mercoledì 23 febbraio 2011

Il viaggio della tartaruga finisce a Baia Verde



Vincenzo Ammaliato. Vivono solitamente nelle acque turchesi delle coste di Cipro, della Grecia e della Turchia. Molti esemplari in questi mesi compiono delle traversate superiori anche ai mille chilometri per riprodursi. Gran parte di quelli che giungono nelle acque del sud Italia, però, vanno in contro alla morte. Questo è anche il destino capitato alla Caretta–Caretta spiaggiata a Baia Verde. >Segue a pag. 44 Si tratta di un esemplare dal guscio lungo circa 80 centimetri di diametro. La tartaruga, la cui specie nelle acque italiane è ormai al limite dell’estinzione, presentava delle grosse lacerazioni al volto. Probabilmente, è stata ferita mortalmente dalle eliche di una barca a motore. Oppure, è deceduta perché ha ingerito una delle numerose buste di plastica che galleggiano alla deriva nelle acque della zona; e sarebbe stata colpita dopo la morte. A fare la scoperta della carcassa dell'animale è stata l’associazione animalista Lida di Castel Volturno. Tommaso Ambrosca, il presidente della Lida, ha allertato la polizia locale, che purtroppo abituata a queste segnalazioni ha provveduto a immediatamente contattare una ditta specializzata nella rimozione di carcasse di animali morti dalla spiaggia. La salma della tartaruga sarà adesso trasferita alla stazione zoologica Anton Dohrn. Qui, all’acquario di Napoli, c’è anche un ospedale capace di curare le tartarughe ferite. Per quella trovata ieri, purtroppo, sarà possibile soltanto eseguire l’esame autoptico e risalire all’esatta causa che ha cagionato la sua morte. Partita dal mare incontaminato del sud del Mediterraneo, la Caretta Caretta trovata a Castel Volturno, ha terminato il suo lungo viaggio su una spiaggia piena di rifiuti. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Freddo e alcol, muore extracomunitaria

23/02/2011
È stata trovata per strada, in fin di vita dal personale del 118 e dai carabinieri della loclale stazione. Erano la 13, in via Tronco, i pieno giorno nel quartiere di Destra Volturno. I medici hanno tentato immediatamente di rianimarla e di stabilizzarla. Subito dopo è stata caricata in ambulanza ed è iniziata una corsa a sirene spiegate in direzione del vicino ospedale. Ma la donna non è riuscita ad arrivare alla clinica Pinetagrande, è morta durante il tragitto. I suoi abiti erano laceri e impregnati di alcol. A una prima ispezione esterna del corpo da parte dei medici della clinica, non è risultato alcun trauma che avrebbe potuto causare il decesso. Probabilmente, ritengono i carabinieri che indagano sul caso, è stato proprio un abuso di alcol e un principio d'assideramento a far cessare di battere il suo cuore. In ogni caso, il giudice ha disposto l'autopsia e nel frattempo la salma è stata trasferita alla medicina legale di Caserta. Con sè la donna non aveva alcun documento. Di chiara origine centroafricana, è bastato poco ai militari dell'arma risalire alla sua identità. La comunità d'immigrati del luogo la conosceva bene. Il suo nome era Fighty Beye, originaria del Ghana, 35 anni, undici dei quali, gli ultimi undici, trascorsi qui in Italia senza permesso di soggiorno. Fighty era giuridicamente una «clandestina», apparteneva a quell'immenso popolo di fantasmi della Domiziana che vive sulla costa casertana senza documenti. Fighty, non era conosciuta alle forze dell'ordine, non aveva alcun precedente penale. Unica sua "colpa": essere "clandestina".
v.a. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Ecco il quartiere fantasma


Parco Saraceno, 9 case su dieci occupate abusivamente e senza pagare alcuna tassa

Vincenzo Ammaliato. È certamente un caso unico in Italia; ma andando in giro per l’intero pianeta, probabilmente di quartieri residenziali abitati per oltre il novanta per cento da abusivi se ne troverebbero davvero pochi. Il parco Saraceno fu realizzato sul finire degli anni ’70 dai costruttori Coppola di fronte la darsena San Bartolomeo, a Pinetamare. Composto da trenta palazzine di tre piani ognuna, ospitò per circa quindici anni in prevalenza famiglie di militari americani di stanza alla base di Agnano. Col trasferimento dei marines presso la nuova base di Gricignano, poi, seguirono anni di scarso interesse da parte dei proprietari, l’abitato andò pian piano svuotandosi e le abitazioni furono occupate appunto abusivamente. Questo fenomeno iniziò nei primi anni ’90 e si diffuse con un forte tam-tam la nei paesi della provincia di Napoli e dell’agroaversano; ovvero: “di fronte la spiaggia libera del Villaggio Coppola ci sono numerosi appartamenti, tutti luminosi e facili da occupare abusivamente senza subire particolari ripercussioni giudiziarie”. Da quel periodo, l’unica regola che vige sul quartiere è che non ci sono regole, o quantomeno, non quelle stabilite dall’ordinamento italiano. Qui gli abusivi, che ovviamente non pagano alcun canone di fitto, non corrispondono nessuna imposta al Comune di Castelvolturno: non pagano la tassa per la raccolta rifiuti, né quella per il servizio idrico. E, addirittura, si allacciano sulla rete pubblica dell’energia elettrica per avere la luce nelle abitazioni. Le forze dell’ordine conoscono bene questo particolare reato perpetuato dagli abusivi del parco e periodicamente partono blitz per reprimere il fenomeno. Vengono tagliati gli allacci illegali e arrestati coloro che li eseguono. Ma di sera, ogni sera, il parco Saraceno brilla sempre come un albero di Natale. Intanto, le palazzine senza una regolare e periodica manutenzione stanno cadendo nel termine letterale del termini “a pezzi”. Intere parti di cornicioni in cemento armato si staccano e precipitano pericolosamente al suolo, danneggiando le automobili in sosta. Talvolta, raccontano gli abitanti del quartiere, si è rischiato anche la tragedia, perché le pietre hanno sfiorato i passanti”. Sono circa sessanta le famiglie che vivono sul parco Saraceno. Almeno cinquanta di queste sono di abusivi. I costruttori Coppola hanno già inviato a tutti le ingiunzioni di sfratto e in alcuni casi ci sono state anche le sentenze del tribunale, ovviamente non ancora eseguite. Peraltro, a breve in quest’area dovranno iniziare i lavori per la realizzazione per il nuovo porto turistico. Nei progetti della società che deve realizzare l’opera, il parco dovrebbe essere interamente demolito e al suo posto dovrebbe sorgere una piazza e un mercato del pesce . La presenza degli abusivi, però, potrebbe rallentare i lavori delle nuove opere edili previste, lavori che rappresentano per la gente del litorale domizio un’opportunità per il rilancio socioeconomico dell’intero territorio. Ma sia i dirigenti della società Mirabella che deve realizzare i lavori, sia l’amministrazione comunale appaiono tranquilli e sono convinti che a breve il problema degli abusivi sarà risolto. “Lo sgombero – sottolinea Antonio Scalzone , il sindaco del Comune litoraneo – spetta alle forze dell’ordine e in questo caso specifico immagino dovrà intervenire anche l’esercito”. Ma dove saranno sistemati le famiglie abusive (composte in prevalenza da minorenni e invalidi civili) una volta demolito il parco? Per questo Antonio Scalzone non ha dubbi: “Il nostro ente – dice – non ha né le risorse economiche, né alloggi di edilizia popolare da offrire a questa gente. Una volta demolito il parco, gli abusivi dovranno tornare nei propri paesi d’origine”. La delicata questione, probabilmente è più ingarbugliata di quello che appare.

giovedì 10 febbraio 2011

Inquinamento ed erosione, le terapie d'urto


10/02/2011

Vincenzo Ammaliato
La sala comunale Giovanni Rega è gremita come capitato in altri pochi casi in precedenza. Ci sono gran parte dei centosette titolari delle licenze demaniali per la gestione della spiaggia castellana, i gestori degli stabilimenti balneari. Ma c’è anche la gente comune del centro domizio, che pur avendo a disposizione ventisette chilometri di costa, di anno in anno vede sempre più ridurre la possibilità di fare il bagno nelle proprie acque. Sulla costa del paese casertano, infatti, non incide in maniera negativa soltanto l’inquinamento causato dagli scarichi incontrollati e non depurati in mare dei corsi d’acqua superficiali (in prevalenza quelli del fiume Volturno e dei Regi Lagni). Ma anche la stesa spiaggia, dotata di una sabbia particolarmente fina e apprezzata da tutti i bagnanti, che però in molte zone di Castelvolturno sta letteralmente scomparendo inghiottita dal mare che avanza inesorabile. Le località maggiormente colpite da questo grave fenomeno naturale sono quelle di Ischitella e di Bagnara (confinante col territorio del Comune di Mondragone). E se a Ischitella gli operatori turistici e la gente della zona possono già tirare un sospiro di sollievo, perché da dieci giorni sulla propria costa sono in azione i mezzi dell’ati che si aggiudicata l’appalto gestito dal bacino ente Fiume Liri – Garigliano - Volturno per la realizzazione di una scogliera, a Bagnara, invece, si è in piena emergenza. Di tutto questo si è discusso ieri pomeriggio durante la conferenza pubblica organizzata dall’amministrazione comunale dal titolo «Attuazione e previsione degli interventi infrastrutturali per la difesa e la riqualificazione nel territorio costiero comunale». Oltre al padrone di casa, il sindaco Antonio Scalzone, e al suo assessore al demanio, Antonio Cecoro, sono intervenuti la consigliera e vicecoordinatrice regionale del Pdl, Daniela Nugnes, e l’assessore alle opere e lavori pubblici dello stesso ente, Edoardo Cosenza. Ha aperto i lavori il primo cittadino Scalzone, il quale ha rimarcato che la priorità del suo governo è legata alla riqualificazione e alla piena balneabilità della costa. Gli ha fatto eco l’assessore Cosenza, il quale ha auspicato interventi urgenti non solo sulla costa, ma anche direttamente sul ciclo integrato delle acque, per togliere dalle spalle delle spiagge del casertano la maglia nera della balneabilità. Mentre la vicepresidente Nugnes ha garantito che l’ente di Santa Lucia non solo sarà al fianco alla gente del litorale domizio nel difficile compito del recupero socioeconomico della zona, ma sarà promotrice di numerose iniziative volte a raggiungere questo scopo. E proprio da una sua iniziativa sono appena iniziati nella località di Bagnara i lavori di messa in sicurezza dell’area, utilizzando fondi e mezzi della protezione civile. La gente della zona, però, è scettica: mettere in sicurezza il mare è compito oggettivamente complicato. Al momento nella località a nord di Castelvolturno, dove il mare ha già ingoiato sette dei suoi dieci stabilimenti balneari e almeno altrettante abitazioni civili, sono stati piazzate delle barriere in cemento sulle strade che danno l’accesso al mare; e il sindaco Scalzone ha emanato un ordinanza di divieto di accesso per la pericolosità dell’area. In pratica, da due settimane e vietato anche solo passeggiare su quello che resta della spiaggia di Bagnara; questo fino a quando non inizieranno dei lavori specifici di riqualificazione della zona. E sempre durante i lavori di ieri è stato promesso che a breve per quest’area partirà una gara d’appalto simile a quella di Ischitella. Ma una volta completate le scogliere, per recuperare le spiagge erose servirà un’azione di ripascimento della sabbia. Nel corso del convegno sono state mostrate delle riproduzioni fotografiche di come si presenterà la costa di Ischitella e di Bagnara al completamento dei lavori. I fotomontaggi hanno mostrato delle località con una spiaggia molto estesa e il colore del mare cristallino: alla gente di Castelvolturno non resta che confidare nell’ennesima promessa dei suoi amministratori. © RIPRODUZIONE RISERVATA

mercoledì 9 febbraio 2011

No alla relazione, spara al padre del fidanzato della figlia

09/02/2011

Vincenzo Ammaliato
Migliorano le condizioni di salute di Costantin Bobu, il cittadino moldavo ventisettenne ferito lunedì sera a Castelvolturno alla gamba destra da un colpo d’arma da fuoco esploso dal padre della fidanzata del suo figlioccio. I medici della clinica Pinetagrande (nella foto) dove è stato condotto e operato non hanno ancora sciolto la prognosi; l’uomo prima che arrivasse in ospedale aveva perso molto sangue, ma i sanitari del presidio domiziano sono certi non sia più in pericolo di vita. Mentre il suo assalitore, Ugo Russo, un quarantatreenne del luogo, che subito dopo averlo colpito a bruciapelo si era dato alla fuga, nel corso della notte, spinto anche da una vera e propria caccia all’uomo predisposta dalla polizia, ha preferito consegnarsi spontaneamente alle forze dell’ordine. Gli stessi agenti sono riusciti a ricostruire l’esatta dinamica dell’efferato gesto e spiegare i motivi che hanno spinto Ugo Russo a fare fuoco sul suo vicino di casa. Entrambi, infatti, abitano con le rispettive famiglie nel quartiere di Destra Volturno. A quanto pare, il figlio della donna italiana con cui il cittadino moldavo convive, un ragazzo del posto di diciannove anni, aveva da circa un anno una relazione sentimentale con la figlia quattordicenne di Ugo Russo. Questa relazione, però, non è mai andata giù all’assalitore, che nel pomeriggio di lunedì ha sorpreso i due innamorati passeggiare insieme per le vie dell’abitato. A questo punto, avrebbe intimato allla figlia di fare immediato rientro a casa e al giovane diciannovenne di non frequentare più la ragazza. Poco dopo sarebbero iniziate furiose liti fra le rispettive famiglie, terminate con la decisione di Ugo Russo di imbracciare un fucile a canne mozze e fare fuoco sul cittadino moldavo. Il colpo, hanno raccontato gli agenti di polizia accorsi sul posto, ha spappolato quasi interamente l’arto dell’immigrato, arrivando pericolosamente vicino l’arteria femorale; se fosse stata recisa, l’uomo sarebbe certamente morto dissanguato in pochi minuti. Ugo Russo, invece, pregiudicato per vari reati e ritenuto dagli investigatori vicino al sodalizio camorristico della zona, è stato condotto al carcere di San Tammaro con l’accusa di lesioni gravi e possesso abusivo di arma da fuoco con matricola alterata. © RIPRODUZIONE RISERVATA




RITROVATA L'ARMA CON CUI AVEVA GAMBIZZATO IL RIVALE

13/02/2011

Vincenzo Ammaliato
L’hanno cercata per quattro giorni scandagliando l’intero letto del fiume alla sua foce. Ieri, poco prima delle 13, il nucleo sommozzatori della polizia coordinato dagli agenti del locale commissariato ha trovato proprio all’altezza del ponte della via Domiziana l’arma usata martedì scorso da Ugo Russo per colpire, al culmine di una lite, il convivente della madre del ragazzo con cui era fidanzata la figlia. Il diverbio era nato perché Ugo Russo non gradiva la relazione sentimentale della figlia quattordicenne con il diciannovenne. Durante la discussione il cittadino moldavo, convivente della madre del giovane, era stato colpito gravemente da un proiettile alla gamba destra. Durante la tentata fuga l’assalitore aveva portato con sé l’arma, avvolgendola in una busta di plastica. Ma vistosi accerchiato dalla polizia che nel frattempo aveva predisposto una vera e propria caccia all’uomo, ha preferito consegnarsi alle forze dell’ordine. Prima, però, aveva gettato dall’auto in corsa il fucile a canne mozze. Si tratta di un calibro 20. E dalle primi analisi balistiche effettuate, l’arma è risultata essere stata rubata lo scorso anno a un cacciatore di Rocca D’Evandro, che ne aveva regolarmente denunciato il furto. A questo punto, Ugo Russo dovrà rispondere anche di ricettazione. Secondo gli investigatori, però, dovrebbe affievolirsi l’ipotesi accusatoria di tentato omicidio. Seppure il colpo sia stato esploso, infatti, a bruciapelo all’indirizzo del ventisettenne Costantin Babu, l’assalitore avrebbe mirato alle gambe ed esploso uno solo dei due colpi presenti nell’arma. Per lui resta, in ogni caso, il reato di lesioni gravi. Mentre per il cittadino moldavo, dopo le dimissioni di ieri dalla clinica Pinetagrande dove era stato ricoverato e operato, si profila una lunga riabilitazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Vecchie discariche e rischio percolato, l'ex sindaco denuncia

Vincenzo Ammaliato

“Il territorio del litorale domizio è come una zattera galleggiante su melmosi laghi sotterranei”. La metafora è angosciante, la realtà che descrive, probabilmente, ancora peggio. L’ex sindaco di Castelvolturno, Mario Luise, interviene sul tema del percolato smaltito illecitamente nelle acque del mare che bagna le coste delle provincie di Napoli e Caserta messo in luce la scorsa settimana da un’inchiesta della procura partenopea, e avverte la gente di questi territori che i pericoli per l’ambiente non si limitano ai rifiuti che si vedono e si percepiscono in superficie, ma soprattutto all’inquinamento sotterraneo. “Dove c’è una discarica - sottolinea l’ex sindaco di Castelvolturno (che è stato anche per quattro anni presidente del consorzio dei rifiuti Ce/4) - c’è percolato; ovunque ci sia immondizia abbandonata, questa si trasforma nel pericoloso rifiuto liquido, e la natura permeabile del nostro terreno ne rende facile la penetrazione nella falda. Nella nostra fattispecie le superfici inquinate sono particolarmente estese, e forse non del tutto esplorate”. L’epicentro individuato da Mario Luise del grave pericolo per la salute pubblica del litorale domizio non poteva che essere la zona di Bortolotto. Qui, dove confinano i territori dei Comuni di Castelvolturno, Mondragone e Cancello Arnone, in piena zona dei Mazzoni, con centinaia di aziende zootecniche che allevano bufale e producono mozzarelle “Dop”, c’è una ex discarica che per tre decenni ha accolto ogni tipo di rifiuto (compresi quelli tossici come appurato da numerose inchieste della procura antimafia). E che oggi, quindici anni dopo la sua chiusura, attende ancora di essere messa in sicurezza e quindi la bonifica. “Le prime denuncie presentate alla procura della repubblica di Santa Maria Capua Vetere - fa sapere Mario Luise - relative alla cattiva gestione della discarica in questione, le presentai negli anni ’70. In quel periodo, la discarica era gestita da gente che indagini della magistratura hanno appurato essere legate ai sodalizi camorristici della zona. Da allora - sostiene con amarezza l’ex sindaco – poco o nulla è stato fatto per il recupero del sito ecologico”. La discarica, peraltro, fu realizzata senza la coibentazione necessaria a trattenere il percolato prodotto dai rifiuti. Il liquido inquinate, pertanto, penetrava e penetra inesorabilmente interamente nel terreno e quindi nelle falde acquifere. L’agenzia regionale per l’ambiente (Arpac), in quest’area negli anni scorsi ha riscontrato a seguito di indagini e analisi accurate un inquinamento da percolato nelle falde che arriva fino a quaranta metri di profondità: il percolato è stato rilevato nella prima, nella seconda e nella terza falda. Più volte negli anni passati il ministero dell’ambiente ha imposto agli enti incaricati nella gestione dell’area di provvedere al recupero del sito. Ma le continue crisi dei rifiuti hanno sempre fatto posticipare l’inizio degli interventi necessari “Al momento per l’ex discarica di via Pagliuca, fa saper l’attuale sindaco di Castelvolturno - Antonio Scalzone - non è in corso alcun piano di recupero. L’area in ogni caso ricade in un sito d’interesse nazionale (Sin) e quindi dovrà essere il commissariato straordinario alle bonifiche che si dovrà occupare della caratterizzazione e della bonifica dell’ex discarica”. Alle gente e al territorio del litorale domizio, quindi, non resta che attendere le decisioni degli enti preposti per conoscere il proprio destino. Mentre il percolato continua ad avvelenare la terra. “Il processo che dà luogo alla formazione del percolato è un fenomeno naturale - dice Luise - e il liquido che si forma cola continuamente. In una discarica costruita a norma, controllata periodicamente e ben coibentata il percolato viene raccolto interamente in degli appositi pozzetti e successivamente prelevato e trasportato in impianti di depurazione specializzati. Per la vecchia discarica di via Pagliuca tutto questo procedimento è purtroppo inutile perché non isolata dal terreno e il liquido inquinante penetra interamente nel sottosuolo. Questa - aggiunge l’ex sindaco - è una verità che provoca indubbiamente un grosso dispiacere, ma non può continuare a rimanere nascosta sotto i nostri piedi”. La gente del litorale domizio, quindi, convive da anni con un vero e proprio mostro ecologico, un mostro che secerna continuamente il suo male e che lo nasconde nelle viscere della terra.

Depuratore? "No, solo ferraglie"

03/02/2011

Vincenzo Ammaliato
Da un lato le ultime analisi ufficiali dell’acqua del mare i cui risultati positivi sono stati accolti con comprensibile euforia dalla gente del litorale domizio; dall’altro l’inchiesta giudiziaria della scorsa settimana sul percolato sversato illecitamente a mare che ha confermato il pesante sospetto secondo cui il pericoloso rifiuto liquido fosse stato scaricato per diversi anni senza alcun trattamento sulla costa domiziana. In mezzo, l’Hydrogest, il gestore degli impianti di depurazione del Ps3, che nonostante il coinvolgimento dei suoi dirigenti in una precedente inchiesta della procura di Santa Maria Capua Vetere sull’illecito utilizzo degli impianti e la comunicazione ufficiale alla Regione dello scorso agosto della volontà di rescindere il contratto, è ancora di fatto la responsabile dei sei depuratori dei Regi Lagni. Domani mattina la commissione speciale d’inchiesta sull’Hydrogest del consiglio regionale della Campania si recherà per la prima volta sull’impianto alla foce dei Regi Lagni per verificare le condizioni del depuratore. Qui il presidente della commissione Enrico Fabozzi, e i vari componenti insieme agli amministratori politici locali controlleranno lo stato di funzionamento dell'impianto i cui lavori di realizzazione furono completati oltre venti anni fa con i fondi per la Cassa del Mezzogiorno, ma che non è mai andato in funzione a pieno regime. Inoltre, saranno valutati a che punto sono i lavori di ristrutturazione agli impianti fatiscenti previsti già da molto tempo e non eseguiti. «Il depuratore della foce dei Regi Lagni non è altro, purtroppo, che un ammasso di ferraglia»: non va per il sottile nel descrivere l’impianto di Villa Literno, il presidente della commissione Fabozzi; e aggiunge: «I lavori di ristrutturazione dell’impianto non sono più procrastinabili nel tempo. Il depuratore deve funzionare a pieno regime e noi della commissione saremo particolarmente vigili affinché siano rispettate le regole e le leggi». Infine per la prossima settimana la commissione regionale conta di verificare anche gli altri cinque depuratori del Ps3 anche se non di pertinenza della Hydrogest. Intanto, il cartello di associazioni del litorale domizio che si riunisce sotto le insegne di Costa dei Sogni domani sera nel corso di un incontro fra i dirigenti deciderà la data di una manifestazione popolare da tenere sotto la sedi della Provincia e della Regione Campania. L’intento dei manifestanti è quello di avere un incontro con i due assessori all’ambiente. «Più volte fino alla scorsa estate - ha detto Gaetano Montefusco, il coordinatore di Costa dei Sogni - i dirigenti dei due enti ci hanno garantito che i lavori di ristrutturazione ai depuratori dei Regi Lagni sarebbero partiti immediatamente. I cittadini hanno il diritto di sapere come mai non sono stati mantenuti gli impegni». © RIPRODUZIONE RISERVATA