venerdì 30 gennaio 2009

Fiume in piena, allarme ponte


30/01/2009

VINCENZO AMMALIATO Anche sul litorale domizio ieri è comparso un pallido sole e la pioggia ha concesso una tregua. Questo ha permesso agli uomini della polizia municipale di accertare con precisione l'entità dei danni provocati dalle insistenti precipitazioni cadute negli ultimi giorni. Stando a quanto verificato dai vigili, le strutture più colpite dal cattivo tempo sembrano essere state quelle degli stabilimenti balneari. «Solo nella zona di Bagnara e Pescopagano - ha detto il comandante della polizia municipale di Castelvolturno Vincenzo Cassandra - sono stati contati almeno quindici lidi che hanno subito danni seri». A tal proposito, l'amministrazione comunale sta valutando l'opportunità di richiedere alla Regione Campania lo stato di calamità naturale. Il solo gestore del lido La Pace ha denunciato ai dirigenti del Comune di aver subito danni stimabili fra i cinquanta e i centomila euro. Ma le perturbazioni degli ultimi giorni non hanno colpito solo le strutture. Ancora una volta, come avviene ormai periodicamente in ogni stagione invernale, il mare ha rosicchiato molti metri alla già seriamente compromessa spiaggia del litorale di Castelvolturno. I tratti dove l'erosione ha creato maggiori problemi sono quelli di Pescopagano e Ischitella, dove ormai è rimasto poco più di un lembo d'arenile. Nella località di Bagnara, addirittura, dove manca alcun tipo di scogliera protettiva, il mare ha invaso i viali della località, penetrando in numerose abitazione e inondando i garage. I vigili del fuoco della stazione di Mondragone stanno valutando, hanno fatto sapere dalla polizia municipale, di far evacuare almeno un paio di abitazioni ritenute troppo a rischio qualora piovesse nuovamente. E sempre dovuti al maltempo sono da imputare anche i problemi registrati alla foce del fiume Volturno e alla base del grosso ponte della Domiziana. Qui si sono depositati durante le ultime giornate di copiosa pioggia numerosi detriti argillosi, sabbiosi e grossi fusti d'albero. Questo sta creando delle pericolosi correnti, tale da impedire qualsiasi tipo di navigazione, oltre al rischio per la struttura del ponte stesso. A tal proposito l'assessore all'ecologia del Comune litoraneo, Valerio Boccone, ha scritto alla provincia di Caserta affinché intervenga per rimuovere i detriti. L'ente di corso Trieste ha risposto che il problema sarà risolto nel giro di un paio di settimane; ma l'assessore Boccone ritiene che i tempi indicati siano troppo lunghi. «Il problema dei detriti alla base del ponte è piuttosto serio - ha spiegato il componente della giunta guidata dal sindaco Francesco Nuzzo - le correnti spingono a una forza cinque volte maggiore del solito e il fiume è in piena. Bisogna intervenire immediatamente - ha concluso - per evitare che possano verificarsi delle vere e proprie tragedie».

giovedì 29 gennaio 2009

Deficit per i clandestini opposizione contro Nuzzo


28/01/2009
L’ex sindaco: dica chiaramente se sono un problema o una risorsa
VINCENZO AMMALIATO I dati diffusi dal sindaco di Castelvolturno Francesco Nuzzo sul peso economico degli immigrati irregolari sulle casse comunali e di quanto, a suo parere, incidano gli stessi extracomunitari senza permesso di soggiorno sulla quasi bancarotta del Comune costiero hanno sollevato sul litorale un vespaio di polemiche, forse inattese dallo stesso primo cittadino. «Che si occupi essenzialmente dei truffatori e degli evasori», ha commentato con sarcasmo il suo ex assessore e dirigente di Italia dei Valori, Tommaso Morlando. L’ex responsabile dell’assessorato all’ecologia fa riferimento soprattutto ai ben sette milioni di euro annui di evasione Ici sulle seconde case che il Comune di Castelvolturno non riesce assolutamente a recuperare. Inoltre, sempre secondo Morlando, anche la lamentela sulle tasse dei rifiuti non pagate dagli immigrati è piuttosto sterile; in quanto, a suo dire, «il Comune ha la possibilità di rifarsi direttamente sui proprietari degli immobili, qualora il credito vantato dall’inquilino non sia esigibile. Il territorio di Castelvolturno - ricorda ancora Morlando - fu svenduto negli anni ’80 dagli allora amministratori locali per settantacinque posti di lavoro. In cambio di un aumento della pianta organica dei dipendenti comunali fu permesso alla Regione Campania di violentare il nostro territorio. Ho l’impressione - conclude l’ex assessore - che sfruttando l’emergenza immigrazione si possa in questi giorni commettere lo stesso errore». Critiche a Nuzzo anche da parte dell’ex primo cittadino Antonio Scalzone, tirato in ballo peraltro proprio da Nuzzo «per non aver messo a ruolo la tassa sui rifiuti durante la sua amministrazione». Secondo Scalzone invece «Nuzzo mente spudoratamente sulle cifre comunicate. Delle due l’una - attacca Scalzone - o il sindaco di Castelvolturno dice menzogne, oppure è incapace a gestire le sorti di un’amministrazione comunale. Da almeno sei mesi - ricorda Scalzone - noi consiglieri di minoranza denunciavamo i problemi di bilancio, e puntualmente il primo cittadino ci tacciava di essere dei catastrofisti. Non nego che il problema dell’inesigibilità dei crediti per servizi prestati agli immigrati irregolari sia un grosso problema - incalza l’ex sindaco - ma come mai Francesco Nuzzo oggi si lamenta che gli extracomunitari lo portano alla bancarotta e appena un mese fa, durante l’approvazione in consiglio comunale di numerosi progetti a favore degli immigrati, li riteneva invece una risorsa per il territorio?». Anche per don Antonio Palazzo, parroco di Pinetamare, «non è corretto imputare principalmente agli immigrati le falle nel bilancio comunale. Sul territorio - sottolinea - ci sono anche molti italiani che utilizzano i servizi comunali e non sono residenti. Quando negli anni ’80 e nei primi anni ’90 era la nostra Caritas a gestire il flusso di immigrati che venivano in zona, tutto era svolto su base esclusivamente volontaria e con rigoroso pragmatismo. Il Comune interveniva economicamente solo per coprire le spese degli extracomunitari che decidevano di lasciare la zona per cercare lavoro nel nord del Paese».

«Troppi clandestini, Comune verso il dissesto»


27/01/2009
Quindici milioni di euro di debiti per una cittadina che conta una popolazione ufficiale di 22mila residenti, di cui 1959 extracomunitari e 435 cittadini comunitari, più alcuni migliaia di clandestini «fantasmi», sono un fardello non più sopportabile per l’esangui casse dell’ente locale. «Castelvolturno è vicina alla bancarotta» è l’allarme lanciato dal sindaco Francesco Nuzzo, che sull’immigrazione sta giocando la vera partita del suo mandato. I dati elencati dal primo cittadino sulla presenza degli stranieri irregolari, che però vivono sul territorio e usufruiscono dei servizi pagati dal Comune, sono quelli già pubblicati dal Mattino l’undici gennaio scorso. Ma negli ultimi giorni è accaduto che qualche creditore ha iniziato a bussare alle porte comunali con decreti ingiuntivi e la situazione si è aggravata. Tra questi una casa famiglia gestita dall’Ente che ha accudito per tre anni una donna marocchina con i suoi quattro figli come ordinato dal Tribunale presentando ora il contro, pari a 100mila euro. Venerdì arriverà a Caserta il sottosegretario all’Interno Alfredo Mantovano, per fare il punto sull’emergenza criminalità e sulla questione immigrazione, che vede Castelvolturno esposta quanto Lampedusa. «Ringrazio il governo per l’intervento realizzato dopo la strage del 18 settembre - afferma il sindaco - ma non c’è solo la sicurezza a preoccuparci. Servono subito 15 milioni di euro per tornare alla normalità. Le casse dell’Ente sono ormai vuote; la maggiorparte dei soldi li spendiamo per aiutare gli extracomunitari, di cui 15mila sono clandestini, sprovvisti di mezzi per spostarsi e, senza un aiuto dell’ente pubblico, incapaci di accedere a qualunque servizio». Ecco quindi i dati, che Nuzzo presenterà anche a Mantovano. «Solo per l’assistenza agli immigrati - spiega - bambini compresi, spendiamo ogni anno 300mila euro, altri 100mila per i funerali e il trasporto della salme in patria. Si pensi che per il trasporto a scuola dei figli degli extracomunitari sopportiamo un costo di 220mila euro annui. C’è poi il capitolo dei rifiuti prodotti . continua Nuzzo - 50 tonnellate al giorno, contro le 20 del vicino comune di Mondragone che ha però 4mila residenti in più: spendiamo così quasi nove milioni all’anno per coprire il servizio, di cui ben tre non recuperabili con la Tarsu perché si tratta di extracomunitari che non compaiono da nessuna parte, o si spostano come fantasmi. In generale - conclude - non riusciamo a riscuotere più del 50% delle imposte della popolazione». Nella voce relativa ai servizi sociali, «19mila euro al mese - dice Rosalba Scafuro, assessore comunale al ramo - li spendiamo per assistere quei minori stranieri che il Tribunale affida alle case famiglia». Cifre piuttosto alte ma che non trovano d’accordo la Caritas diocesana, che opera a Castelvolturno con il centro Fernandes o l’associazione di volontariato Jerry Masslo: la popolazione clandestina «si aggirerebbe sulle 6mila unità», afferma Renato Natale, ex sindaco di Casal di Principe e soprattutto medico che presta cure gratuite tre volte a settimana ai clandestini.


Casale: problema vero, ma anche tanti italiani senza residenza
«Gli extracomunitari irregolari pesano certamente sulle casse comunali, ma non rappresentano il solo capitolo di crediti non esigibili dell'amministrazione di Castelvolturno». Antonio Casale, direttore del Centro di accoglienza Fernades, non accetta che gli irregolari siano indicati come i primi responsabili del deficit comunale. «Il dato secondo cui gli extracomunitari sprovvisti di documenti che vivono sulla Domiziana godono gratuitamente di servizi comunali è oggettivo - dice Casale - ma è pur vero che non sono i soli a non corrispondere quanto dovuto alle casse dell'ente di piazza Annunziata. In zona - spiega il direttore del Fernades - vivono senza avere la residenza molte migliaia di italiani. E il dato relativo al peso procapite dei rifiuti urbani s'impenna a Castelvolturno anche perché, nei weekend e in estate, arrivano numerosi pendolari. Senza considerare, poi, i rifiuti prodotti dagli alberghi e dalle numerose cliniche private». Ma, analizzando nel dettaglio il peso economico che rivestono sul litorale gli immigrati irregolari, si scopre anche un aspetto particolarmente peculiare del litorale domizio. «Gli extracomunitari irregolari, al pari di quelli con permesso di soggiorno, sono dei consumatori - dice Jean Bilongo, un mediatore culturale e giornalista che vive e lavora da dieci anni a Castelvolturno - è ingeneroso, continua Bilongo, che siano considerati solo come causa d'incremento della spesa sociale. Gli immigrati irregolari, mangiano, bevono, ricaricano il telefono cellulare, giocano al lotto, si rivolgono agli avvocati e quindi spendono molti soldi. Spese (comprese quelle per pagare i fitti delle abitazioni) che vengono iniettate nel circuito economico locale, contribuendo a tenerlo vivo; poiché gli esercizi commerciali a loro volta versono una parte del ricavato in imposte comunali». vin.am.

Blitz anti-clandestini polemica a Castelvolturno


25/01/2009
VINCENZO AMMALIATO Sui controlli anti-immigrazione clandestina e sugli interventi di ripristino della legalità è polemica a distanza tra il questore di Caserta e le associazioni pro-immigrati. «La polizia di Caserta ha una tale cultura della democrazia, che il suo operato è al di sopra di ogni sospetto», ha detto ieri il questore Carmelo Casabona intervenendo sul blitz compiuto a Castelvolturno nelle ultime ore contro vari fenomeni di abusivismo e illegalità. Di fronte alla denuncia delle associazioni, che hanno riferito di presunte frasi razziste indirizzate agli extracomunitari nel commissariato di polizia, Casabona ha precisato che «la polizia di Stato sta agendo attraverso operazioni chirurgiche sul territorio di Castelvolturno, che mirano a isolare gli irregolari che delinquono, non quelli che lavorano. Noi non colpiamo nel mucchio». Secondo il questore esiste il rischio, invece, che le denunce siano «strumentalizzate» da chi ha interesse a «disturbare» il lavoro delle forze dell’ordine, perché ha interesse a che il territorio resti presidio della criminalità. La Rete antirazzista e il Movimento dei migranti e dei rifugiati di Caserta hanno invece denunciano «lo spreco di denaro pubblico in una operazione risoltasi in un buco nell’acqua». La Rete ha evidenziato il fermo, «in molti casi ingiustificato», di oltre 70 extracomunitari, e «alcuni atteggiamenti razzisti» denunciati dagli stessi immigrati da parte dagli agenti «che cercavano droga e armi e non hanno trovato nulla». Si sarebbe trattato, a loro dire, di un «blitz nel mucchio. Non è stato trovato neanche un grammo di droga - accusano - né sono state trovate armi o latitanti. I migranti e i rifugiati titolari di un permesso di soggiorno sono stati denunciati in quanto ospitavano in casa amici, fidanzati, mariti, mogli, sorelle e fratelli colpevoli di non avere un permesso di soggiorno. Undici donne sono state trasferite al Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria (Roma) e sei sono detenute al Cie di Bari. Altri migranti e rifugiati sono stati rilasciati». Ma l’azione di controllo da parte dello Stato non si ferma. Ieri la polizia ha sequestrato un immobile, al civico 22 di via Caltanisetta, al Parco Lagani. Qui, gli agenti del locale commissariato durante il blitz dello scorso giovedì mattina hanno sorpreso numerosi immigrati che vivevano sotto lo stesso tetto, tutti sprovvisti di permesso di soggiorno e senza che il proprietario dell’edificio avesse comunicato alle forze dell’ordine la cessione del fabbricato né, ovviamente, registrato alcun tipo di contratto di fitto. Gli atti del procedimento, adesso, sono passati alla Procura della Repubblica, che dovrà valutare l’opportunità di provvedere alla confisca della villa di due piani. Il proprietario dell’immobile sequestrato, L.A., 65 anni, non è l’unico cittadino italiano che ha subito un provvedimento della polizia giudiziaria. Altri tre proprietari di altrettanti immobili controllati al Parco Lagani dovranno rispondere di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

Disagi e contraddizioni di un ex «buen retiro»
Il primo nucleo di ville del Parco Lagani fu costruito sul finire degli anni ’60 ai margini della via Domiziana al chilometro 34 della statale. Dieci anni dopo le abitazioni del quartiere realizzato di fronte al Villaggio Coppola contavano già circa trecento unità immobiliari. Nelle villette a uno o due piani con giardino e posti auto abitavano in prevalenza famiglie originarie del Napoletano, scappate dal caos metropolitano alla ricerca di una tranquillità che il litorale domizio riusciva in quegli anni ancora a offrire. Del comfort e dei servizi del parco approfittarono anche numerose famiglie di militari statunitensi in servizio alla Nato. Nei primi anni ’80, invece, con l’arrivo in zona degli sfollati del terremoto, iniziò il declino del paese costiero e con esso anche del parco Lagani. Quando, poi, i terremotati tornano a fine anni ’80 nei loro paesi d’origine il quartiere non riuscì più a risollevarsi, come fatto, invece da altre località della zona. Le abitazioni restarono quasi tutte vuote, e con grossi problemi strutturali. Molti dei proprietari, però, piuttosto che ristrutturare le ville, preferirono fittarle ai tanti extracomunitari che in quegli anni venivano in massa nella zona per i raccolti nei campi agricoli; gente che non aveva grosse pretese. Negli ultimi venti anni il parco Lagani è stato spesso al centro delle cronache giudiziarie della zona. Qui è concentrato gran parte dello spaccio di droga che avviene sulla Domiziana. Qui vivono numerose ragazze africane che si prostituiscono sulle vie delle province di Napoli e di Caserta. In questa parte del territorio italiano è stato importato dall’Africa il particolare fenomeno presente nel continente nero, che vede convivere fra loro senza mai scontrarsi all’apparenza il lusso più estremo e la miseria più totale. Ai due lati della via Domiziana compaiono quartieri appunto, come, da una parte il parco Lagani, dove ogni giorno e ogni notte muore la dignità umana, e dall’altra alberghi di lusso che offrono ai propri clienti provenienti dal ricco occidente ogni tipo di comfort. Il parco Lagani negli ultimi due decenni è stato una sorta di zona franca, dove lo Stato di fatto non entrava. Il blitz della polizia dello scorso giovedì è stato accolto quasi con meraviglia dalla gente del posto, abituata a convivere con l’illegalità diffusa. Lo stesso stupore che si manifestò lo scorso novembre quando le forze dell’ordine fecero un’operazione analoga nel vicino American Palace. E sorpresi sono anche gli immigrati della zona. «Noi non abbiamo fatto niente di male, perché la polizia ce l’ha con noi?, chiede con il volto malinconico un extracomunitario d’origine africana che vive al Parco Lagani. vi.am.

Lo sfogo di un residente: investiti i risparmi di una vita ma siamo costretti a restare qui come autoreclusi
«Questa villa la pagai negli anni ’70 più di cento milioni di lire. Se la vendessi oggi non mi darebbero più di quaranta mila euro. Come faccio ad andare via da questo posto? Io e la mia famiglia siamo purtroppo condannati a vivere al parco Lagani». Questa storia ce la racconta Daniele Patriarca (nella foto): è un pensionato dell’Alitalia. Vive in un villino del posto protetto da un cancello alto più di due metri e da due lucchetti al cancello. Questo l’investimento fatto tempo fa con tutta la famiglia. Ed è ovviamente molto amareggiato dal degrado che circonda il posto in cui vive. Cosa offre questo luogo ai residenti? «Non esco mai di casa, se non per necessità. Questo parco, che all’inizio, quando decisi di portare qui la mia famiglia, era il miglior quartiere della Domiziana, adesso è diventato un vero e proprio ghetto che tiene me e le poche famiglie perbene rimaste in zona carcerate in casa. In pratica, noi ci definiamo degli autoreclusi». Quali i servizi più carenti? «Pensi, abbiamo sottoscritto un mutuo, e stiamo pagando mese per mese delle rate molto alte per poter godere di quelli che dovrebbero essere dei diritti». Per esempio? «Come ad esempio avere dei tombini o i pali dell’illuminazione. Ma nel parco Lagani i diritti spettano solo agli immigrati che possono fare quello che vogliono senza alcuno che contesti niente». A che cosa si riferisce? «Qui vendono di tutto. Oltre alla droga e al sesso, nelle ville hanno messo su dei veri e propri minimarket, saloni di bellezza, ostelli e altro. Tutto, ovviamente, a nero, e in spregio di qualsiasi legge e norma». Ma la colpa del degrado nel quale è piombato il parco a chi va attribuita? «Gli extracomunitari fanno quello che è permesso fare. Coloro che hanno rovinato il parco Lagani sono i proprietari delle ville che le fittano senza fare nessun tipo di controllo. Non importa loro quante persone vivano sotto lo stesso tetto. Per loro basta solo che ogni mese sia corrisposto il canone; per il resto, nelle case del parco Lagani si può fare qualsiasi cosa». vi.am.

ESTATE 2006 GUERRIGLIA TRA NIGERIANI E GHANESI
Era l’estate del 2006 quando, proprio al Parco Lagani, si registrò uno degli scontri più violenti tra ghanesi e nigeriani: 9 feriti, tre auto sfasciate e due case devastate il bilancio di quelle tre ore di autentica battaglia. All’origine della guerriglia un debito non pagato secondo la versione degli immigrati, gli affari di droga secondo la polizia.

venerdì 23 gennaio 2009

CASTELVOLTURNO. QUARTIERE SETACCIATO PER 4 ORE


23/01/2009
Blitz antidroga della polizia al Parco Lagani

Decine di irregolari identificati. Denunce per i proprietari di casa

VINCENZO AMMALIATO Sette giorni dopo l'arresto di Giuseppe Setola una nuova operazione delle forze dell'ordine scuote il litorale domizio. Nelle mire dei tutori della legge, però, non sono finiti personaggi legati alla camorra e i loro patrimoni accumulati illegalmente. Il giro di vite, questa volta, è toccato all'immigrazione clandestina e coloro che a Castelvolturno traggono profitto economico da questo fenomeno illecito. È iniziato alle 7 il blitz predisposto dalla questura di Caserta al Parco Lagani, un quartiere ghetto della via Domiziana (di fronte il Villaggio Coppola). Nell'operazione, oltre agli agenti del locale commissariato, sono stati impegnati altri cinquanta poliziotti che hanno perquisito l'intera zona casa per casa. Mentre sei camionette dei militari, con numerosi soldati in assetto antisommossa, presidiavano le due vie d'accesso dell'abitato. Il blitz è durato circa quattro ore. In tarda mattinata, poi, negli uffici del commissariato locale, guidato da appena cinque giorni dal nuovo dirigente Pasquale De Lorenzo, si contavano circa cinquanta immigrati di varie nazionalità fermati per condurre controlli più approfonditi sulle loro effettive generalità. Tutti sorpresi sprovvisti di regolare permesso di soggiorno, molti di loro non hanno presentato alcun tipo di documento di riconoscimento. Solo l'indagine sulle impronte digitale ha permesso l'accertamento preciso dell'identità, ma questo procedimento ha richiesto molto tempo. In tarda serata, comunque, sono stati condotti circa trenta extracomunitari (in prevalenza uomini, ma fra loro c'era anche qualche donna) all'ufficio immigrazione della questura di Caserta. Qui è stato elevato loro il foglio d'espulsione, perché sorpresi, appunto, sul suolo italiano senza permesso di soggiorno, e sono stati successivamente trasferiti nei due centri temporanei di permanenza di Bari e Roma Ponte Galeria. Conosciuto in zona come uno dei peggiori posti della Domiziana, al Parco Lagani vivono circa cinquecento persone. Il 90 percento di loro sono immigrati provenienti dalle nazioni del centro Africa. Molti di questi, stando ai fatti di cronaca registrati negli ultimi anni, sono dediti allo sfruttamento della prostituzione e allo spaccio di droga. Ma le forze dell'ordine durante le perquisizioni non hanno trovato alcun tipo di sostanza stupefacente. In ogni caso, a quanto pare, la mannaia della giustizia non si abbatterà solo sugli extracomunitari. Questa mattina, infatti, subito dopo aver concluso le ultime operazioni di controllo sulle generalità delle persone fermate, ha fatto sapere il commissario De Lorenzo, saranno valutate le posizioni dei proprietari delle abitazioni date in affitto a nero agli immigrati irregolari.

venerdì 16 gennaio 2009

Consorzio Icaro, atti vandalici danni per almeno 30 mila euro

VINCENZO AMMALIATO «Escludo categoricamente che possa esserci qualsiasi tipo di legame fra l’arresto di Giuseppe Setola e i danneggiamenti avvenuti alla nostra sede di Sessa Aurunca». Liquida in modo laconico, Simmaco Perrillo, vicepresidente del consorzio Icaro (che da alcuni anni gestisce numerosi beni confiscati alla mafia), l’ipostesi che fra i due fatti possano esserci dei collegamenti. Eppure la rabbia per l’atto vandalico subito mercoledì mattina in località Maiano, dove a breve sarebbero dovuti sorgere un canile comunale e una comunità per soggetti svantaggiati, è notevole. Una prima stima dei danni parla di circa trentamila euro di attrezzature danneggiate. Compromesse in maniera ingente porte, finestre, saracinesche, infissi e l’impianto elettrico. I vandali hanno asportato i contatori dell’Enel e aperto tutte le cassette tranciando i cavi che consentivano i collegamenti elettrici. «Un evidente tentativo di rallentare o impedire l’apertura della struttura», dice Perrillo. Il bene fu sottratto dalla magistratura al clan camorristico Moccia di Afragola, ed è stato consegnato al consorzio Icaro appena due settimane fa. I dirigenti dell’associazione avevano anche stipulato una convenzione con un istituto di vigilanza privata affinché controllasse la struttura. «Ma tutto questo non è servito - dice con sconforto Perrillo - Comunque, non saranno certo questi vili atti a scoraggiarci e farci esporre bandiera bianca, anzi». Di concerto con alcuni volontari della zona, infatti, i responsabili del consorzio Icaro hanno già iniziato i lavori di ristrutturazione e la notte a turno stanno dormendo nel casolare agricolo danneggiato (sprovvisto ancora peraltro della fornitura di energia elettrica) per evitare che si ripetano nuovi atti vandalici. Qui, probabilmente, avrebbe lavorato anche uno dei sei extracomunitari trucidati lo scorso settembre a Castelvolturno. L’immigrato ghanese, infatti, tenne un colloquio di lavoro con i responsabili della cooperativa Icaro proprio la mattina del 18 settembre. «Serviva solo la sua tessera sanitaria - Ricorda Perrillo - e avrebbe potuto iniziare subito a collaborare con la nostra associazione. Era un uomo molto determinato e disse che per sostenere sua moglie e la loro figlioletta di appena un anno sarebbe stato disposto a qualsiasi tipo di lavoro, anche il più umile». Il destino, o forse qualcun altro, ha deciso, invece, che le cose andassero diversamente per lui e per la sua famiglia.

La gioia amara degli africani «Adesso deve dirci perché»

VINCENZO AMMALIATO «Questo per noi è un grande giorno». Sammy Sangru, immigrato tanzaniano che vive sul litorale domizio da dieci anni e amico di tutte e sei vittime ghanesi trucidate a Castelvolturno quattro mesi fa, non sta più nella pelle. Ha appreso telefonicamente dell’arresto del capo della banda che lo scorso 18 settembre eseguì il raid di morte al chilometro 41 della Domiziana. A telefonargli, alle 17, è stato un suo connazionale che vive a Modena, e che a sua volta aveva saputo dell’operazione delle forze dell’ordine dal giornale radio. «Subito dopo - dice Sammy - è stato un susseguirsi di numerose telefonate fra noi immigrati delle varie comunità presenti in zona. Sono state tutte conversazioni concitate e, soprattutto, tutte telefonate di gioia». Attendevano da quasi quattro mesi questa notizia gli extracomunitari del litorale. Clandestini e regolari, gli immigrati della Domiziana da quella maledetta sera del 18 settembre si sentivano tutti dei potenziali bersagli della camorra. «Ringraziamo lo Stato italiano per la veloce risposta che ha dato contro questi feroci criminali - ha detto Jaw Asabre, fratello di uno delle sei vittime ghanesi— «Finalmente dopo quattro lunghi mesi, possiamo tornare a sorridere». Giubilo e sollievo, quindi, fra gli immigrati di Castelvolturno. Nei loro occhi non si legge più solo paura e scoramento. E nei loro animi pare non esserci spazio neanche per la sete di vendetta. «Che la giustizia italiana - ha detto Samuel, un giovane ghanese che condivideva la casa con una delle vittime della strage di San Gennaro - faccia adesso il suo corso. Noi, ha aggiunto, chiediamo solo di conoscere i motivi che hanno spinto queste persone ad esplodere contro i nostri fratelli centocinquanta colpi d’arma da fuoco. Ci devono dire perché». Gli immigrati della Domiziana da quella sera di settembre non riuscivano più a darsi pace. «Perché la camorra italiana ha massacrato sei ragazzi ghanesi venuti in Italia solo per lavorare onestamente?». Lo chiedevano ai giornalisti venuti di ogni parte d’Italia e d’Europa per intervistarli. Lo chiedevano alle forze dell’ordine che li interrogavano per avere maggiori dettagli sulla vita dei ghanesi morti. Fra qualche giorno, forse, potranno avere finalmente delle risposte. Anche l’Iman della moschea di San Marcellino, Nasser Hiouduri, si è detto sollevato nello spirito alla notizia della cattura di Giuseppe Setola. «I nostri fratelli morti a Castelvolturno potranno finalmente riposare più in pace. La speranza, adesso - ha detto l’Iman - è che possano finalmente mettersi tutti i puntini sulle i, conoscendo i motivi della strage, in modo tale che gli immigrati che vivono in zona possano trascorrere le proprie giornate più serenamente». «Anche io, questa sera - dice il tanzaniano Sangru - tornerò finalmente più sereno a casa, e potrò accarezzare i miei due figli sperando per loro in un futuro migliore anche in questa parte d’Italia. Da fine settembre avevo smesso di sperare».



15/01/2009

«Castelvolturno volta pagina»
«Una grande vittoria dello Stato, ora si volta pagina». Ha commentato così il primo cittadino di Castelvolturno, Francesco Nuzzo, la cattura di Giuseppe Setola. «Una vittoria, però - ha aggiunto il sindaco-magistrato - che va accolta con estremo rispetto». Quello appena trascorso è stato un anno particolarmente difficile per Castelvolturno e per i suoi cittadini con ben quindici omicidi di matrice camorristica avvenuti nei confini comunali. Non meno facile è stato, ovviamente, per il primo cittadino del posto. Due settimane dopo la strage di San Gennaro sulle mura della casa comunale comparvero anche delle scritte particolarmente offensive nei confronti del sindaco Nuzzo e altre inneggianti alla sua morte. «In questo momento di festa, però - ammonisce Francesco Nuzzo - non bisogna abbassare la guardia, anzi». Due le priorità dal primo cittadino per il suo territorio. «Innanzitutto - dice - che lo Stato e le sue istituzioni comprendano che Castelvolturno non è solo un problema di ordine pubblico, ma soprattutto di carattere sociale. E poi che la gente comune collabori». v.a.

Guerra di cifre sugli immigrati «Gli irregolari sono solo 6000»


Il dibattito sulla presenza massiccia degli immigrati sul litorale domizio continua ad infiammare il territorio costiero. Dopo i dati diffusi dal Comune di Castelvolturno e pubblicati da Il Mattino sulla stima degli extracomunitari irregolari presenti in zona, è sceso in campo il presidente dell'associazione di volontariato Jerry Masslo, Renato Natale, per smentire in parte i numeri snocciolati dall'amministrazione Nuzzo. «È giunto il momento, una volta per tutte, di fare chiarezza sulla presenza degli immigrati irregolari sul litorale domizio, ha detto Renato Natale». Secondo il presidente della Jerry Masslo ed ex sindaco di Casal di Principe, la stima di quindicimila immigrati clandestini è eccessiva. «A Castelvolturno, dice, non ci sono più di seimila extracomunitari irregolari. Il numero è comunque alto; ma una cosa è agire per risolvere un problema che resta grave su seimila clandestini, diverso su quindicimila». Il dottor Natale è certo della sua stima, in quanto fa riferimento ad uno studio scentifico condotto nel corso dell'anno scorso dall'Asl Ce2 dipartimento mentale e dal numero di libretti Stp (stranieri temporaneamente presenti) rilasciati a Castelvolturno dal locale distretto sanitario. L'analisi di Renato Natale, peraltro, non si basa solo sui numeri, ma si allarga all'impatto sociale che gli immigrati hanno col territorio. «Negli ultimi mesi, dice Natale, è cresciuta in maniera esponenziale in zona l'insofferenza verso gli immigrati che sono ritenuti i responsabili di quasi tutti gli atti criminali perpretati sul territorio; mentre analizzando i dati a disposizione delle forze dell'ordine è palese che la percentuale degli immigrati che delinquono è estremamente bassa rispetto alle comunità presenti». Il presidente della Jerry Masslo ha anche una personale ricetta per risolvere il problema dell'immigrazione irregolare del litorale. «A Castelvolturno, conclude Natale, c'è pochissima offerta di lavoro. La quasi totalità degli extracomunitari irregolari che vive in zona, se avesse in tasca un permesso di soggiorno, anche temporaneo, andrebbe via dalla costa casertana e si dirigerebbe verso il nord del Paese alla ricerca di un dignitoso posto di lavoro. L'unica certezza, conclude il dottor Natale, è che la violenza e l'azione repressiva nei confronti degli immigrati, auspicata da molti in zona, non possono risolvono alcun problema. È la storia recente di Castelvolturno a confermare questo dato».

I dati del Comune: duemila stranieri regolari, quindicimila i clandestini


11/01/2009
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VINCENZO AMMALIATO Quasi duemila extracomunitari residenti, precisamente 1959, 435 immigrati comunitari residenti, 1.300 figli d'immigrati iscritti alle scuole dell'obbligo, dei quali 1.020 usufruiscono di mensa e trasporto. Quasi quattro mesi dopo la strage degli africani, era il 18 settembre, il Comune di Castelvolturno diffonde i dati ufficiali della presenza degli immigrati sul litorale e cerca di delineare l'impatto sia economico sia sociale che hanno sul territorio. Manca, però, un censimento preciso degli immigrati irregolari che vivono alla foce del Volturno; l'amministrazione Nuzzo stima il dato in quindicimila unità. «Questo numero - spiega il sindaco magistrato - viene fuori dalla quantità di rifiuti urbani prodotti quotidianamente dal nostro paese, che è di circa cinquanta tonnellate; mentre, stando alla media nazionale, calcolando i residenti, non dovremmo superare le venticinque». In effetti, il confinante Comune di Mondragone, pur avendo una popolazione residente di quattromila anime in più, rispetto a Castelvolturno produce ogni giorno venti tonnellate di rifiuti urbani in meno. Centri limitrofi ma in cui l’immigrazione ha un peso diverso: a Castelvolturno, ad esempio, si conta un cittadino straniero ogni otto abitanti. A Mondragone, uno ogni quarantasei. In quest'ultimo territorio è piuttosto circoscritta anche la provenienza geografica degli immigrati, che non supera le venti nazioni. Cinquanta, invece, sono quelle contate a Castelvolturno (Africa 23, Asia 8, Americhe 8, Europa extra Ue 11). I dati forniti dal Comune di Castelvolturno, peraltro, analizzano anche le spese annue che l'amministrazione sostiene per la presenza degli immigrati: trecentomila sono gli euro necessari a sostenere i costi sociali, cinquantamila per l'assistenza di cittadini agli arresti domiciliari, centomila i costi per funerali e trasporti salme di cittadini indigenti (da questo dato sono escluse le spese sostenute per i funerali dei sei ghanesi uccisi lo scorso settembre); duecentoventimila per integrare il servizio di trasporto pubblico; diecimila euro, infine, servono per il mantenimento di minori abbandonati. Tornando al capitolo «rifiuti solidi urbani», il Comune di Castelvolturno stima in ben tre milioni d'euro il costo annuo non addebitabile. Poco meno della metà (quasi un milione e mezzo d'euro) per il servizio idrico sempre non addebitabile. E che i problemi di Castelvolturno abbiano una valenza non semplicemente locale è offerto anche dal dato delle licenze per vendita ambulante attive all'ufficio commercio che ammontano a ben 488 (a Mondragone sono 170). Circa il 90% di queste licenze sono intestate a cittadini stranieri, e il Comune sta valutando se i quasi cinquecento titolari effettivamente esercitino tutti la vendita ambulante oppure abbiano utilizzato uno stratagemma per eludere la legge.

venerdì 9 gennaio 2009

Chez Luzy, la bouvette dei disperati



06/01/2009
È divenuto popolare a metà dell’anno scorso, quando al suo interno furono girate alcune scene del film Gomorra di Matteo Garrone. Dopo la strage dei ghanesi dello scorso settembre ha subito anche due di blitz delle forze dell’ordine. Ma l’hotel Boomerang resta ancora al suo posto con il carico di tossicodipendenza e disperazione che lo contraddistingue da sei anni, da quando subì un incendio che devastò la struttura alberghiera da 4 stelle. Qui trovò subito dopo ricovero un gruppo di una cinquantina di tossicodipendenti che nulla più chiede alla vita se non drogarsi. Fra una fumata di crack e una dose di cobret, però, c’è bisogno anche di un bicchiere d’acqua o di latte; c’è bisogno anche di un pezzo di pane con del formaggio per avere le energie necessarie a spostarsi sulle ginocchia lente. A questo pensa una donna nigeriana di circa quaranta anni. Racconta di chiamarsi Lucy e di non essere tossicodipendente. «Vengo qui tutti i giorni, ma solo per lavorare», dice. «Offro succhi di frutta, merendine e sigarette sfuse. Ricevo in cambio pochi spiccioli e non ho mai avuto alcun problema». L’hotel Boomerang per la gente della Domiziana è la porta dell’inferno, per i suoi frequentatori è l'unica casa che hanno, per Lucy è il suo posto di lavoro. Vincenzo Ammaliato