domenica 28 novembre 2010

Incertezza al Comune in attesa degli sviluppi giudiziari


Vincenzo Ammaliato

28/11/10

E’ previsto domani al tribunale di Napoli l’interrogatorio di Vincenzo Cassandra, il comandante dei vigili urbani di Castelvolturno, sospeso per due mesi dal servizio e finito anche lui nell’inchiesta della procura antimafia che due settimane fa ha scosso Castelvolturno come un terremoto. Per lui l’accusa è particolarmente grave: aver favorito grazie al ruolo pubblico che ha ricoperto l’organizzazione mafiosa che per anni ha spadroneggiato sul litorale domizio, quella dei cosiddetti “bidognettiani”. Per lo stesso reato sono stati iscritti nel registro degli indagati altri sette componenti del comando di polizia municipale (su un totale di ventiquattro agenti), ma anche i dirigenti degli uffici comunali dedicati al commercio, all’urbanistica e a quello tecnico. Avvisi di garanzia anche per i politici locali, fra i quali, l’attuale sindaco, Antonio Scalzone (del centro destra) e quello della passata amministrazione, Francesco Nuzzo, con il suo vice Lorenzo Marcello (del centrosinistra). In totale sono quarantuno le persone indagate, mentre tre sono state le ordinanze di carcerazione. In una delle numerose intercettazioni ambientali che compongono la specifica ordinanza della procura antimafia, si legge del fratello dell’attuale sindaco Antonio Scalzone, Alfonso, che commentando il clima che c’è sulla Domiziana dice: “Qui a Castelvolturno arriverà fra poco la fine del mondo”. E in effetti l’inchiesta della Dda di due settimane fa sembra aver minato dalle fondamenta i pilastri della cosiddetta società civile che ha retto le sorti del paese costiero negli ultimi trenta anni. Nel municipio l’aria che tira fra i dipendenti comunali e gli amministratori è quella della preoccupazione. C’è e angoscia mista ad ansia nell’attesa delle decisioni della prefettura di Caserta. La Dda, infatti, ha passato qui tutti gli atti dell’inchiesta e il Comune di Castelvolturno potrebbe a breve subire il quarto scioglimento della sua storia. Il primo cittadino, Scalzone, continua a ripetere di essere sereno. Eppure da qualche giorno sembra che sia iniziata la fuga dalla nave che affonda. Un consigliera della sua maggioranza si è già dimesso e altri cinque (sul totale di undici) hanno chiesto l’azzeramento della giunta. “Al sindaco – ha sottolineato il consigliere del Pdl Cesare Diana, confermiamo la solidarietà e la stima, ma solo sul piano personale. Su quello politico il discorso, invece, è diverso. Peraltro, in giunta c’è anche un assessore indagato e non possiamo continuare a guidare il paese in queste condizioni”. Il consigliere Diana auspica la formazione di una giunta con esponenti di alto profilo professionale. Ma con un’amministrazione in bilico fra lo scioglimento prefettizio e quello imposto dai consiglieri, sembra difficile che i professionisti del territorio possano accogliere una proposta del genere. In pratica, nel paese domizio c’è un vero e proprio marasma che potrebbe portare a breve a un tilt istituzionale. I vari indagati continuano a ripetere che riusciranno a dimostrare l’infondatezza delle accuse ipotizzate nell’ordinanza e la loro estraneità ai fatti contestati. Ma Castelvolturno dopo questa inchiesta non sarà sicuramente più la stessa. Le oltre cinquecento pagine dell’ordinanza hanno scoperchiato un malcostume dei pubblici amministratori e dei dipendenti comunali che va anche oltre il reato contestato dai giudici. Dalle intercettazioni ambientali e telefoniche è venuto fuori chiaramente come gran parte degli amministratori del posto e dei loro accoliti intendevano la gestione della “cosa pubblica”, in pratica come se fosse di proprietà privata e che l’interesse da tutelare non era della collettività ma quello proprio e tutt’al più dei parenti più stretti. In questa ottica è spiegato anche l’esercito di candidati a consigliere che si è presentato nel corso delle ultime due consultazioni per il rinnovo del consiglio comunale, quelle del 2005 e dello scorso marzo: oltre mille persone, in un paese che conta appena quindicimila cittadini abilitati. In pratica, un po’ tutti a Castelvolturno cercavano il proprio posto al sole; ci ha pensato la magistratura in questo caso a fare loro un po’ di ombra.

Nasce la prima associazione antiracket


21/11/2010

«Sarò a Castel Volturno per inaugurare una nuova associazione antiracket, perché il riscatto dalla criminalità va rilanciato anche e soprattutto sotto il profilo culturale, incoraggiando la ribellione degli onesti». A parlare è Alfredo Mantovano, sottosegretario all’interno. Il vice di Roberto Maroni ha scelto le pagine web del sito internet del Viminale per annunciare la nascita della prima associazione antiracket del litorale domizio. «Compete al ministero dell'Interno fare il possibile per assicurare i latitanti alla giustizia – ha aggiunto il sottosegretario - ma non esiste solo la repressione». Perché serve anche che la cosiddetta «società civile» esca allo scoperto e che collabori con le istituzioni. Sul litorale domizio c’è un primo nucleo di commercianti che ha scelto chiaramente di fare il “salto del fosso”. L’associazione è intitolata a Domenico Noviello, il titolare della scuola guida Mimmo, ucciso dai killer della camorra nel maggio del 2007. L’appuntamento per la presentazione dell’associazione è per domani alle 16, in una delle sale dell’Holiday Inn di Pinetamare. Oltre al sottosegretario Mantovano saranno presenti il sostituto procuratore della direzione distrettuale antimafia di Napoli Federico Cafiero De Raho e la vicepresidente di confindustria Cristiana Coppola. In prima fila ci saranno anche Tano Grasso e Silvana Fucito della Federazione nazionale antiracket, ispiratori della nascita dell’associazione di Castelvolturno. e.am. © RIPRODUZIONE RISERVATA

martedì 16 novembre 2010

Politici nella bufera, al setaccio atti e decisioni


16/11/2010

Vincenzo Annaliato
Quando alle 8 il custode ha aperto il portone del palazzo che si affaccia dinanzi la Chiesa dell’Annunziata, insieme ai primi dipendenti del Comune sono entrati nell’edificio anche un paio di dozzine di poliziotti del locale commissariato, della questura di Caserta e della Direzione investigativa antimafia di Napoli, e per l’establishment del paese litoraneo è cominciato il giorno più lungo della sua storia recente. In ogni ufficio del Comune è entrata una squadra di poliziotti, col preciso compito di copiare i files dai computer, annotare appunti, scattare foto, e in alcuni casi è stata anche sequestrata l’apparecchiatura elettronica, portandola via. In corso, il blitz disposto dalla direzione distrettuale antimafia che ha portato a tre ordini di carcerazione e a quarantuno avvisi di garanzia per numerosi reati. Ma per tutti, la contestazione di aver favorito il clan camorristico facente capo a Francesco Bidognetti. I primi lanci di agenzia stampa annunciati dai tiggì della mattina avevano avvisato che c’era in corso un nuovo blitz contro la criminalità organizzata a Castelvolturno e che almeno la metà degli avvisi di garanzia era destinata a dipendenti e funzionari del Comune e politici locali. Ma fino a quel momento, nessuno dei destinatari degli avvisi era stato ancora raggiunto dagli atti. La lista dei nomi, peraltro, non era stata ancora diffusa. E quindi tutti (o quasi) i dipendenti del Comune si sono presentati regolarmente al lavoro, anche quelli inquisiti, ma che evidentemente non sapevano ancora di esserlo. Ovviamente i volti erano tutti estremamente tesi. C’era confusione, incredulità, imbarazzo, in alcuni casi. Eppure, gli uffici sono rimasti tutti aperti regolarmente; e i cittadini che si sono recati al Comune hanno dovuto solo aspettare più del dovuto per completare le proprie commissioni. La polizia ha lasciato il palazzo comunale alle 12. E soltanto nel pomeriggio, poi, ogni destinatario degli avvisi di garanzia è stato raggiunto dall’atto della Dda. E per tutti sono cominciati, ovviamente, i contatti coi propri legali di fiducia. Il primo a intervenire pubblicamente, ovviamente, l’attuale primo cittadino di Castelvolturno, Antonio Scalzone, di centrodestra, anche lui raggiunto da un avviso di garanzia, che si è detto certo di poter dimostrare la sua estraneità ai fatti contestati nell’ordinanza della magistratura. «Mi auguro, però – ha sottolineato Antonio Scalzone - che i giudici appurino tutti i fatti nel più veloce tempo possibile. E noi dell’amministrazione comunale - ha garantito il sindaco - non faremo nulla per impedirlo; saremo, anzi, a disposizione di qualsiasi tipo di chiarimento». In previsione, peraltro, non c’è alcun tipo di assise speciale, né pubblico dibattito. «Perché il Comune - dice Scalzone concludendo - nonostante tutto deve continuare a lavorare in serenità e affrontare col massimo impegno tutti gli oneri a cui è chiamato quotidianamente». Mentre l’ex sindaco di Castelvolturno, Francesco Nuzzo, di centrosinistra, anche lui inquisito nella medesima ordinanza, e che appena dodici mesi fa pubblicamente dichiarava che «la camorra avrebbe brindato appena lui sarebbe andato via», si è detto «sbigottito dell’atto della Dda di Napoli». «In un mondo che è alla rovescia non mi ci trovo», ha detto l’ex sindaco Nuzzo. E ha aggiunto: «Non so assolutamente niente dei fatti contestati dalla Dda di Napoli. È però un fatto paradossale; proprio ieri, peraltro, ho finito di scrivere un libro sulla mia esperienza di sindaco intitolato “Uomini d'onore e uomini senza onore”». E stando ai reati contestati nelle oltre cinquecento pagine dell’ordinanza della direzione distrettuale antimafia, gli “uomini senza onore” a Castelvolturno sono davvero tanti. © RIPRODUZIONE RISERVATA


16/11/2010
Assemblea tra scioglimenti e ingovernabilità
Il blitz della polizia nel municipio di Castelvolturno non ha stupito i cittadini del posto, abituati alla presenza delle forze dell’ordine nel palazzo comunale. Nel 1992 ci fu il primo scioglimento dell’assise cittadina, per «disordini amministrativi». Nel 1998, invece, il nuovo scioglimento del Comune domiziano, firmato sempre dal Presidente della Repubblica, fu per «probabili infiltrazioni camorristiche». Il 31 dicembre del 2009, poi, ci fu il terzo scioglimento proposto dal ministro degli Interni, e questa volta l’amministrazione fu ritenuta responsabile d’«inadempienza nel servizio della raccolta rifiuti». Nel ’98 e nel 2009 i primi cittadini erano rispettivamente Antonio Scalzone e Francesco Nuzzo, inquisiti nell’ordinanza di ieri. Mentre Lorenzo Marcello, destinatario anche lui di un avviso di garanzia, vicesindaco di Nuzzo, è stato primo cittadino di Castelvolturno dal 1987 al 1992.

Oasi dei Variconi, le attrezzature distrutte dal maltempo e dai vandali. E i fondi non arrivano


11/11/2010

Vincenzo Ammaliato
Dalla pagina dedicata del sito internet dell’ente riserva «Licola, Volturno, Falciano» si legge che è «Una delle ultime aree umide d'Italia, Zona a Protezione Speciale per l'elevato numero di uccelli migratori». Ma chi protegge la stessa Oasi dei Variconi dall’incuria dell’uomo e dal degrado ambientale? Sono bastati pochi giorni di maltempo con venti sostenuti per devastare le strutture prefabbricate istallate all’interno dell’oasi retrodunale alla sinistra della foce del fiume Volturno. Porte divelte, steccionate abbattute, pavimentazione saltata. E probabilmente c’è anche la mano dei vandali all’origine delle precarie condizioni delle strutture dell’Oasi dei Variconi, perché uno dei box per le appostazioni risulta in parte incendiato. In ogni caso i danni offrono la misura precisa di quello che è l’oasi di Castelvolturno e di quello che sarebbe dovuta diventare. L’area, che copre una superficie di circa trenta ettari fu recuperata nel 2004. Fu recintata, istallato un grosso cancello di metallo all’ingresso per impedire l’accesso ai bracconieri e furono create le strutture in legno per favorire un segmento di turismo ambientale molto in crescita nel resto d’Europa, il birdwactching. Eppure, in questi sei anni ben poco è stato fatto. L’amministrazione di Castelvolturno ha affidato ai volontari della protezione civile il controllo dell’area e la gestione degli accessi all’ingresso dell’Oasi. L’ente che lo gestisce, invece, Foce Volturno – Costa Licola – Lago Falciano, lamenta l’investimento di poche risorse per l’area. Il presidente dell’ente, Amelia Caivano, conferma che i finanziamenti per l’Oasi dei Variconi sono fermi al 2005. «I ministeri dell’Agricoltura e quello dell’Ambiente congiuntamente hanno previsto uno stanziamento di fondi a favore dell’ente, ma non per l’area dei Variconi, ma per un progetto di riqualificazione delle vasche delle Soglietelle. Al momento per la zona retrodunale della foce del fiume riusciamo solo a gestire la tutela degli uccelli migratori». Per lo sfruttamento della zona da un punto di vista turistico, quindi, bisognerà ancora attendere molto. Ma intanto l’area necessita di interventi strutturali. Oltre alle attrezzature, in pericolo è la stessa costa alla sinistra del fiume. Lo scorso anno qui le forti mareggiate ruppero gli argini di contenimento della scogliera. Intervenne la provincia con una ditta specializzata ma la forestale bloccò i lavori per il vincolo ambientale che c’è sull’area. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Giu dal balcone, sta meglio bimbo di 6 anni

10/11/2010

Vincenzo Ammaliato
«Il bambino non è più in pericolo di vita», hanno fatto sapere ai genitori i medici dell’ospedale pediatrico Santobono dove è ricoverato il bambino. Da codice rosso, nelle ultime ore della giornata di ieri è passato a quello giallo, e i familiari del piccolo Gennaro De Martino, caduto lunedì sera da un’altezza di quattro metri dal balcone della sua abitazione a Destra Volturno, hanno potuto tirare un primo sospiro di sollievo. La prognosi, però, non è stata ancora sciolta. I sanitari attendono che passino almeno quarantottore prima di pronunciarsi ufficialmente; anche perché il piccolo Gennaro a seguito della tremenda caduta ha riportato fra i numerosi traumi anche una seria emorragia celebrare (che per fortuna sta rientrando velocemente). I medici del nosocomio napoletano, in ogni caso, confidano di trasferire già questa sera il bambino di Castelvolturno dal reparto di terapia intensiva a quello di neurochirurgia. Intanto, sul fronte delle indagini, i carabinieri hanno eseguito i rilievi a casa della famiglia De Martino, ed hanno ascoltato i numerosi testimoni. La dinamica di quella che per fortuna si può definire come «una mancata tragedia» è piuttosto chiara: Gennaro era stato portato a letto nella sua stanza al primo piano dalla mamma, casalinga (il papà è operaio), poco dopo le 22. Qui il piccolo vive insieme, oltre che ai suoi genitori, alla sorellina di una anno e il fratello maggiore di dodici. Dopo avergli rimboccato le coperte, la mamma è scesa al piano di sotto per accudire i due fratelli. Nello stesso momento il volo di quattro metri di Gennaro nel vuoto e lo sgomento dei parenti e dei vicini. Il piccolo, infatti, appena la mamma è andata via è sceso dal letto e si è recato fuori al balcone. Era intenzionato a raggiungere la vicina abitazione della nonna. Gennaro è molto legato alla sua nonna e spesso restava a dormire a casa sua. Ha quindi scavalcato il muretto del balconcino per tentare un salto, magari simile a quelli che fanno abitualmente i suoi eroi dei cartoni animati. Ma subito dopo è stato certamente assalito dalla paura e ha cercato di risalire. Purtroppo la sua presa non ha retto il peso del corpo e di qui il salto nel vuoto di circa quattro metri. A salvargli la vita, probabilmente, una tettoia che ha attenuato la caduta. Il primo a lanciare l’allarme è stato un vicino di casa dei De Martino, che si trova agli arresti domiciliari e in quel momento si trovava sul balcone della sua abitazione. Poco dopo è arrivata sul posto l’ambulanza del 118 e il veloce trasporto alla vicina clinica Pinetagrande. Ma le ferite riportate da Gennaro apparivano troppo gravi. Servivano cure specifiche da parte di un ospedale pediatrico. Da qui la decisione del trasferimento al Santobono di Napoli. Fino a ieri pomeriggio la vita del piccolo Gennaro appariva come appesa a un filo. Poi finalmente nel pomeriggio di ieri sono arrivate le parole rassicuranti dei medici. © RIPRODUZIONE RISERVATA

mercoledì 10 novembre 2010

il ricordo di Makeba, fiori anche dal Comune


10/11/2010

Vincenzo Ammaliato
Lo scorso anno, al primo anniversario della morte della cantante e attivista umanitaria Miriam Makeba, nella piazza di Baia Verde si riunirono numerose persone e molti rappresentanti delle istituzioni. C’erano, oltre ai volontari delle associazioni che in provincia di Caserta si occupano dei diritti degli immigrati, anche esponenti della Regione Campania e della Provincia di Caserta e alcuni funzionari dell’alto commissariato ai rifugiati dell’Onu. L’allora sindaco di Castelvolturno, Francesco Nuzzo, da padrone di casa, tenne un discorso dai toni roboanti. Ieri, a Castelvolturno, ai piedi della stele con l’immagine della cantante Sudafricana per il secondo anniversario si sono ritrovati in pochi. Eppure per loro, i volontari del forum antirazzista della Campania e pochi altri, appena giunti nei pressi del monumento di marmo lo stupore è stato notevole. Avrebbero dovuto depositare un fascio di fiori, fare un piccola preghiera e andare via. Ma qualcun altro li aveva anticipati, deponendo prima degli altri fiori. Fin qui tutto normale, Miriam Makeba era un’artista apprezzata nel mondo intero ed aveva milioni di fan. Se non fosse, però, per il mittente del fascio di fiori: l’amministrazione comunale di Castelvolturno; la stessa amministrazione comunale retta da quell’Antonio Scalzone che lo scorso settembre si era opposto all’istallazione di un monumento in ricordo dei sei africani trucidati dalla camorra nella sartoria etnica del Lago Patria e che in più riprese aveva auspicato a una rivoluzione sul litorale domizio in stile "Rosarno". Eppure, proprio quando nessuno se lo sarebbe aspettato, il sindaco di Castelvolturno ha ritenuto opportuno ricordare la cantante morta durante un concerto dedicato agli immigrati della domiziana. «Decisamente una sorpresa molto gradita - ha sottolineato il mediatore culturale Emiliano di Marco del forum antirazzista – con la speranza che possa iniziare un nuovo percorso nei confronti degli immigrati proprio qui dove più si sente la necessità». © RIPRODUZIONE RISERVATA

Giù dal balcone, sta meglio il bimbo di 6 anni

10/11/2010



Vincenzo Ammaliato
«Il bambino non è più in pericolo di vita», hanno fatto sapere ai genitori i medici dell’ospedale pediatrico Santobono dove è ricoverato il bambino. Da codice rosso, nelle ultime ore della giornata di ieri è passato a quello giallo, e i familiari del piccolo Gennaro De Martino, caduto lunedì sera da un’altezza di quattro metri dal balcone della sua abitazione a Destra Volturno, hanno potuto tirare un primo sospiro di sollievo. La prognosi, però, non è stata ancora sciolta. I sanitari attendono che passino almeno quarantottore prima di pronunciarsi ufficialmente; anche perché il piccolo Gennaro a seguito della tremenda caduta ha riportato fra i numerosi traumi anche una seria emorragia celebrare (che per fortuna sta rientrando velocemente). I medici del nosocomio napoletano, in ogni caso, confidano di trasferire già questa sera il bambino di Castelvolturno dal reparto di terapia intensiva a quello di neurochirurgia. Intanto, sul fronte delle indagini, i carabinieri hanno eseguito i rilievi a casa della famiglia De Martino, ed hanno ascoltato i numerosi testimoni. La dinamica di quella che per fortuna si può definire come «una mancata tragedia» è piuttosto chiara: Gennaro era stato portato a letto nella sua stanza al primo piano dalla mamma, casalinga (il papà è operaio), poco dopo le 22. Qui il piccolo vive insieme, oltre che ai suoi genitori, alla sorellina di una anno e il fratello maggiore di dodici. Dopo avergli rimboccato le coperte, la mamma è scesa al piano di sotto per accudire i due fratelli. Nello stesso momento il volo di quattro metri di Gennaro nel vuoto e lo sgomento dei parenti e dei vicini. Il piccolo, infatti, appena la mamma è andata via è sceso dal letto e si è recato fuori al balcone. Era intenzionato a raggiungere la vicina abitazione della nonna. Gennaro è molto legato alla sua nonna e spesso restava a dormire a casa sua. Ha quindi scavalcato il muretto del balconcino per tentare un salto, magari simile a quelli che fanno abitualmente i suoi eroi dei cartoni animati. Ma subito dopo è stato certamente assalito dalla paura e ha cercato di risalire. Purtroppo la sua presa non ha retto il peso del corpo e di qui il salto nel vuoto di circa quattro metri. A salvargli la vita, probabilmente, una tettoia che ha attenuato la caduta. Il primo a lanciare l’allarme è stato un vicino di casa dei De Martino, che si trova agli arresti domiciliari e in quel momento si trovava sul balcone della sua abitazione. Poco dopo è arrivata sul posto l’ambulanza del 118 e il veloce trasporto alla vicina clinica Pinetagrande. Ma le ferite riportate da Gennaro apparivano troppo gravi. Servivano cure specifiche da parte di un ospedale pediatrico. Da qui la decisione del trasferimento al Santobono di Napoli. Fino a ieri pomeriggio la vita del piccolo Gennaro appariva come appesa a un filo. Poi finalmente nel pomeriggio di ieri sono arrivate le parole rassicuranti dei medici. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Il cortometraggio sulla Domiziana vince il premio "l'anello debole"


09/11/2010

foto, video e interviste per spiegare l'esistenza di chi vive ai margini

Vincenzo Ammaliato
«Campania d’Africa» è il cortometraggio che si è aggiudicato il primo premio del Festival l’Anello Debole nella specifica sezione, organizzato dalla Comunità Capodarco di Fermo. E la protagonista del documentario è la via Domiziana: «Campania d’Africa» attraversa e racconta l’antica strada romana con le sue milleuno contraddizioni che la caratterizzano e che l’hanno resa popolare al mondo intero. L’autore è un giovane fotografo freelance romano. Francesco Alesi, questo il suo nome, si è immerso per oltre un paio di settimana nelle viscere della costa casertana, per comprendere appieno il microcosmo del territorio ed ha scattato migliaia di foto e conversato con chiunque. I suoi ciceroni (o i suoi «Caronte», a secondo dei punti di vista) sono stati due immigrati irregolari africani che qui vivono, o meglio, «che sopravvivono - come racconta il documentario - e che quando c’è lavoro sono impegnati nei piccoli cantieri edili abusivi o nelle campagne». Gwasi ed Emanuel, sono i loro nomi. «Sono giovani, sono clandestini, sono poveri – spiega Alesi nel suo Campania d’Africa - sono come gran parte degli immigrati che risiede in zona. E, sono, soprattutto, tantissimi: a Castel Volturno c’è la percentuale più alta d’Europa di extracomunitari provenienti dalla zona sub-shariana». Il documentario dura poco più di cinque minuti. Ha una struttura dinamica, formata da una lunga serie di suggestive fotografie, intervallate dalle interviste dell’autore agli immigrati. La colonna sonora, poi, realizzata da Marco Guglielmi, è un rep nell’inglese spurio parlato dagli immigrati africani. Le musiche, in pratica, sono cucite addosso al cortometraggio e rendono l’opera ancora più struggente. «È la perfetta cooperazione dei tre elementi, fotografia, intervista e musica, che ha convinto la giuria a premiare Campania d’Africa – ha spiegato Gian Luigi Cozzi, della segreteria del festival della comunità Capodarco – peraltro, ha aggiunto il direttore Cozzi, il tema è di stringente attualità». Ma è un’attualità che lungo la via Domiziana si ripete da oltre venti anni, giorno dopo giorno. «Avrei avuto il piacere che a ritirare il premio - ha detto Alesi - fossero stati i miei due amici di viaggio afrodomiziani. Ma loro non possono muoversi da Castel Volturno: troppo rischioso, potrebbero essere fermati dalle forze dell’ordine e arrestati perché clandestini". Bizzarro il loro destino, hanno vinto un premio ad un festival, eppure non possono ritirarlo, non possono farsi le foto di rito sorridenti, possono solo lavorare da clandestini sulla Domiziana. © RIPRODUZIONE RISERVATA

sabato 6 novembre 2010

Appalti anticamorra, comunali a lezione

06/11/2010

Vincenzo Ammaliato Castel Volturno.
Dipendenti e funzionari del Comune di Castelvolturno a lezione di «trasparenza». L'amministrazione comunale litoranea ha aderito al progetto «Appalto Sicuro», predisposto dal ministero dell'Interno e da quello della Funzione pubblica per contrastare la corruzione e l'infiltrazione della criminalità organizzata negli appalti pubblici. Il progetto è gestito dalla società Facultas Agendi, che con una raccomandata spedita la scorsa settimana a tutti i sindaci dei Comuni della Campania ha invitato i dipendenti amministrativi a prendere parte ai corsi. I posti disponibili sono milleduecento e il Comune di Castel Volturno ha già prenotato i banchi per il suo personale. I corsi (che saranno per gli enti completamente gratuiti) avranno una durata semestrale e partiranno dal prossimo mese di gennaio. In sintesi, i dipendenti comunali che torneranno studenti per un semestre, saranno formati sulle nuove procedure in materia di trasparenza sugli appalti previsti dal recente codice degli Appalti Pubblici, sulle specifiche direttive comunitarie e su come istaurare la giusta sinergia con le forze dell'ordine e la magistratura. L'imperativo è tenere fuori dalle amministrazioni comunali le organizzazioni criminali. E in un territorio come il litorale domizio il progetto assume una valenza notevole. Peraltro, Castel Volturno ha già aderito alla «Stazione unica appaltante» della provincia. © RIPRODUZIONE RISERVATA

quattro fermi, per gli inquirenti sono emissari del clan La Torre

06/11/2010

Vincenzo Ammaliato Mondragone.
È il clan che cerca di risorgere dalle sue ceneri. Anche le quattro persone per cui ieri sono stati disposti i fermi di polizia, secondo gli agenti del commissariato litoraneo e la procura distrettuale antimafia di Napoli che ha firmato gli atti, appartengono al sodalizio criminale dei La Torre, o meglio a quello che è rimasto del clan. Destinatari del provvedimento Roberto Lucci, 22 anni, di Napoli, Francesco Friani, 18 anni, di Formia, Elis Fero, 22 anni, albanese, Ferdinando Longobardi, 22 anni, di Gaeta. In carcere ci sono già tutti i capi e i soldati della vecchia cosca. Secondo gli inquirenti i quattro giovani erano specializzati nello spaccio di sostanze stupefacenti. Lo stesso business illegale delle undici persone arrestate sempre a Mondragone nel corso dei primi dieci mesi di quest’anno. Probabilmente, ritengono gli investigatori, gli eredi del clan La Torre stanno cercando di ricompattare le fila, e per finanziarsi stanno investendo ingenti risorse nel mercato degli stupefacenti, facendo di Modragone una piazza di spaccio molto fornita, dove è possibile trovare qualsiasi tipo di sostanza stupefacente, un po’ come succede già da anni nel quartiere Scampia a nord di Napoli. E quando le forze dell’ordine colpiscono con arresti e controlli, partono anche le rappresaglie. Nel fermo di polizia si fa riferimento anche all’incendio doloso di un’autovettura avvenuta la scorsa settimana. L’automobile era parcheggiata accanto a quella di un ispettore di polizia del commissariato di Castelvolturno. in pratica, lo stato parallelo attacca, quello legittimo risponde © RIPRODUZIONE RISERVATA

Mafia nigeriana, trafficante in manette


5/11/2010

Un latitante nigeriano, Edokpa Godwin, di 35 anni, già indagato per traffico internazionale di stupefacenti, è stato catturato da agenti del commissariato di Castel Volturno. L'extracomunitario è stato bloccato, dopo un lungo inseguimento, mentre a bordo di una vettura stava per raggiungere l'aeroporto di Capodichino per imbarcarsi su di un'aereo diretto al Nord Italia. Godwin era stato colpito da un ordine di carcerazione emesso nel luglio scorso dalla Procura Generale della Corte di Appello di Napoli, dovendo scontare circa due anni perché condannato con sentenza definitiva, per produzione e spaccio di stupefacenti per grosse quantità. Negli ambienti della comunità nigeriana del Casertano l'arrestato è considerato elemento di spicco di organizzazioni dedite al traffico internazionale di stupefacenti. Nel 2002, insieme con altri suoi connazionali, Godwin fu arrestato per produzione e traffico di sostanze stupefacenti, per tentata rapina e sequestro di persona. C'è soddisfazione al commissariato del litorale per l'arresto di quello che è considerato dagli inquirenti un «pezzo da 90» nel mondo criminale della cosiddetta «mafia nigeriana». I'immigrato trentacinquenne, infatti, potrebbe far parte del gruppo dei cosiddetti «The Eye» (i rapaci), che rappresenta per la Nigeria il corrispettivo della «cupula» per la mafia siciliana. A confermare questa tesi la lunga serie di precedenti penali dell'uomo, che vanno dal traffico di sostanze stupefacenti alla resistenza a pubblico ufficiale, dalla contrafffazione di documenti al sequestro di persone. Con questo ultimo tipo di reato, peraltro, la mafia nigeriana finanzia i traffici di stupefacenti. E a castelvolturno i sequestri di persona cosiddetti «lampo» all'interno della stassa comunità di nigeriani sono molto frequenti. Al vaglio degli inquirenti, adesso, c'è il percorso che ha compiuto Gowin prima di essere bloccato dagli agenti di polizia e arrestato. L'uomo, infatti, è stato fermato nel quartiere di Secondigliano; vicino all'aeroporto di Capodichino, ma anche alle piazze di spaccio di droga di Scampia. Qui potrebbero esserci dei consolidati rapporti d'affari fra i trafficanti nigeriani e quelli di Secondigliano. v.amm. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Non paga l'affitto, il proprietario gli spara



Castel Volturno Lite per la riconsegna del bar far west sulla Domiziana

Vincenzo Ammaliato Castel Volturno.
La cornetteria non fa più affari e decide di chiuderla ma non lascia i locali nei tempi stabiliti e non paga due mesi di affitto rischiando di rimetterci la vita. Il proprietario, esasperato dal ritardo, decide di farsi giustizia da sè e gli spara. Episodi ordinari, che soprattutto in periodi di crisi economiche come quelli attuali si ripetono spesso e che terminano solitamente con il ricorso delle parti alle vie legali. A Castel Volturno, invece, ieri si è sfiorata la tragedia, perché la disputa si è conclusa non con i classici valori bollati, ma con una sparatoria e un ferito ricoverato in ospedale in gravi condizioni. Teatro della lite degenerata è stato il Villaggio del Sole (o Villaggio Agricolo, come è chiamato dai residenti). Qui, a metà strada fra il centro storico e Pinetamare, sulla via Domiziana, Luigi Iovino, quarantasette anni e parente di una famiglia già nota alle forze dell’ordine (i Del Giudice) aveva aperto oltre un anno fa il bar-cornetteria «Voce e Notte». Gli affari non sono mai andati a gonfie vele, ma negli ultimi mesi, racconta la gente del posto, incassava pochi euro al giorno. La scorsa estate, quindi, la decisione di chiudere l’attività e la comunicazione al proprietario dell’immobile, il sessantaseienne Paolo De Crescenzo (titolare anche dell’omonima agenzia immobiliare), che avrebbe liberato i locali entro il 30 ottobre. Eppure, nonostante avesse abbassato per l’ultima volta la serranda della cornetteria la scorsa settimana, fino a ieri non aveva ancora liberato il locale delle sue attrezzature, e non aveva neanche consegnato le chiavi al proprietario. I due si sono incontrati poco prima dell’ora di pranzo, proprio nei pressi del locale. Stando alle testimonianze raccolte dai carabinieri che hanno seguito la vicenda, Paolo De Crescenzo avrebbe mostrato immediatamente tutto il suo disappunto a Luigi Iovino per non aver ancora lasciato libero l’immobile. E quest’ultimo, piuttosto che cercare di trovare una soluzione pacifica per i pochi giorni che gli sarebbero serviti ad adempiere ai suoi obblighi di affittuario, lo avrebbe senza tanti giri di parole mandato al diavolo. La cronaca dell’episodio, poi, vede De Crescenzo andare su tutte le furie e indirizzarsi verso casa sua (che dista poco dal luogo), per tornare pochi minuti dopo impugnando una pistola. Luigi Iovino appena ha notato l’arma ha tentato di scappare a piedi attraversando la via Domiziana. De Crescenzo a questo punto, però, ha esploso tre colpi di pistola: i primi due sono andati a vuoto (rischiando addirittura di colpire qualche automobile in transito); il terzo, invece, ha colpito Iovino alla schiena, facendolo cadere a terra. Immediata la chiamata dei soccorsi da parte dei passanti, mentre De Crescenzo ha lasciato il luogo della sparatoria. Pochi minuti dopo sono giunti i sanitari che hanno portato il ferito alla vicina clinica Pinetagrande, e i carabinieri che si sono messi sulle tracce dell’aggressore. De Crescenzo, però, non è stato trovato a casa sua, né in quella dei figli. Un paio d’ore dopo la svolta: il sessantaseienne ha risposto ad una chiamata al suo telefono cellulare effettuata proprio dai carabinieri. «Mi trovo a Villa Literno a casa di un mio conoscente - ha detto ai militari dell’arma - venite pure a prendermi, mi consegno alle forze dell’ordine». Per lui sono scattate le manette, con l’accusa di porto abusivo d’arma e tentato omicidio. Per Iovino, invece, i sanitari hanno escluso un immediato intervento chirurgico per estrarre il proiettile dalla schiena. La sua prognosi resta riservata. Ma secondo i medici del pronto soccorso non è in pericolo di vita. © RIPRODUZIONE RISERVATA


La confessione
«Ho agito d’impeto, lui è stato arrogante e ho perso la testa»

04/11/2010

«Non volevo litigare, meno che sparare. Si è comportato da arrogante e alla mia richiesta di lasciare libero il locale secondo i patti mi ha risposto che se non fossi andato via dall'immobile mi avrebbe rotto anche la gamba che ho ancora sana». Paolo De Crescenzo, si trova di fronte al maresciallo dei carabinieri Antonio Izzo nella caserma di via Cavour. Ha la testa calata nelle spalle e le stampelle che usa per camminare adagiate alla sedia mentre racconta al militare la sua versione dei fatti. Abita a Castelvolturno da circa venti anni e nessuno in zona si ricorda di lui come di un tipo violento. «È stato un momento d'impeto, ha raccontato il sessantaseienne ai carabinieri». Alcuni testimoni peraltro, sembra abbiano confermato la sua testimonianza. Decrescenzo, infatti, dopo essere stato offeso da Iovino, gli avrebbe detto: «Se non lasci immediatamente il locale ti sparo». E l'affittuario avrebbe risposto sfidandolo: «Fammi vedere se hai coraggio». Il resto della cronaca è fatto dal suono di tre colpi d'arma da fuoco esplosi alle 12 e 50 al chilometro 29 della via Domiziana, dalle urla di un uomo ferito e dalle sirene dei mezzi di soccorso. © RIPRODUZIONE RISERVATA


Inquilino ferito, necessario l'intervento

05/11/2010
Appello dell'avvocato del proprietario del locale: "E' ammalato, va liberato"
«Il quadro clinico del paziente è stabile», fanno sapere i medici del reparto di neurochirurgia della clinica Pinetagrande, delle condizioni di salute di Luigi Iovino, ricoverato dallo scorso mercoledì pomeriggio a seguito di una ferita d’arma da fuoco. Il proiettile, esploso da una pistola di piccolo calibro, 6.35, è ancora conficcato nella sua schiena. I medici hanno deciso di tenere il paziente sotto osservazione almeno quarantottore prima di decidere se operarlo o meno, anche perché prima che fosse stabilizzato ha perso molto sangue. La prognosi del quaratottenne, titolare del bar cornetteria Voce e Notte, non è stata ancora sciolta, ma i sanitari del presidio di Castelvolturno sono certi che non sia in pericolo di vita, né che il proiettile abbia leso in maniera seria parti del corpo. E questa mattina sarà ascoltato dal giudice del tribunale anche il suo aggressore, Paolo De Crescenzo, 66 anni, da mercoledì sera nel carcere di San Tammaro. Per lui le accuse sono di lesioni gravi, tentato omicidio e porto abusivo d’armi. La pistola che ha usato per colpire il suo inquilino, hanno fatto sapere i carabinieri, era dotata di un regolare porto d’armi. De Crescenzo, però, non poteva portarla fuori dalla sua abitazione carica e montata, così come è avvenuto l’altro giorno. La lite fra inquilino moroso e proprietario, infatti, è avvenuta lungo la Domiziana, all'altezza del chilometro 29. Tre sono stati i colpi esplosi da Paolo De Crescenzo, durante il furioso impeto di rabbia. Uno quello che ha centrato alla schiena Iovino. Il legale del sessantaseienne, intanto, Ferdinando Letizia, attende l’interrogatorio che il giudice del tribunale farà oggi al suo cliente con particolare apprensione. «Il mio assistito, dice il legale, è una persona che non ha mai mostrato comportamenti violenti ed è benvoluto da tutto coloro che a Castelvolturno lo conoscono. Peraltro, aggiunge, è anche gravemente malato, a causa di problemi coronarici che lo costringono spesso a lunghe degenze ospedaliere». Anche i residenti del Villaggio Agricolo, dove abita De Crescenzo, descrivono l’uomo «come di una persona tranquilla e rispettosa delle regole». «È un uomo tutto d’un pezzo e di sani principi - sottolinea un commerciante del Villaggio Agricolo - Ricordo lo scorso anno, aggiunge, quando dopo il furto della sua automobile da poco acquistata ricevette la telefonata dei ladri che in cambio del veicolo gli chiesero la somma di duemila euro. Potete anche bruciarla, fu la sua risposta, perché a dei ladri come voi io non darei neanche un centesimo bucato. E la vettura, peraltro, non era neanche coperta dall'assicurazione sul furto». © RIPRODUZIONE RISERVATA

03/11/2010


Vincenzo Ammaliato
Una corona di fiori per ricordare Miriam Makeba, la cantante simbolo del continente nero, morta a Castelvolturno nel 2008 durante un concerto in memoria dei sei africani uccisi nella sartoria etnica del Lago Patria. Martedì ricorre il secondo anniversario della morte della cantante nota anche col nome di Mama Africa, e il Forum Antirazzista di Caserta ha pensato di ricordarla in questo modo, deponendo una corona di fiori ali piedi della sua lapide. Lo scorso anno, in occasione del primo anniversario della sua morte, a Baia Verde c’erano oltre ai volontari delle associazioni che sul litorale domizio si occupano degli immigrati anche numerose personalità pubbliche. In questi dodici mesi il clima è cambiato, e con molta probabilità i responsabili del forum si troveranno soli nel ricordo della cantante. «Poco male», direbbe se potesse Miriam Makeba, rassicurando la folla. E subito dopo regalerebbe il suo classico sorriso ai presenti e intonerebbe Pata Pata, invitando tutti a seguirla nel ritmo e nella passione che l'anno sempre contraddistinta. © RIPRODUZIONE RISERVATA

lunedì 1 novembre 2010

Un postino in pensione, due malati. ufficio in tilt

31/10/2010


Vincenzo Ammaliato
Un portalettere va in pensione, due si ammalano e ad un’altra coppia di postini scade il contratto determinato di lavoro; nessuno di loro viene sostituito. Capita tutto contemporaneamente all’ufficio postale di Castelvolturno che conta nella pianta organica appena tredici portalettere; e il caos delle lettere nel paese domiziano è inevitabile. Da circa due settimane a Castelvolturno il servizio della consegna della posta è effettuato dai pochi postini disponibili, che, ovviamente, nonostante gli sforzi non riescono a coprire l’intero territorio lungo circa trenta chilometri. E la conseguenza è che alcune zone del litorale si trovano senza il servizio della consegna delle lettere, e all’ufficio postale si stanno creando quotidianamente delle lunghe code di persone esasperate alla ricerca della propria corrispondenza. Ma non solo questo. Le denunce dei cittadini di Castelvolturno all’ente Poste, infatti, cominciano ad essere numerose. Ieri è stata la volta di un gruppo di familiari di detenuti, che non ricevendo puntualmente le lettere dei propri congiunti rinchiusi in carcere si sono rivolti ai carabinieri. Negli uffici postali del centro storico e di Pinetamare i due direttori allargano le braccia; sono in attesa da molto tempo di nuove assunzioni. Il coordinatore dei portalettere, Franco Merenda, sostiene che ci sono grossi problemi strutturali che andrebbero sistemati immediatamente, altrimenti i disagi per la gente e per gli stessi dipendenti delle Poste nei prossimi giorni potranno soltanto aumentare. Ma la zona di Castelvolturno a quanto pare non fa gola ai portalettere casertani, che la ritengono particolarmente complicata da gestire. Intanto, la direzione generale delle Poste invita gli utenti di Castelvolturno a pazientare ancora per non più di una decina di giorni. La prossima settimana, infatti, dovrebbero essere assunti dei nuovi portalettere (sempre con contratto a tempo determinato) e saranno immediatamente inseriti nelle zone rimaste libere del litorale domizio. In ogni caso, sempre dalla direzione delle Poste si fa presente che nonostante gli oggettivi problemi che ci sono in zona, si sta facendo di tutto per consegnare le raccomandate e selezionare quelle lettere ritenute importanti in modo da non lasciarle a terra. In pratica, la corrispondenza che starebbe restando in giacenza e non consegnata sarebbe esclusivamente quella pubblicitaria. © RIPRODUZIONE RISERVATA