martedì 29 gennaio 2008

CASTELVOLTURNO. IL TAR RESPINGE IL RICORSO
Estrazione sabbia, la Cav resta chiusa
ENZO AMMALIATO Castelvolturno. L'amministrazione comunale di Castelvolturno si aggiudica un nuovo round nella battaglia fatta di valori bollati che la vede contrapposta da oltre un anno alla ditta Cav dei fratelli Baiano. Il tribunale amministrativo regionale ha rigettato ieri la richiesta di sospensione cautelare dell'estrazione di sabbia presentata dai titolari della ditt a seguito del provvedimento di sequestro col quale lo scorso mese di settembre il Genio civile mise i sigilli alle cave di sabbia attive da un trentennio sul litorale domizio. «Abbiamo messo in campo tutte le nostre energie per dimostrare al Tar l'infondatezza delle pretese della ditta Cav - ha detto con entusiasmo il sindaco di Castelvolturno, appena appreso della sentenza. È indispensabile adesso - ha continuato il primo cittadino, lanciando un pesante affondo all'indirizzo dei titolari della Cav Srl - che si instauri una permanente sinergia fra tutti i poteri dello Stato affinché Castelvolturno non sia più oggetto di veri e propri atti camorristici da parte di chi perpetua la rapina sistematica del territorio». La querelle fra Comune e ditta Cav nacque la scorsa primavera, subito dopo l'autodenuncia dei dirigenti dell'azienda estrattiva di aver scavato circa centomila metri quadrati oltre la concessione ottenuta dalla Regione Campania e di essere sceso in profondità di undici metri in più rispetto alla stessa concessione. L'amministrazione comunale, a quel punto, avrebbe avuto novanta giorni di tempo a disposizione per opporre ricorso. Una settimana prima della scadenza, però, quando il fascicolo contro la ditta Cav stava per essere chiuso e presentato alla magistratura sparì misteriosamente dall'ufficio tecnico del palazzo di piazza Annunziata. Il sindaco denunciò alle forze dell'ordine l'increscioso episodio e i dipendenti del Comune riuscirono in brevissimo tempo a ricostruire tutta la documentazione necessaria alla presentazione del ricorso nei tempi stabiliti. Poche settimane dopo il Genio civile appose i sigilli alle cave ritenute dagli ambientalisti della zona le responsabili dell'erosione della costa e delle sponde della foce del fiume Volturno.
27/01/2008
L’Asl lancia l’allarme, in campo l’Esercito
Uffici sanitari e scuole rischiano la chiusura Parte l’appalto per l’isola ecologica
VINCENZO AMMALIATO Mondragone. «Chiudere immediatamente tutte le scuole comunali e bloccare ogni attività allo stadio». L’ordine perentorio è partito ieri dall’Asl Ce 2 all’indirizzo dell’amministrazione comunale di Mondragone, per il preoccupante rischio sanitario scaturito dal perdurare della crisi dei rifiuti. Ammonta ormai a duemila tonnellate l’immondizia ammassata fra le strade del centro litoraneo. In alcuni luoghi di territorio, come in via Fantini, nei pressi dello stadio comunale e del cimitero si sono create delle vere e proprie discariche abusive a cielo aperto che ostruiscono addirittura il transito. Oltre alle strutture comunali, il responsabile dell’unità operativa di prevenzione dell’Asl Ce 2, Saverio Stefanelli, ha firmato anche la richiesta di chiusura dell’istituto d’igiene mentale di via Fantini. «I miasmi provocati dalla discarica abusiva che si è creata in zona - ha detto il dirigente Asl - rendono l’area circostante irrespirabile. C’è un serio rischio di epidemia per tutta la zona. I dieci ricoverati della struttura dovranno essere immediatamente spostati in un altro immobile». Intanto, il sindaco Ugo Conte spera nell’intervento dell’Esercito: dalla prefettura di Caserta e dal commissariato di governo è arrivato l’impegno a far sì che unità del Genio militare potrebbero intervenire fra oggi e domani per liberare le strade dai rifiuti. «Servirà a poco - ha detto Conte - ma almeno potremo permettere ai nostri ragazzi di non interrompere le lezioni. A Mondragone più che i militari, occorre sapere dove poter conferire i rifiuti. Riusciremo a ripulire l’intera cittadina in meno di tre giorni con le nostre singole risorse se solo ci fosse permesso di farlo». Intanto domani in Comune è prevista l’apertura delle buste per l’appalto che riguarda la realizzazione dell’isola ecologica e del sito di trasferenza temporanea. Il relativo capitolato ha previsto che la ditta aggiudicataria dovrà realizzare l’opera in meno di dieci giorni.

mercoledì 16 gennaio 2008

Raccolta a domicilio per 50 centesimi così l’abusivo fa sparire il sacchetto
VINCENZO AMMALIATO Attesa da anni, finalmente è partita sul litorale domizio la raccolta rifiuti porta a porta. Ad organizzarla, però, non è stato alcun ente locale, né la Regione Campania, né una ditta ecologica specializzata. E a fare il giro quotidiano fra le abitazioni per ritirare il maleodorante sacchetto non sono operai in tuta rifrangente. Come spesso accade nei periodi d'emergenza, come quello attuale che sta vivendo la Regione Campania per la crisi rifiuti, c'è chi s'inventa un qualche mestiere e cerca di lucrare nel disordine. E così che da circa una settimana al Lago Patria e a Varcaturo persone non identificate si recano tutti i giorni presso le abitazioni del posto offrendo il ritiro a domicilio del maleodorante sacchetto dei rifiuti dietro il compenso di cinquanta centesimi. A raccontare dell'attività ecologica abusiva è stato l'assessorato all'ecologia del Comune di Castelvolturno, che ha presentato anche una formale denuncia alle forze dell'ordine contro ignoti. I responsabili del servizio igiene urbana del centro litoraneo sono particolarmente preoccupati da questo fenomeno, ma non perché temono concorrenza. «C'è il fondato sospetto, ha detto Tommaso Morlando, assessore all'ambiente di Castelvolturno, che i rifiuti ritirati sul territorio di Giugliano da queste persone siano poi scaricati nel nostro Comune, tenuto pulito anche in questi giorni di crisi regionale con grossi sacrifici». Insomma gli abusivi che ritirano a domicilio l’immondizia, naturalmente indifferenziata, finoscono per scatenare una sorta di guerra tra poveri nella quale il problema, quello dello smaltimento, viene solo spostato di qualche chilometro dall’abitazione di chi produce l’immondizia.

martedì 15 gennaio 2008

BAIA DOMIZIA
Delfino trovato in spiaggia sos ambiente
Appartiene a un delfino della specie comune la carcassa trovata ieri sull'arenile di Baia Domizia. Lunga oltre un metro e mezzo si presentava in avanzato stato decomposizione. A dare l'allarme è stato un abitante della zona. Sulla spiaggia nei pressi del lido Fire Beach sono giunti gli uomini della capitaneria di Porto e i carabinieri di Cellole. Poco dopo sono arrivati anche i mezzi di una ditta specializzata, che su mandato dell'Asl di zona ha prelevato la carcassa del grosso mammifero e l'ha trasportata alla stazione zoologica di Napoli Anton Dohrn. Qui sarà eseguita l'autopsia per cercare di capire i motivi del decesso. «Purtroppo i ritrovamenti di delfini morti sulle coste campane sono sempre più frequenti», ha detto la curatrice dell'acquario di Napoli, Flegra Bencivegna, alla notizia del nuovo caso registrato a Baia Domizia. L'anno scorso - ha continuato - sono stati dieci i delfini trovati spiaggiati privi di vita sul nostro arenile». Ciò che allarma gli zoologi sono i motivi dei decessi, che a quanto pare sono sempre gli stessi: per soffocamento (nelle reti dei pescatori, spesso illegali) e per avvelenamento. Il continuo peggioramento della salute del mare campano, infatti, sta provocando una lunga serie di decessi dei grossi mammiferi che nuotano sotto costa. Delfini, ma anche balene accumulano nel corso della loro vita grosse quantità di metalli pesanti, e questo provoca il loro decesso molti anni prima di quanto previsto dal ciclo naturale. «Lo scorso mese - ha ricordato la curatrice dell'acquario Bencivegna - furono trovate morte sulle spiagge di Capri e d'Amalfi due balenottere. Ma sensibilizzando la gente che vive sulle coste e, soprattutto i pescatori, ha sottolineato la ricercatrice, si può fare tanto per aiutare questi mammiferi, sulla scorta di quanto fatto di positivo negli ultimi anni per salvare le tartarughe Caretta-Caretta».

sabato 12 gennaio 2008

20/12/2007La svolta nelle indagini ieri nel cuore della notte Gli assassini e la vittima vivevano nella stessa baracca
VINCENZO AMMALIATO Mondragone. Era di un immigrato clandestino di nazionalità ucraina il corpo privo di vita trovato martedì pomeriggio dai carabinieri sepolto sulla spiaggia di Mondragone. La svolta nelle indagini c'è stata nel cuore della notte. I militari dell'arma hanno fermato i tre extracomunitari che condividevano con l'ucraino come abitazione una baracca di lamiere sulla spiaggia di Pescopagano: un kazako e una coppia di sposi d'origine russa. L'immigrato di nazionalità kazaka è crollato sotto le domande dei carabinieri e ha confessato tutto. L'extracomunitario ha raccontato nei minimi particolari ciò che accadde quella fredda e tragica notte di venti giorni fa. Della lite con l'ucraino, terminata con l'efferato delitto; della decisione della coppia di russi di occultarne il corpo sotto la sabbia vicino il loro tugurio. Il gruppo d'extracomunitari, hanno fatto sapere i carabinieri, viveva d'espedienti. Spesso i quattro trovavano lavoro a giornata nelle campagne. Quando non c'era di meglio da fare si recavano all'incrocio semaforico della Domiziana nei pressi del parco acquatico Ditellandia, dove si improvvisavano lavavetri per racimolare degli spiccioli. Soldi che venivano spesi per lo più per acquistare l'alcol che gli immigrati consumavano tutte le sere in grosse quantità. Alcol che gli serviva per portare avanti la propria esistenza da miserabili. E con molta probabililtà anche la lite culminata con la morte dell'ucraino è avvenuta fra i fumi dell'alcol. I tre fermati sono stati condotti in carcere. Dovranno rispondere di omicidio volontario e occultamento di cadavere. Speravano di trovare nel nostro Paese un riscatto sociale, una vita migliore di quella lasciata nelle proprie nazioni. Hanno trovato, invece, solo miseria; adesso, anche la reclusione in una casa circondariale.
Sepolto sotto la sabbia giallo sulla spiaggia
VINCENZO AMMALIATO Mondragone. Sono bastati cinque minuti di scavi ai carabinieri della compagnia di Mondragone per trovare il cadavere. Era seppellito sotto un metro di sabbia, nei pressi dello stabilimento balneare Lido Franco a Pescopagano, nel territorio comunale di Mondragone. Quel corpo, però, non ha ancora un nome. I militari dell'arma, infatti, nei pressi dello scavo non hanno trovato alcun documento d'identità. La morte, secondo il medico legale giunto sul posto, è avvenuta non meno di venti giorni fa. Il corpo si presentava in avanzato stato di decomposizione. Questo particolare, peraltro, non ha permesso neanche di ipotizzare la causa del decesso. Di più si saprà dal risultato autoptico, che sarà eseguito probabilmente già stamattina all'istituto di medicina legale di Caserta, dove è stata trasportata la salma. A condurre i carabinieri sulla spiaggia di Pescopagano è stata una dettagliata segnalazione fatta da un'immigrata di origine russa, che nel primo pomeriggio di ieri si è recata spontaneamente alla compagnia di Mondragone. L'extracomunitaria ha raccontato ai militari dell'arma di aver appreso (in maniera ancora non chiara) di un omicidio avvenuto ai danni di un suo connazionale. «Lo hanno prima ammazzato, ha detto ai carabinieri, e poi seppellito sotto la sabbia della spiaggia di Pescopagano». Ed è stata la stessa donna che ha accompagnato i carabinieri sull'arenile dove ieri alle 15 è stata fatta la macabra scoperta. La donna, però, hanno fatto sapere gli inquirenti, ha detto di non conoscere l'identità della vittima, né quella dei suoi aguzzini. Durante l'intero pomeriggio di ieri sono stati ascoltati negli uffici della compagnia dei carabinieri di Mondragone una decina d'immigrati d'origine russa che vivono fra Mondragone e Castelvolturno. Gli inquirenti non hanno ancora una chiara pista da seguire. La comunità d'immigrati d'origine russa della zona non è molto numerosa. Diverso il discorso per quella ucraina. Nei due Comuni litoranei vivono con regolare permesso di soggiorno circa cinquecento extracomunitari dell'ex Paese del blocco socialista. Circa il doppio, invece, sono quelli irregolari. Le donne lavorano quasi tutte come badanti. Molte, soprattutto, quelle irregolari, invece, prestano le loro braccia ai lavori di campagna. Gli uomini, invece, lavorano quasi tutti nei piccoli cantieri edili della zona. In ogni caso, sia i russi che gli ucraini che vivono sul litorale domizio risultano estranei a fatti di delinquenza organizzata. I traffici di droga in zona sono gestiti dai clan nigeriani. Lo sfruttamento della prostituzione è conteso a questi ultimi da bande di albanesi. Le uniche cronache giudiziarie che hanno visto come protagonisti gli immigrati dell'est Europa in passato a Castelvolturno e Mondragone hanno riguardato reati legati a piccoli furti o liti fra connazionali, spesso avvenute per l'eccessivo abuso di alcolici. E risultarono notevolmente alterati dall'alcol i due immigrati ucraini che tre anni fa a Castelvolturno si macchiarono di un orribile reato. Gli extracomunitari prima violentarono e poi uccisero una loro connazionale, seppellendo, poi, il suo corpo sulla stessa spiaggia dove ieri è stata fatta la scoperta del nuovo cadavere.
Agguato a Pinetamare. ascoltati i genitori, si cerca nel passato
ENZO AMMALIATO Castelvolturno. Una sbiadita macchia di sangue sull’asfalto e il dolore dei familiari. A ventiquattro ore dall’omicidio di un giovane del posto, è rimasto solo questo a ricordare il grave episodio di giovedì pomeriggio. Sul fronte delle indagini, quella di ieri è stata una giornata piuttosto intensa per gli inquirenti. Alla compagnia dei carabinieri di Casal di Principe sono stati sentiti per molte ore i genitori della vittima. Si cerca ogni indizio per dare una risposta ad un’azione criminale tanto violenta. Nè Ferdinando Milano, nè i suoi parenti, hanno fatto sapere i militari dell’arma, hanno precedenti penali per reati legati alla criminalità organizzata. Eppure la matrice camorristica dell’agguato pare inoppugnabile. Gli uomini diretti dal capitano Alfonso Pannone, fra le altre piste, stanno valutando con attenzione le frequentazioni degli ultimi mesi del giovane di Castelvolturno (originario di Ponticelli). È probabile che il raid di morte sia stato deciso proprio per alcune sue cosiddette «cattive» amicizie. In pratica, l’uccisione di Ferdinando Milano, potrebbe essere stata decisa anche solo per dare un monito a chi sul litorale domizio gestisce i traffici illeciti, e che negli ultimi tempi, forse, non avrebbe rispettato qualche «regola». Guerra fra bande, quindi: spartizione del territorio. Ma questa è solo un’ipotesi. Di fatto nell’intero agro aversano e anche sulla costa casertana da alcuni anni, c’è una sorta di pace mafiosa. Addirittura quello di giovedì, se le indagini confermeranno che è un omicidio di camorra, sarebbe il primo mai registrato in zona. Proprio per questo motivo, l’attenzione delle forze dell’ordine è massima. Ma c’è un’altra ipotesi ancora più inquietante: Castelvolturno, infatti, è un feudo della frangia dei Casalesi che fa capo a Francesco Bidognetti he, parente di quel Mimì da qualche mese è collaboratore di giustizia. L’omicidio di giovedì potrebbe essere quindi un monito proprio per la fazione bidognettiana. Intanto, la famiglia di Ferdinando non sa neanche ancora quando può celebrare i funerali per il proprio caro. L’autopsia sulla sua salma non è stata ancora eseguita. Probabilmente sarà completata stamattina.
Il lungo elenco delle vittime del cavalcavia sul Volturno. Il comandante dei vigili: «Cambiare le leggi»
VINCENZO AMMALIATO Qualcuno sul ciglio della strada dove l'altra sera ha perso la vita la piccola Anna Lisa ha deposto dei fiori bianchi. Insieme ai segni lasciati sulla carreggiata dallo scontro fra le due automobili rappresentano l'unico ricordo di una tragedia consumata nel breve attimo di una manovra automobilistica azzardata. Molte delle vetture di transito sul ponte della Domiziana già ieri percorrevano quel tratto ben oltre i trenta chilometri orari consentiti e ben indicati dai segnali stradali posti ai lati della carreggiata. Tanti gli automobilisti che già azzardavano sorpassi oltrepassando tranquillamente la striscia continua. Quello degli incidenti stradali sul ponte del fiume Volturno della strada Domiziana è un lungo elenco. Tre anni fa, in una fredda e piovosa sera d'inverno si scontrarono frontalmente un'automobile guidata da una persona del posto e quella con a bordo sei immigrati di origine nigeriana. A causa di quell'incidente persero la vita il conducente italiano e due extracomunitari. Pochi mesi dopo, a gennaio, per cause non ancora chiare, un operaio trentacinquenne di Mondragone perse il controllo della sua vettura e precipitò nel fiume. L'autopsia disposta sul corpo dello sfortunato automobilista chiarì che la morte avvenne per annegamento. Nell'estate del 2005, su quello che è stato già nominato «Il ponte maledetto» si scontrarono frontalmente due autovetture. Bilancio dell'incidente: due morti, un napoletano ed una immigrata d'origine ghanese. L'ultimo incidente mortale, prima di quello che ha visto coinvolto la sfortunata Anna Lisa Filippone, si verificò lo scorso 28 febbraio. In quell'episodio perse la vita una giovane ventunenne di Santa Maria la Fossa. «Ogni qual volta la centrale ci avvisa di un incidente stradale sul ponte, prima di salire in ambulanza ci facciamo sempre il segno della croce», dice il personale del 118 intervenuto sul luogo dell'incidente domenica sera. «Eravamo impegnati in un altro soccorso quando è arrivata la segnalazione dello scontro sul ponte. Proprio considerando il luogo dell'incidente abbiamo deciso di dare la priorità a quella chiamata e fatto inversione di marcia». Poche le risorse a disposizione della polizia municipale del posto per garantire efficaci controlli alla viabilità della Domiziana (al sedicesimo posto fra le arterie più pericolose d'Italia), che nel solo territorio di Castelvolturno si estende per trenta chilometri. Da due mesi agli agenti è giunto uno strumento elettronico per la rilevazione della velocità. «In media, ha detto Vincenzo Cassandra - il comandante dei vigili urbani del posto - il nostro autovelox rileva ben duecentocinquanta automobili ogni due ore che superano il limite di velocità lungo la strada Domiziana. Per quanto riguarda il controllo delle automobili guidate da immigrati - ha aggiunto il comandante Cassandra - è una battaglia persa in partenza. Troppe le irregolarità. Quasi tutti guidano senza l’assicurazione obbligatoria. Pochi quelli che hanno in auto il libretto di circolazione». «Per Castelvolturno - ha aggiunto - forse servirebbero leggi speciali».
Domiziana, 1400 auto di nessuno In un deposito le automobili sequestrate agli immigrati e mai riprese Sono le auto che nessuno vuole
Visto dall'alto della soprelevata che congiunge Castelvolturno a Mondragone sembra un grosso deposito di vetture nuove pronte da essere consegnate alle concessionarie. Avvicinandosi, invece, all'autoparco gestito dalla ditta Fena s.r.l., in località Mezzagni, si percepisce chiaramente la natura della sua attività. Gran parte delle autovetture qui in sosta sono letteralmente sventrate; hanno i cristalli sfondati, i tetti divelti, i cofani schiacciati. Altre, invece, hanno solo piccole ammaccature, ma sono sprovviste del talloncino dell’assicurazione sul parabrezza. Fra le automobili poste sotto sequestro amministrativo e giudiziario, a pochi metri dal cancello d'ingresso c'è anche la Nissan Primera di Roy Jachbson, il liberiano che provocò l'incidente del 12 agosto scorso sul ponte alla foce del fiume Volturno, a causa del quale perse la vita una neonata di tre mesi. Attualmente il deposito giudiziario della ditta Fena è al limite della capienza. «È soprattutto per questo singolare motivo, ha denunciato il comandante della polizia municipale del posto, Vincenzo Cassandra, che le forze dell'ordine del litorale si trovano in grosse difficoltà nel controllare le autovetture guidate dagli immigrati. Quasi tutti i mezzi che circolano sulla Domiziana con a bordo extracomunitari, infatti, ha continuato il comandante, sono sprovvisti dell'assicurazione obbligatoria, e solo una piccola percentuale di conducenti ha una regolare patente di guida». In media, denuncia Cassandra, circa nove immigrati su dieci fermati per controllo a Castelvolturno hanno delle irregolarità e subiscono il sequestro della vettura. «Ma posti liberi nell'unico deposito giudiziario della zona non ne sono rimasti molti, sottolinea Cassandra. Per recuperare una vettura incidentata o posta sotto sequestro amministrativo dovremmo contattare aziende di altri territori, e le pattuglie impegnate nei controlli dovrebbero attendere sul posto non meno di quaranta minuti l'arrivo del carro attrezzi». Anche Luigi Napolitano, il titolare del deposito giudiziario di Castelvolturno, denuncia grosse difficoltà nella gestione del suo autoparco. Delle millequattrocento auto attualmente in custodia nella struttura (arrivate nell'arco di appena diciotto mesi), circa milleduecento appartengono ad immigrati. «E solo un extracomunitario su nove, solitamente, sottolinea il titolare della ditta Fena, ritira la vettura sequestrata». Il più delle volte questo accade perché il valore delle automobili è talmente basso che quasi mai supera quello della contravvenzione da pagare per riottenere il mezzo. «Quando una vettura posta sotto sequestro non è ritirata dal proprietario interviene la prefettura che si fa carico delle spese e della demolizione, fa sapere il titolare del deposito, ma i tempi dell'amministrazione pubblica sono lunghissimi; spesso superano i cinque anni, e questa situazione ci provoca non pochi danni». Su questo tema è intervenuto anche l'assessore all'ambiente del centro litoraneo, Tommaso Morlando, che, in qualità di delegato del litorale domizio di Italia dei Valori, ha preannunciato una manifestazione di piazza. «Per sollecitare le istituzioni, ha detto, ad interessarsi del caso Castelvolturno. Il nostro territorio ha continuato l'assessore, più che di leggi speciali ha bisogno dell'attuazione precisa e puntuale di quelle esistenti. Se le forze dell'ordine locali sono in numero carente per il reale fabbisogno della zona, come da più parti si denuncia, allora è il caso di rafforzarle».
13/01/2007
Mondragone. Poveri, senza mezzi, senza risorse, senza assistenza. E quando è così, quando la casa è misera è fredda, quando la macchina dell’assistenza non funziona come dovrebbe, può capitare di morire a otto anni anche per un banale attacco di asma: nel sonno, senza che nessuno se ne accorgesse. È accaduto la scorsa notte a Mondragone, nel pieno centro di Mondragone, in via Pacifico. Lì vive la famiglia di Alfonso V., un bimbo di otto anni trovato morto dalla mamma nel suo letto, che era andato a svegliarlo perché andasse a scuola. Il bambino era cianotico, esanime. La donna ha chiamato i soccorsi ma i medici del 118, giunti pochi minuti dopo sul posto, non hanno potuto fare altro che costatare il decesso del bambino. Probabilmente è stata un’apnea respiratoria la causa della morte. Alfonso V. soffriva di asma dalla nascita ma il medico che lo aveva in cura ha riferito ai carabinieri della compagnia di Mondragone, che stanno seguendo il caso, che il piccolo negli ultimi tempi non soffriva di grossi disturbi. Il bambino, ha raccontato fra le lacrime la mamma di Alfonso ai carabinieri, si era alzato sudato dal letto alle 7 e aveva chiesto un bicchiere d’acqua. Dopo aver bevuto si era riaddormentato per poi non svegliarsi mai più. Sulla causa naturale della morte, in ogni caso, le forze dell’ordine hanno pochi dubbi. Il magistrato di turno ha comunque disposto l’autopsia che, probabilmente, sarà eseguita già questa mattina presso l’istituto di medicina legale di Caserta. E domani si potranno celebrare i funerali. La famiglia del bambino vive da tempo a Mondragone in una situazione d’indigenza estrema. Il papà è bidello del liceo cittadino, il Galileo Galilei; la mamma è casalinga. Alfonso aveva altri tre fratelli. Uno vive in affidamento da un anno presso un’altra famiglia del posto. Una sorella di sedici anni, invece, presso un istituto di assistenza. I due bambini rimasti in casa con i genitori erano seguiti dai servizi sociali del Comune. Due anni fa erano dovuti intervenire i carabinieri per convincere i genitori a imporre ai due minori la frequenza scolastica. Ma mai, hanno fatto sapere le forze dell’ordine, sono stati registrate in quella famiglia atti di violenza fisica fra congiunti. La notizia della morte del piccolo Alfonso ha sconvolto il centro litoraneo. Ma oltre al dolore, gran parte della gente del posto si è chiesta come sia possibile che un bambino di otto anni possa ancora morire per un attacco di asma. Anche il primo cittadino di Mondragone, Ugo Conte, si è detto estremamente addolorato per la morte del bambino. «Lo scorso anno - ha detto - era stato disposto un budget di cura per l’intera famiglia. Sia i genitori sia fratellini erano seguiti da personale dell’Asl e del Comune. E un assistente sociale si recava quasi quotidianamente nella casa di via Pacifico. Tutto questo, purtroppo, non è servito a evitare la tragedia». I costi per i funerali, ha preannunciato il sindaco Ugo Conte, saranno sostenuti dall’amministrazione comunale.