sabato 23 agosto 2008

«Hanno sparato a Teddy perché vogliono il pizzo»

21/08/2008



Si indaga anche sulle minacce e i riti voodoo Sullo sfondo la mafia nera dei «Rapaci»



VINCENZO AMMALIATO La camorra casalese al primo posto. E i quattro uomini del commando, dei quali alcune telecamere hanno inquadrato i caschi integrali e le maglie. Poi, il ruolo di Teddy, una sorta di capo spirituale della comunità nigeriana, interlocutore «istituzionale» di sindaci e assessori ma anche dei clan dei Mazzoni, mediatore dei conflitti tra le tribù del suo paese, autorità riconosciuta anche da chi non è del suo paese. Infine le mafie africane, e le vendette affidate alla magia nera. Gli investigatori del commissariato di Castelvolturno non escludono nessuna pista, privilegiando quella dell’avvertimento degli scissionisti bidognettiani che pretendono anche dai nigeriano il pagamento di tangenti e analizzando con attenzione il racconto fornito dai coniugi Egowmwan durante il lungo interrogatorio di martedì. Teddy e la moglie Alice hanno denunciato ai poliziotti, infatti, di essere stati minacciati da una loro connazionale, che li ha accusati di essere confidenti delle forze dell’ordine, pochi mesi prima dell’agguato di lunedì. «La mia connazionale - ha riferito Teddy Egowmwan ai poliziotti, ha un fidanzato italiano che conosce molte persone legate alla malavita del posto. Quasi certamente è stato lui a commissionare il raid punitivo». Ma come è possibile che sia stato un litigio nato per banali motivi a far entrare in azione mitra e pistole a solo cento metri dalla caserma di carabinieri e duecento dal commissariato? Il commando di via Cesare Battisti ha agito per compiere una strage. I colpi dei ventotto bossoli ritrovati dalla scientifica sul posto sono stati sparati ad altezza uomo e solo per puro caso nessuna delle persone presenti nel cortile della casa bianca prefabbricata ha perso la vita. In ogni caso, sotto la lente degli inquirenti ci sono anche i rapporti fra la mafia locale e quella d’importazione. Si stanno riaprendo vecchi fascicoli. Si cerca di recuperare quante più informazioni possibili sulla misteriosa e poco conosciuta cupola della mafia nigeriana, i cosiddetti «The Eye» (i rapaci). Di loro si parlò a Castelvolturno due anni fa, quando fu trovato un immigrato nigeriano privo di sensi sulla via Domiziana. L’extracomunitario aveva escoriazioni e traumi in più parti del corpo e un taglio da lama nella zona scrotale. Fu salvato dai medici della clinica e raccontò ai carabinieri di essere stato rapito e malmenato proprio dai «Rapaci»: i mafiosi del suo Paese lo minacciavano e pretendevano la tangente sui suoi affari. Ma si indaga anche sui numerosi negozi presenti sulla via Domiziana gestiti da nigeriani. Pagano tutti fitto molto alti rispetto ai prezzi di mercato del posto, ma non fanno grossi affari. E Teddy Egowmwan e la moglie dicono di rifornire queste attività grazie alla loro attività di import-export di generi alimentari africani. Intanto, il sindaco Francesco Nuzzo, ha scritto al ministro dell’Interno chiedendo maggiore attenzione per il suo territorio: «Siamo giunti a un livello di percezione di insicurezza che è diventato insopportabile, tanto che la malavita del posto appare incontrastabile. Questo sentimento è rafforzato dal fatto che i malviventi che stanno imperversando sul territorio compiono le loro malefatte sfidando apertamente le forze dell’ordine e attaccando i simboli della lotta al crimine. È necessario per Castelvolturno integrare le forze dell’ordine».

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