pochi gli spazi d'arenile rimasti liberi ieri. Registrato il pienone sia nei circa cento stabilimenti balneari del litorale domizio, sia nelle poche e sporche spiagge libere della costa. Ovviamente entusiasti gli operatori balneari della zona, i quali, dopo oltre un mese di presenze al lumicino e scarsissimi affari per le cattive condizioni meteorologiche, non si sono fatti trovare impreparati. Disagi solo per coloro che per raggiungere il mare hanno dovuto utilizzare l'automobile. Sia sulla Tangenziale di Napoli, sia sull'Asse Mediano in direzione nord dalle 9 alle 13 ci sono state lunghe code. Per percorrere venti chilometri sono occorsi almeno sessanta minuti. Al tramonto, poi, è stata la via Domiziana in direzione sud a congestionarsi. I tratti più critici, come sempre, i semafori nel territorio di Mondragone e l'incrocio di baia Domizia con serpentoni metallici lunghi diversi chilometri. In ogni caso, gli automobilisti e i centauri che hanno percorso ieri le vie casertane del mare hanno mostrato una condotta impeccabile (ed inusuale). Scarso, se non addirittura nullo, il lavoro per la polizia stradale. Con le braccia incrociate anche i sanitari del 118 di Castelvolturno e di Mondragone (i quali, solitamente, nelle domeniche d'estate compiono una trentina d'interventi). Laborioso ma tranquillo anche il lavoro degli uomini della capitaneria di porto, che hanno pattugliato i quarantacinque chilometri di costa senza registrare alcun'anomalia. Domenica, quindi, all'insegna del sole, delle spiagge attrezzate ed affollate, del traffico e della serenità. Nota stonata, ancora una volta, (oltre all'incapacità delle amministrazioni comunali rivierasche di gestire le spiagge libere) l'ormai endemica cattiva qualità dell'acqua del mare (soprattutto nella zona sud del territorio). Per questo motivo, i gestori dei lidi del litorale domizio hanno fatto di necessità virtù e non potendo offrire ai propri clienti un mare cristallino hanno attrezzato gli stabilimenti balneari in maniera da offrire numerosi servizi accessori. Il lido che offre il noleggio del lettino, dell'ombrellone e la pulizia della spiaggia è ormai solo un ricordo. Tutti gli stabilimenti della zona hanno la tavola calda, sono aperti anche di sera, hanno il parco giochi per i bambini e l'animazione. Qualcuno, addirittura, offre ai propri clienti anche la possibilità di utilizzare la piscina, la palestra per l'esercizio fisico, e il servizio bar fin sulla riva. Ed anche i prezzi, seppur alti, sono sempre ben al disotto di quelli degli stabilimenti delle spiagge limitrofe del sud pontino e della zona del Fusaro e di Bacoli. Per noleggiare un lettino occorrono circa sei euro, con altri quattro si ottiene anche l'ombrellone; un euro per avere il ghiacciolo, due per il trancio di pizza e il gelato a cono. Con quindici euro il bagnante può pranzare seduto al tavolo ed ordinare un primo un secondo con contorno ed una bibita. Il parcheggio è gratuito negli stabilimenti che hanno lo spazio per ospitare le vetture. In tutte le altre il prezzo lo stabilisce il parcheggiatore abusivo di turno, che, solitamente, di domenica non permette la sosta per meno di tre euro.

martedì 17 giugno 2008

trovato cadavere in decomposizione sulla domiziana

VINCENZO AMMALIATO Castelvolturno. L’allarme è stato lanciato dagli abitanti di via Mascagni, insospettiti dal forte e sgradevole odore che proveniva da quel villino abbandonato ad angolo della Domiziana. Pensavano che all’interno dell’abitazione ci fosse la carogna di uno dei tanti cani randagi che si trovano in zona. Ma il nauseabondo odore proveniva, invece, dal cadavere in decomposizione di un uomo. A fare la macabra scoperta sono stati i carabinieri della stazione di Pinetamare. La salma è stata trovata in una delle stanze riversa sul pavimento. Il cadavere era lì, probabilmente, da oltre un mese: non è stato trovato alcun documento di riconoscimento. Lo stato di decomposizione era talmente avanzato che il medico legale, da un primo esame esterno, non è riuscito a ipotizzare né l’età, né l’etnia del cadavere. Di più si conoscerà nel primo pomeriggio di oggi, al termine dell’esame autoptico che sarà eseguito nell’istituto di medicina legale dell’ospedale civile di Caserta, dove è stata trasferita la salma. I carabinieri, che durante il pomeriggio di ieri hanno invano sfogliato l’elenco delle persone scomparse negli ultimi tempi per cercare di dare un nome a quel cadavere, hanno fatto sapere che nei pressi della salma non è stato trovato alcun elemento che potesse aiutare a comprendere il motivo del decesso. Probabilmente, l’uomo faceva parte di quell’esercito di persone che vaga senza meta e senza alcuna speranza ai margini della Domiziana. Nel suo ultimo giorno di vita ha forse accusato qualche malore e ha cercato ricovero in quella villa disabitata, che si è trasformata nella sua ultima dimora. Difficile sarà dargli un nome. Quella salma andrà a gonfiare il già lungo elenco di cadaveri trovati negli ultimi anni lungo il litorale domizio dei quali nessuno ha mai chiesto notizie. L’ultimo in ordine di tempo, è l’immigrato di colore trovato annegato nella darsena del Villaggio Coppola lo scorso primo maggio. Di tutte queste persone nessuno ha mai denunciato la scomparsa, nessuno ha mai chiesto la restituzione delle salme.

sabato 7 giugno 2008

07/06/2008
«Calano gli affari senza gli stranieri»
VINCENZO AMMALIATO Castelvolturno. Qualcuno addirittura la chiama «la nigeriana», per l’elevato numero d’immigrati provenienti dall’Africa presenti in zona. Più che per la sua storia plurimillenaria, la strada Domiziana negli ultimi venti anni è stata ricordata quasi esclusivamente per il forte degrado che la contraddistingue. Ma l’arteria litoranea è conosciuta soprattutto per le centinaia di lucciole di colore piazzate in ogni angolo e per i droga shop aperti 24 ore no stop. Da un paio di settimane, però, la via Domiziana ha assunto una nuova immagine, e non per merito dei lavori di ristrutturazione appena completati. Difficilissimo in questi giorni, infatti, incrociare lungo la strada costiera una sola lucciola. Da Pescopagano a Ischitella non si notano neanche più i tanti capannelli di immigrati all’esterno dei numerosi centri di telefonia internazionale. Merito di questo nuovo fenomeno, certamente l’assiduo controllo del territorio effettuato dalle forze dell’ordine della zona che hanno ottenuto dei considerevoli rinforzi. Al locale commissariato di Polizia di Stato sono arrivati circa trenta nuovi agenti. E anche le unità inviate a Casal di Principe, in parte sono dislocate anche a ridosso della zona litoranea. Questo ha permesso di aumentare le volanti da una a quattro. Anche i carabinieri hanno ottenuto un gruppo di circa trenta militari aggregati. Sono stati quindi i continui posti di blocco agli angoli della Domiziana e i controlli alle residenze effettuati negli immobili a creare il clima di normalità che sta vivendo il territorio in questi giorni; normalità, che per una zona come il litorale domizio si legge «fatto eccezionale». E a quanto pare, a plaudire al pressante controllo del territorio sono gli stessi immigrati (o almeno parte di loro). Teddy Egonwman, presidente dell’associazione immigrati nigeriani (regolari) campani si dice soddisfatto di come le forze dell’ordine stanno svolgendo il loro lavoro: «Sono controlli effettuati con professionalità - dice l’immigrato - e fino ad adesso non abbiamo assistito alla caccia al nero come era capitato altre volte in passato». Del resto, dopo l’omicidio dell’imprenditore Noviello, era stato lo stesso sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano, a dettare le linee guida di un piano straordinario di interventi a Castelvolturno. Ma siccome la Domiziana è terra di paradossi, sono gli stessi commercianti della statale (coloro che hanno sempre biasimato la presenza in zona degli immigrati) a mostrare qualche mugugno. Si lamentano dei pochi affari registrati in questi giorni. Gli extracomunitari sono dei buoni clienti e la paura di incappare in qualche controllo li tiene tappati in casa. I tanti bar della Domiziana che fino a qualche settimana fa chiudevano ben oltre la mezzanotte, adesso tirano giù la saracinesca prima delle 22. Anche sulla Domiziana quindi tutto è relativo e non sempre il bianco è contrapposto al nero e viceversa.

lunedì 7 aprile 2008

REGI FANGHI

nel martoriato hinterland casertano vanno in crisi i collettori fognari dei regi lagni, una zona già devastata dal dopoterremoto. dove ora si fermano anche i depuratori

Visti dall’esterno sembrano impianti efficienti e ben tenuti: le aiuole curate, la vigilanza privata all'ingresso, gli operai in tuta blu che girano diligenti fra le stradine pulite. Ed anche il nauseabondo odore che si diffonde nell’aria fino a centinaia di metri di distanza dal loro perimetro ad ogni ora del giorno e della notte potrebbe essere giustificato dal fatto che nei collettori fognari arrivano i reflui di circa un milione di cittadini campani e di quattro aree industriali. Ma varcando i cancelli d'ingresso dei cinque depuratori del Ps3, quelli realizzati circa trenta anni fa sui Regi Lagni, si percepisce immediatamente la forte decadenza delle strutture e l'assoluta mancanza di manutenzione agli impianti. E non occorre essere un esperto in ingegneria idraulica per comprendere che il processo di depurazione è seriamente compromesso. Il panorama è pressappoco desolante: c'è ruggine ovunque e sembra che tutto sia sul punto di implodere da un momento all'altro. Il collettore che più d’ogni altro presenta i segni dell’incuria è senza dubbio quello di Villa Literno, a valle del canale. Qui, sia i digestori, sia i disadratori dei fanghi sono completamente fuori uso da almeno sette anni; due dei quattro dissabbiatori, anziché separare la sabbia dalle acque, sono diventati dei vivai; alcune vasche in cemento armato realizzate per la sedimentazione dei reflui sono utilizzate su disposizione del commissariato straordinario ai rifiuti da un paio d'anni come deposito del percolato prodotto da alcune discariche della zona. Non va meglio all'impianto che dovrebbe separare i fanghi dall'acqua: una dopo l'altra, negli ultimi dodici mesi si sono rotte le quattro coclee della struttura (le imponenti pompe meccaniche indispensabili per sollevare i fanghi). E se l'assenza dei procedimenti di sedimentazione e disidratazione crea essenzialmente problemi di carattere economico (decuplicando le tariffe per i conferimenti in discarica dei fanghi), il mancato uso delle coclee, invece, sta creando dei seri problemi strutturali all'intero impianto. "Attualmente, denuncia Tammaro Tavoletta, responsabile regionale dell'Ugl Energia, il depuratore di Villa Literno nonostante abbia un costo di gestione annuo che si aggira intorno ai sei milioni d'euro sta funzionando solo al 10% della potenzialità. Se non s'interviene immediatamente con una radicale ristrutturazione, continua il delegato sindacale, massimo tre mesi e il depuratore rischia di bloccarsi completamente". Ad allarmare Tammaro Tavoletta e i circa settanta operai del depuratore di Villa Literno è soprattutto la pericolosa fuoriuscita di fanghi dai tombini dell'impianto che da qualche mese si ripete periodicamente. Ad originare questo preoccupante fenomeno, secondo alcune maestranze del depuratore, potrebbero essere i fanghi non sollevati dalle coclee che stanno intasando i canali interni e i pozzi del collettore.
Il canale dei Regi Lagni è un vecchio alveo borbonico che parte dagli Appennini del beneventano e dell'avellinese e attraversando il territorio napoletano dopo ottanta chilometri sfocia sulla spiaggia della provincia di Caserta, a Castelvolturno. I cinque depuratori presenti sulle sue sponde (quelli di Nola, Acerra, Marcianise, Gricignano e Villa Literno), chiamati appunto “Ps3”, fanno parte di un faraonico progetto finanziato della Cassa per il Mezzogiorno e affidato alla Sogesid. L'azienda del ministero dell'economia a sua volta passò la gestione dei depuratori ai costruttori degli impianti. Questi avrebbero dovuto cedere il posto pochi mesi dopo al vincitore della relativa gara pubblica. Ma di fatto, nonostante non avessero alcuna esperienza nel settore, sono stati i titolari degli impianti fino al 2006, quando la Regione Campania è riuscita col metodo del Financial project ad affidarli all’Hydrogest Campania s.p.a. (un consorzio d'imprese costituito dalla ligure Termomeccanica e la napoletanissima Giustino Costruzioni). La gente dei territori dove transita il canale aveva riposto grosse speranze nell’intervento del nuovo soggetto. I Regi Lagni negli ultimi anni sono diventati la fogna a cielo aperto più grande d’Europa. Si attendeva una netta inversione di tendenza nel trattamento dei reflui e, soprattutto, che i depuratori finalmente funzionassero a regime. Per il nuovo soggetto, però, la gestione del Ps3 è stata da subito un'impresa in salita: Gran parte dei centoventitré Comuni che utilizza il canale per sversare i propri reflui, infatti, non paga i relativi canoni. E, peggio, ancora, la parte dei finanziamenti previsti nel financial project a carico del commissariato straordinario alle bonifiche tarda a partire. E se i vecchi gestori hanno sempre giustificato la scarsa manutenzione agli impianti per le risicate risorse economiche ricevute da Regione Campania e da commissariato straordinario alle bonifiche, non si distacca molto da questo comportamento l’Hydrogest. Lo scorso mese di novembre i cinquecento operai dei depuratori piuttosto che lo stipendio hanno ricevuto un'amara lettera, con la quale i dirigenti del consorzio hanno avvisato che non sarebbero riusciti a corrispondere tempestivamente gli stipendi. Ritardi nel pagamento delle spettanze si sono registrati anche nei mesi successivi. A base delle difficoltà economiche, si è giustifica l'Hydrogest s.p.a., soprattutto i mancati incassi fermi al gennaio 2007 relative alle fatture emesse al concedente commissariato straordinario alle bonifiche. Dal canto loro, i dirigenti del commissariato di via Orsini hanno fatto sapere che è pronta la tabella di finanziamenti per il Ps3. Scarico di responsabilità e accuse incrociate a cui i cittadini dei territori a valle dei Regi Lagni sono ormai abituati da anni. Così come sono abituati alle decine di carcasse di animali e rifiuti d'ogni genere che il canale borbonico trasporta quotidianamente lungo il suo alveo e che siccome nessun depuratore riesce a trattare si depositano tutti alla foce formando delle vere e proprie discariche a cielo aperto. I cittadini del litorale sono loro malgrado anche abituati a condividere il proprio mare con elevatissime colonie di streptococchi e colibatteri d'origine fecali (patogeni per l'uomo e quindi in grado di attaccarlo). Ma nessuno, neanche l'avvezza gente di Castelvolturno, di Villa Literno e dei paesi vicini poteva immaginare che nello specchio d'acqua dove sfocia il canale ci fossero microrganismi ed alghe mai catalogate prima in alcun altro tratto di mare dell'intero pianeta. A fare la scoperta è stato un istituto del ministero dell'ambiente, l'Icram, che ha condotto in zona delle approfondite analisi per conto del commissariato straordinario alle bonifiche. Secondo il direttore tecnico dell'Arpac Caserta, Domenico Ottaioano, alla foce dei Regi Lagni c'è in atto una chiara mutazione genetica di alcune specie di animali e vegetali che lottano per resistere al fortissimo inquinamento ambientale. E sempre secondo il dirigente dell'Arpac, è l'alveo dei Regi Lagni il diretto responsabile dell'inquinamento marino dei dieci chilometri a sud e dieci a nord della costa dove sfocia il canale. Un vero e proprio disastro ambientale che per Angelo Carano, direttore tecnico del commissariato alle bonifiche, però, non è da imputare esclusivamente alla scarsa attività di depurazione degli impianti del Ps3. "Sono gli scarichi abusivi e le numerose amministrazioni comunali del comprensorio che non si sono mai allacciati ai collettori a creare il maggiore inquinamento, sostiene il dirigente del commissariato”. Intanto, è alle porte una nuova stagione estiva. Fra poco la Regione Campania diramerà l'annuale bollettino sulla balneabilità delle coste regionali. E mentre il governo centrale lo scorso 31 gennai ha sostituito Antonio Bassolino con Massimo Menegozzo a capo del commissariato alle bonifiche, sostenendo che in Campania sono cessate le condizioni di emergenza (come recita l’ordinanza pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale), nel mare dove sfocia il canale dei Regi Lagni anche per la prossima stagione calda sarà impossibile fare il bagno. Da circa dieci anni lungo il 90% delle spiagge di Castelvolturno (che conta ben ventisette chilometri lineari di costa) compaiono desolanti cartelli di divieto di balneazione. Uno solo il triste motivo dell'interdizione al tuffo: inquinamento. Un forte inquinamento per il quale, come sempre più spesso succede nelle maledette e martoriate terre della Campania, non ci sono responsabili, ma numerosissime vittime..

mercoledì 2 aprile 2008

Dossier del ministero: è allarme salmonella in uno dei laghetti

01/04/2008

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Dossier del ministero: è allarme salmonella in uno dei laghetti
VINCENZO AMMALIATO Castelvolturno. Nuovo allarme ambientale per il già martoriato territorio del litorale domizio. Dopo il ritrovamento nei giorni scorsi di rifiuti speciali abbandonati in località Ischitella e di alcuni fusti di rifiuti industriali sversati illegalmente nel canale dell’Agnena, c’è da registrare adesso il pericolo salmonellosi. Il Comune di Castelvolturno ha appena ricevuto dal ministero dell’Ambiente i risultati definitivi delle analisi effettuate sui ventisette laghetti del suo territorio: nel bacino idrico numero venti sono stati riscontrati valori di salmonella molto superiori al limite consentito dalla legge. Immediata è scattata l’ordinanza sindacale, firmata dal sindaco Francesco Nuzzo, con la quale si è intimato al proprietario del fondo (sito in località Mezzagni) di recintare l’intera area e iniziare le operazioni di bonifica. Vietato, ovviamente, l’utilizzo dell’acqua del laghetto inquinato per qualsiasi impiego, specifica il testo dell’ordinanza sindacale. Nel caso in cui il proprietario dell’area, hanno fatto sapere dal Comune, non provvederà in tempi brevi, sarà l’amministrazione comunale a farsi carico della bonifica per poi rivalersi nei confronti del privato: subito dopo partirà quindi l’azione penale per la richiesta di risarcimento dei danni. Difficile stabilire cosa abbia potuto creare un così alto valore dei batteri della salmonella nel laghetto di via Mezzagni. Probabilmente, nel bacino saranno stati sversati illegalmente scarti dei processi di depurazione, i cosiddetti «fanghi». «In quest’area - ha detto Tommaso Morlando, assessore all’ambiente del Comune litoraneo - per decenni è stata perpetrata una sistematica devastazione del teritorio per fini di speculazione economica. È giunto il momento di inziare a recuperare l’intera zona dal punto di vista ambientale. Le istituzioni, nell’ultimo periodo, appaiono particolarmente sensibili a queste tematiche: Castelvolturno non può perdere quest’occasione». Intanto, ieri mattina sulle sponde dei Regi Lagni sono giunti i carabinieri del Noe, allertati dalla denuncia relativa alla presenza di altri rifiuti speciali individuati sulla sponda sinistra del canale. Nello specifico, si trattava di tre grosse balle di indumenti usati, sulle quali sono in corso accertamenti per capire la provenienza e se sono state utilizzate per smaltire illegalmente rifiuti tossici liquidi.

martedì 4 marzo 2008

Comune, tornano i ladri di fascicoli
Scomparsi i dati della derattizzazione e disinfestazione
VINCENZO AMMALIATO Castelvolturno. Farmacia comunale e servizi di derattizzazione e disinfestazione. Contenevano informazioni su questi temi i nuovi faldoni spariti dal Comune di Castelvolturno. A poco più di un anno dal furto dei fascicoli che riguardavano un'azienda estrattiva del litorale, si ripete l'increscioso episodio negli uffici del Comune castellano. Questa volta gli ignoti ladri hanno portato a termine il loro colpo nella sede distaccata del Comune, al civico 25 di via Mazzini. I fascicoli erano custoditi in un armadio dell'ufficio ecologia e sanità. La stanza, si legge dalla denuncia presentata alle forze dell'ordine dal dirigente del settore, solitamente è tenuta aperta. Nell'ufficio, pertanto, potrebbe essere entrato chiunque. Eppure, il primo cittadino di Castelvolturno, Francesco Nuzzo, all'indomani del furto dello scorso anno promise un'indagine interna, massimo rigore e uno stringente controllo degli atti amministrativi, nonché delle persone che avrebbero circolato all'interno degli uffici comunali. Evidentemente, al municipio di Castelvolturno c'è ancora molto su cui lavorare per garantire la riservatezza dei documenti comunali. Ma non sono solo i faldoni a sparire dalla casa comunale di Castelvolturno. Qualche mese fa, infatti, sempre alle forze dell'ordine, fu presentata una formale denuncia per il furto di alcune poltrone in pelle istallate poco prima nella nuova sala consiliare. Dopo qualche giorno, però, la denuncia fu ritirata, in quanto le comode poltrone furono trovate in altri uffici del municipio. Erano dotate di rotelle, e forse, nottetempo si erano spostate dalla noiosa sala consiliare ai più vivaci uffici dei piani superiori.
I cani? Solo con la museruola e il guinzaglio. Vincenzo Ammaliato Castelvolturno (CE) - Da qualche parte bisogna pur cominciare. Perché, diciamo la verità, non è piacevole per un sindaco camminare per le strade della città che amministra. Non è piacevole neanche per i cittadini, a dirla tutta, ma loro almeno se la possono prendere con chi li governa: non li vede, il sindaco, ’sti ragazzi che sgommano sui motorini, e pure senza casco? Non si accorge delle discariche fai-da-te, quelle dove uno butta un vecchio frigorifero e subito un altro ci accosta un materasso senza molle o una lavatrice senza oblò? E le case affittate senza contratto o cresciute di un piano senza licenza edilizia, non ne sa niente? Gli devono fischiare le orecchie di continuo, ai sindaci. Ma forse l'ora della riscossa è arrivata. Il primo giorno della nuova era inizia da Castelvolturno, dove il primo cittadino non ha esitato a emettere una severa ordinanza, con tanto di multe per i contravventori (da 80 a 500 euro, mica poco) e regole ferree da rispettare: e vediamo se adesso torna un po' d'ordine. Almeno nel settore cani & affini, perché è a loro che è diretta l'ordinanza: mai più senza guinzaglio, mai più senza museruola. Da qualche parte bisognava pur cominciare.

martedì 29 gennaio 2008

CASTELVOLTURNO. IL TAR RESPINGE IL RICORSO
Estrazione sabbia, la Cav resta chiusa
ENZO AMMALIATO Castelvolturno. L'amministrazione comunale di Castelvolturno si aggiudica un nuovo round nella battaglia fatta di valori bollati che la vede contrapposta da oltre un anno alla ditta Cav dei fratelli Baiano. Il tribunale amministrativo regionale ha rigettato ieri la richiesta di sospensione cautelare dell'estrazione di sabbia presentata dai titolari della ditt a seguito del provvedimento di sequestro col quale lo scorso mese di settembre il Genio civile mise i sigilli alle cave di sabbia attive da un trentennio sul litorale domizio. «Abbiamo messo in campo tutte le nostre energie per dimostrare al Tar l'infondatezza delle pretese della ditta Cav - ha detto con entusiasmo il sindaco di Castelvolturno, appena appreso della sentenza. È indispensabile adesso - ha continuato il primo cittadino, lanciando un pesante affondo all'indirizzo dei titolari della Cav Srl - che si instauri una permanente sinergia fra tutti i poteri dello Stato affinché Castelvolturno non sia più oggetto di veri e propri atti camorristici da parte di chi perpetua la rapina sistematica del territorio». La querelle fra Comune e ditta Cav nacque la scorsa primavera, subito dopo l'autodenuncia dei dirigenti dell'azienda estrattiva di aver scavato circa centomila metri quadrati oltre la concessione ottenuta dalla Regione Campania e di essere sceso in profondità di undici metri in più rispetto alla stessa concessione. L'amministrazione comunale, a quel punto, avrebbe avuto novanta giorni di tempo a disposizione per opporre ricorso. Una settimana prima della scadenza, però, quando il fascicolo contro la ditta Cav stava per essere chiuso e presentato alla magistratura sparì misteriosamente dall'ufficio tecnico del palazzo di piazza Annunziata. Il sindaco denunciò alle forze dell'ordine l'increscioso episodio e i dipendenti del Comune riuscirono in brevissimo tempo a ricostruire tutta la documentazione necessaria alla presentazione del ricorso nei tempi stabiliti. Poche settimane dopo il Genio civile appose i sigilli alle cave ritenute dagli ambientalisti della zona le responsabili dell'erosione della costa e delle sponde della foce del fiume Volturno.