lunedì 27 giugno 2011

Bimbo cade in un pozzo: è salvo

27/06/2011

Vincenzo Ammaliato
Ha rischiato di morire a tre anni e mezzo dopo essere caduto in un pozzo artesiano. A Mondragone, a pochi passi dall’Agnena, si è rischiata la tragedia. A evitarla i vigili del fuoco, che hanno estratto il piccolo precipitato per un’altezza di quattro metri in un pozzo profondo quindici e che è identico a quello di Vermicino dove una trentina di anni fa perse la vita, a dieci anni, Alfredino Rampi. Sono circa le 19, quando, Nicola, mentre i genitori, braccianti agricoli, sono impegnati a coltivare un fondo agricolo, in località Mazzafarro, ai confini con i territori di Castelvolturno e Cancello Arnone, gioca con il fratellino di poco più grande di lui. I due bambini, come ricostruito dai vigili del fuoco, si sono avvicinati nella zona dove c’è un pozzo dal diametro di appena quaranta centimetri. Il piccolo vi cade dentro, e fortunatamente, si ferma dopo quattro metri per la presenza di alcuni tubi. È incastrato. Il fratellino piange e allerta i genitori, che sgomenti cercano vanamente di tirarlo fuori. Sono entrambi sotto choc ma riescono ad allertare l’intervento dei soccorsi. Dalla vicina caserma arrivano due squadre dei vigili del fuoco, che riescono a estrarre e salvare il bambino. Nicola è spaventato, piange, ma è salvo. L’ambulanza del 118 lo accompagna all’ospedale di Sessa Aurunca per accertamenti. Nicola, che, non riporta ferite, può tornare a casa e trascorrere la notte con la famiglia. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Beni confiscati da ristrutturare, Sos a Caldoro

5/06/2011

Vincenzo Ammaliato
Con oltre cento abitazioni sequestrate, Castel Volturno è uno dei centri in Italia dove c’è una delle più alte concentrazioni di beni immobili sottratti alle criminalità organizzata. Tuttavia, nel territorio domiziano la questione non è mai stata d’attualità come in questi ultimi giorni. Nonostante gran parte di questi immobili, infatti, sia stata già confiscata, non è ancora entrata nel circuito del riuso sociale e versa in stato di completo abbandono. A tal proposito ieri il sindaco di Castelvolturno, Antonio Scalzone, ha scritto al presidente della Regione, Stefano Caldoro, affinché palazzo Santa Lucia finanzi la ristrutturazione di queste case. È stata completamente ristrutturata a spese dei volontari della Jerry Masslo, invece, una villa confiscata alla camorra in località Baia Verde che fu affidata l’anno scorso all’associazione del presidente Renato Natale. Qui è stato istituito un presidio per le donne vittime di tratta e avviato un corso di cucito per persone in difficoltà, il tutto senza godere di alcun finanziamento pubblico. Due settimane fa, però, Raffaele De Crescenzo, l’assessore al patrimonio del Comune di Castelvolturno, ha chiesto alla Masslo la restituzione delle chiavi dell’immobile, perché a seguito di un’ispezione ordinaria dei vigili urbani è risultato che al suo interno non si svolgesse alcun tipo di attività. Numerosi sono stati gli attestati di stima e solidarietà avuti dalla Jerry Masslo negli ultimi giorni; contestualmente sono piovuti una lunga serie di attacchi all’amministrazione comunale, accusata di non essere sensibile alla lotta alla camorra. La risposta del sindaco Scalzone non si è fatta attendere, ed è arrivata durante una specifica conferenza stampa. «La camorra la combatto quotidianamente svolgendo il compito istituzionale di primo cittadino di Castelvolturno – ha sottolineato il sindaco – i professionisti della legalità che utilizzano attualmente i beni confiscati, invece, ritengono di essere gli unici a farlo. E chi non condivide a pieno le loro idee è tacciato di essere un connivente della camorra, e questo non lo consento». Non si sente scalfito dalle parole di Scalzone, il presidente della Masslo Renato Natale, il quale ha chiarito che la villa di Baia Verde fu affidata alla sua associazione dal commissario prefettizio, e solo con una delibera di giunta potrebbe essere messo in discussione quell’atto. «La richiesta di restituzione del bene da parte di un singolo assessore – chiarisce Natale – non ha alcun valore giuridico. Pertanto, restiamo sereni e continuiamo le nostre attività a Baia Verde». E qualora la giunta intera di Castelvolturno si esprimesse a favore della restituzione del bene? «A questo punto – fa sapere il presidente Natale – impugneremo l’atto dinanzi al Tar». Ma Scalzone ce ne ha anche per il Festival dell’Impegno Civile, organizzato sempre sui beni confiscati alla camorra. «La tappa del 2 luglio si svolgerà su di un bene di Castelvolturno – sottolinea il sindaco - ciononostante gli organizzatori non hanno ritenuto opportuno invitare il primo cittadino. Questa è una chiara macchinazione politica contro di me a cui risponderò adeguatamente». La richiesta di restituzione di Casa Alice a Baia Verde è evidentemente una di queste risposte. Gli organizzatori del festival, però, hanno chiarito di aver chiesto già da tempo al Comune di Castelvolturno il patrocinio per l’evento, e che quindi il sindaco era stato avvisato. © RIPRODUZIONE RISERVATA

lunedì 20 giugno 2011

Travolto dalle onde sotto gli occhi della fidanzata



20/06/2011

Il ragazzo si era tuffato nonostante il mare grosso, per ritrovare il pallone.

Vincenzo Ammaliato Castel Volturno.
Un pallone vola in acqua, un tuffo in mare. E anche se la palla è a pochi metri dalla riva, non si tratta di una leggerezza, ma di una vera e propria imprudenza. Pochi secondi e si materializza la tragedia: i due ragazzi sono immediatamente risucchiati dalla corrente che li trascina al largo di almeno venti metri. Gennaro riesce ad aggrapparsi ai vicini scogli, e si salva. Il suo amico del cuore, invece, è risucchiato dal mare agitato e si perde tra le alte onde e la schiuma che le stesse producono al contatto con la scogliera nera. Il suo nome è Luigi Rosato, aveva appena venti anni. I parenti e gli amici lo chiamano semplicemente Gino; e urleranno questo nome per tutto il pomeriggio di ieri, in preda alla disperazione, dalla riva del lido Arcobaleno a Pinetamare, guardando inutilmente in direzione del mare le operazioni di ricerca dei vigili del fuoco e dei carabinieri. L’elicottero dei militari dell’Arma sorvola la costa per un paio d’ore, dopodiché riesce ad individuare il corpo; si trova ancora alla punta della scogliera, probabilmente è incagliato fra i massi. Ma viene deciso di non intervenire per recuperalo. Il ventenne è già privo di vita ed è troppo pericoloso per i sommozzatori recuperare la salma. Alle 19 le operazioni si interrompono. I sub del nucleo dei vigili del fuoco escono dal mare e vanno via. In acqua resta soltanto la motovedetta della capitaneria di porto in attesa che il mare restituisca il corpo di Gino. Il giovane, residente a Casalnuovo, popoloso paese a nord di Napoli, era arrivato sulla spiaggia di Castel Volturno alle 13. Insieme a lui, oltre all’amico Gennaro, c’erano le rispettive fidanzate. Sull’arenile ad attenderli c’erano già i parenti di una delle due ragazze. I giovani scartano immediatamente i panini che si erano portati a sacco; consumano la colazione e poi si sdraiano al sole per la prima tintarella di stagione. Il mare è troppo agitato per fare il bagno. Su tutti i lidi del litorale domizio sventola forte la bandiera rossa. Alle 15 il gruppo di amici decide di giocare a pallone nei pressi del bagnasciuga. Pochi palleggi e la palla vola in acqua. A questo punto la tragedia. I bagnini dello stabilimento balneare notano i due ragazzi in acqua, e li invitano a tornare a riva. «Un solo tuffo – gridano – e saliamo». Purtroppo, pochi secondi dopo un’impietosa corrente trascina entrambi. I bagnini si rendono conto immediatamente del pericolo e mettono in acqua il pattino di salvataggio. Ma le onde sono troppo alte. Il mare è molto agitato e la piccola imbarcazione rischia anche di capovolgersi. I due giovani in preda al panico gridano aiuto sotto gli occhi atterriti di un paio di centinaia di bagnanti. Gennaro riesce ad aggrapparsi alla scogliera. Perde sangue da una gamba, ed è in evidente stato di choc. Di Gino, invece nessuna traccia più. Venti minuti dopo arriva nella acque di Pinetamare la motovedetta della capitaneria di porto di Ischia; il cielo è iniziato a sorvolare dall’elicottero dei carabinieri. Sulla riva si preparano a immergersi i sub del nucleo sommozzatori dei vigili del fuoco di Napoli. Le ricerche si fanno immediatamente serrate. Tutti, però, sanno che per purtroppo Gino non c’è più niente da fare. Alle 19 la triste notizia del ritrovamento del corpo privo di vita è data anche ai suoi parenti accorsi in tanti sulla spiaggia di Pinetamare. In questo m omento il dolore si trasforma in scoramento. La fidanzata di Gino, che abbraccia i suoi pantaloncini di jeans, quasi sviene. Il papà urla disperato alzando le braccia al cielo. L’annegamento di ieri apre in maniera drammatica la stagione estiva per il litorale domizio. Lo scorso anno, durante l’estate del 2010 sulle spiagge di Castel Volturno non si era registrato alcun caso di annegamento. Molti, al contrario erano stati i salvataggi cosiddetti miracolosi di bagnanti che stavano perdendo la vita in acqua. Anche per questo sull’arenile, durante le operazioni di ricerca di ieri, qualcuno si lamentava del fatto che il porticciolo del posto resti ancora chiuso. «Quando era aperto il molo San Bartolomeo – denuncia un bagnino del lido– le imbarcazioni della capitaneria di porto intervenivano immediatamente per qualsiasi tipo di pericolo. Oggi, invece, la prima imbarcazioni è arrivata sul luogo della tragedia mezz’ora dopo che è stato lanciato l’allarme». Probabilmente, anche se i soccorsi fossero arrivati anche cinque minuti dopo l’Sos non sarebbe stato possibile salvare la vita di Gino. Ieri il mare era troppo agitato. Ma per i suoi parenti, amici e per coloro che hanno assistito dalla spiaggia alla morte in diretta, il ritardo dei soccorsi ha inciso in maniera fondamentale. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Lacrime, dolore e rabbia. L'addio alla piccola Mary




18/06/2011

Sfiorata la rissa fra i ghanesi. accuse alla moglie del padre


Vincenzo Ammaliato La bara bianca col corpicino di Mary Morad, la bambina di sette anni uccisa sabato 11 giugno mentre giocava nel cortile di casa sua, arriva nel quartiere degli immigrati africani di Destra Volturno con oltre due ore di ritardo. Ad atternderla all’esterno della moschea dell’Imam Kamal, oltre a un deciso sole ci sono un paio di centinaia di persone. Sono quasi tutti extracomunitari delle domiziana. Di italiani ce ne sono pochi. Sotto i porticati della moschea c’è Bose Akta, la mamma naturale di Mary. Piange e si dispera. «I need my Mary» (ho bisogno della mia Mary) – dice come una cantilena. A venti metri di distanza c’è una seconda donna che anche lei porta sul volto i chiari segni di chi da una settimana non riesce a darsi pace per la drammatica fine della bambina. Si chiama Edith, è la seconda moglie del papà di Mary, peraltro incinta di due mesi. È seduta sotto i portici di un condominio accanto alla moschea; qui trova riparo dal sole, che a Destra Volturno in questa giornata di dolore picchia decisamente forte, ma non dalle invettive di due amiche di mamma Bose, che l’accusano di non essere riuscita a proteggere Mary, di essere responsabile della drammatica fine della bambina. Il suo pianto, a questo punto, si trasforma in scoramento; Edith quasi sviene. Probabilmente saranno i sensi di colpa, perché Mary era sotto la sua custodia quando si è verificata la tragedia. Il papà non era in Italia sabato scorso. Era volato in Africa per lavoro. Lui, Victor Morad, tornato appena due giorni fa, arriva alla moschea di Destra Volturno con l’auto che trasporta il feretro della bambina. Veste un abito tradizionale del continente nero. È visibilmente sotto choc. Sembra non avere neanche più la forza di piangere. Alcuni suoi connazionali lo aiutano a scendere dalla macchina e lo accompagnano nel piccolo luogo di culto dei musulmani, dove si ritira in un angolo per pregare, e qui restarà per tutto il resto dei funerali. All’esterno della moschea, invece, ricomincia un delirio. Gli immigrati mettono in scena una sommossa molto simile a quella di sabato scorso, quando bloccarono per qualche minuto l’autombulanza che trasportava il corpo di Mary. Si crea la ressa attorno all’auto funebre. Gli uomini di colore litigano fra loro, si spingono, urlano come invasati. Qualcuno viene anche alle mani. E non si capisce il motivo per il quale lo facciano, o almeno non riesce a farlo chi non conosce a fondo la cultura e le tradizioni africane. Un immigrato spiega che è il forte dolore che li spinge a comportarsi in questo modo. In pratica, è un retaggio ancestrale tipico delle comunità subsahariana. Anche i poliziotti, arrivati in borghese a Destra Volturno per i funerali. Cercano di calamre gli animi. L’imam finalmente a fatica riesce a convincere i suoi connazionali a creare un cordone sull’asfalto, proprio di fronte la moschea. La bara bianca è tirata fuori dall’auto e adagiata a terra, in direzione della Mecca. Può iniziare il momento di preghiera, che si completa dopo quindici minuti. Il feretro di Mary trova di nuovo spazio nell’auto e inizia il corteo che lo porterà al cimitero, sulla statale per Capua. Una volta giunti sul posto, riprendono gli scontri fra gli immigrati, che durano fino alla tumulazione della bara. Subito dopo, nel nuovo cimitero di Castel Volturno il silenzio più totale. Il dolore degli immigrati pare resti a questo punto sigillato nel fondo dei loro cuori. Mary, invece, viene seppellita nella città dove è vissuta fino a sette anni, prima di finire ammazzata da Osuf, ora in carcere per pagare la sua follia. © RIPRODUZIONE RISERVATA

mercoledì 15 giugno 2011

Ucraina in depressione tenta di suicidarsi


13/06/2011

Castelvolturno.
Probabilmente dal balcone di casa sua vede l’immigrato ghanese trasportare in spalla la piccola Maria grondante di sangue e scaraventarla nel canale. Poi sente, sempre dall’appartamento di via Dante dove risiede, le urla di disperazione degli immigrati che hanno capito la tragedia che si è appena consumata, le sirene dei mezzi di soccorsi, la concitazione di tutta la gente accorsa sul posto. Alle tre del pomeriggio, poi, non regge piu’ all’emotività. Scende di casa, va verso il canale dei Regi Lagni, scavalca la recinzione, mette i piedi nell’acqua, si fa il segno della croce e si dirige verso la foce. La donna e il suo bizzarro comportamento sono notati da alcuni pescatori che si trovano sulle sponde dell’invaso e che chiamano i carabinieri. Poco dopo arrivano i militari dell'arma che la salvano quando l'acqua le arrivava ormai alla gola. La donna è caricata sull’ambulanza e condotta in ospedale. Intanto, non risponde alle domande dei carabinieri; continua solo a ripetere una macabra frase: «devo morire come lei». Si tratta di una donna ucraiana di 37 anni. Le sue iniziali sono Y.O.. v.a. © RIPRODUZIONE RISERVATA

Mary


12/06/2011

Vincenzo Ammaliato
«Casa dei Bambini». I missionari comboniani che da venti anni operano a Castelvolturno non potevano scegliere un nome più appropriato per l’asilo che gestiscono sulla via Domiziana. Questo istituto da sette anni è il punto di riferimento per le famiglie di extracomunitari della zona. Qui dalle otto di mattina alle cinque del pomeriggio giocano, si divertono, imparano e soprattutto socializzano fra loro i figli degli immigrati del litorale domizio. A Castel Volturno asili nido pubblici non ce ne sono. E anche gli studenti che frequentano la scuola materna comunale sono in sovrannumero, quindi è difficile trovare disponibilità. Le strutture private, invece, hanno rette che molti immigrati non possono sostenere. Alla Casa del Bambino, al contrario, per i più diseredati e per gli emarginati c’è sempre posto; perché a nessuno, ancora di più se è un bambino, deve essere negata l’assistenza. Sono circa una cinquantina i pargoli che frequentano la Casa del Bambino fondata da padre Giorgio Poletti; hanno da uno a cinque anni. Fra loro per due anni c’è stata anche la piccola Maria, trucidata barbaramente ieri nel cortile di casa sua da un folle. Padre Claudio Gasbarro dei comboniani la ricorda con affetto, e poi sospira, dicendo: «i bambini fino a quando sono al nostro asilo stanno tranquilli, perché sono seguiti con attenzione. Dopo, purtroppo, in questa terra gli può capitare di tutto». L’ufficio affari sociali del Comune costiero cerca di fare il possibile per tutti i bambini della zona che necessitano di assistenza, ma il numero dei casi critici è altissimo; i fondi disponibili, al contrario, particolarmente scarsi. E allora, a scendere in campo è ancora una volta l’associazionismo. Fra le istituzioni più attive sul territorio domizio c’è l’associazione Arca e la Jerry Masslo. La prima, in una casa sequestrata alla camorra nel parco Fontana Bleu, porta avanti numerose attività per i minori, fra cui doposcuola e corsi di computer; tutti, ovviamente, gratuiti. L’associazione Jerry Masslo, invece, è quasi esclusivamente dedicata alle esigenze degli immigrati. Per loro ci sono ambulatori medici, consulenze legali e tanti altri servizi. Mentre numerosi progetti, tutti nel campo del sociale e del recupero, sono attivati dai dirigenti della stessa associazione. E si trovava proprio con i volontari dell’associazione del presidente Renato Natale la mamma naturale di Maria. Roose, questo il suo nome, è stata avvisata del triste destino capitato alla sua bambina mentre stava partecipando a un corso di cucito a «Casa Alice», un immobile di Baia Verde anche questo sequestrato alla criminalità organizzata. Dal Centro Fernandes, invece, la struttura d’accoglienza per immigrati della curia vescovile del Villaggio Agricolo, si ricordano dell’omicida di Maria. «Lui è stato uno o due volte al nostro centro ascolto – dice la volontaria Marisa Perone – ma non ha voluto seguire alcun progetto. Era in evidente stato confusionale e non ha mai chiesto nulla alla nostra struttura». Padre Claudio Gasbarro è seduto su una sedia nel cortile della casa dei comboniani in via Matilde Serao. È stanco. È stato tutta la mattina in via Dante fra gli immigrati addolorati e disperati per la morte violenta di Maria. Ha cercato di sostenerli, di offrire loro conforto. Osserva la pioggia che nel pomeriggio comincia a cadere anche sul litorale domizio. «La gente del posto – sostiene con rammarico – ha già dimenticato della tragedia di Maria». La pioggia che sta cadendo, peraltro, laverà anche le macchie di sangue dal civico numero 5 di via Alighieri e quelle che dalla strada polverosa portano al ponte sui Regi Lagni. © RIPRODUZIONE RISERVATA

12/06/2011

Vincenzo Ammaliato Castel Volturno. Su una delle pareti del Bar c’è affissa una sua gigantografia. Angelo Scalzone, l’atleta e vanto di Castel Volturno che nel 1972 si aggiudicò la medaglia d’oro alle olimpiadi di Monaco nella disciplina del piattello fossa, sorride imbracciando il suo fucile. Proprio di fianco al bar c’è il Ristorante Scalzone. Con i suoi quattrocento coperti, il locale, negli anni ’70 e ’80 era il punto di riferimento della ristorazione dell’intero litorale domizio. Il Ristorante Scalzone, però, è mestamente chiuso da oltre quindici anni. Gli eredi dell’olimpionico hanno provato a resistere al calo d’affari e continuare l’attività, anche in onore del suo fondatore. Ma il nauseabondo odore che da due decenni sprigiona il vicino canale dei Regi Lagni tiene lontano anche i clienti più affezionati. Maurizio Scalzone, nipote di Angelo, ricorda di quando quindici anni fa lo zio e tutti gli altri suoi parenti inscenarono una manifestazione di protesta proprio sul ponte dei Regi Lagni, bloccando la circolazione stradale. «Volevamo protestare contro l’inquinamento prodotto dal canale borbonico. Arrivarono immediatamente le forze dell’ordine – dice Maurizio – e minacciarono me e i miei parenti che se non fossimo andati via saremmo stati arrestati. Da allora, purtroppo, poco o nulla è cambiato». Per il nipote del campione olimpico, non è la presenza degli immigrati in sé a creare il disagio sul litorale domizio. «La zona è stata completamente abbandonata dallo Stato per troppo tempo – sottolinea Maurizio Scalzone – e di anno in anno è andata sempre peggio. Poi, degrado chiama degrado e si è insediata una grossa fetta d’immigrati attratta dai fitti a basso costo. Ma gli stranieri presenti a Castel Volturno - dice il gestore del bar – non hanno quasi mai creato problemi. Anche all'interno del mio bar si comportano come tutti gli altri clienti italiani. Se poi fuori non è indispensabile rispettare le regole, e allora, si comportano evidentemente di conseguenza». Non la pensano alla stessa maniera, però, i residenti italiani di via Dante Alighieri, la strada dove al numero 5 è maturata la tragedia della piccola Maria, esasperati dalla convivenza con gli stranieri. In questo, che è uno dei mille viali della via Domiziana, vivono circa cinquecento immigrati provenienti dall’Africa subsahariana e un pugno di famiglie italiane. La vita in comune fra loro non è stata mai pacifica. «Le denunce che abbiamo presentato alle forze dell’ordine per le irregolarità dei nostri vicini immigrati – sottolinea una signora italiana che vive qui da anni – non si contano più. Di continuo in questo viale, a tutte le ore del giorno e della notte ci sono schiamazzi, liti e non solo. C’è anche un via-vai di tossicodipendenti attratti dal mercato della droga che alcuni africani svolgono all’interno della vicina pineta. Ebbene – conclude la residente di via Alighieri – le forze dell’ordine, nonostante appunto le nostre denunce non sono mai intervenute. Lo stesso American Palace, il palazzo più abitato della via, che dovrebbe essere sgomberato perché sequestrato dalla magistratura, e invece, è abitato abusivamente da centinaia di persone». La piccola Maria, gli italiani che vivono in questa stradina dalle villette rose dalla salsedine la ricordano bene. «Giocava spesso nel viale e nel cortile dove è stata brutalmente aggredita. Era bellissima – sostengono, con gli occhi lucidi dalla commozione – ma non andavamo d’accordo coi loro genitori e quindi non l’abbiamo mai potuta frequentare». Ma la tragedia va al di là dei problemi di integrazione: la follia non ha nazionalità né permesso di soggiorno. © RIPRODUZIONE RISERVATA

12/06/2011

Sono almeno duecento gli immigrati che si radunano all’incrocio fra la via Domiziana e Via Dante subito dopo aver appreso dell’efferato fatto di sangue. Sono tutti addolorati per la raccapricciante fine di Maria e fra loro c’è chi reagisce in maniera impetuosa. Qualcuno di loro si fionda sul gruppo di poliziotti impegnati a fare i rilievi del caso. «Quell’assassino si trovava in Italia da sette anni - dicono agli agenti a più riprese e in maniera particolarmente agitata - e da almeno sei dava chiari segni di squilibrio. Perché - domandano - non lo avete curato, perché non lo avete arrestato?». E poi continuano, indicando alle forze dell’ordine un loro connazionale che si aggira nello stesso posto con un bastone di legno tra le mani. «Anche lui - denunciano gli immigrati - è malato di mente, perché non lo portate via? Aspettate forse che possa accadere una nuova tragedia?». Ma i tutori della legge in quest’angolo della Domiziana sono pochi e tutti impegnati nel ricostruire l’esatta dinamica dell’omicidio, e l’immigrato col bastone in un attimo si dilegua. © RIPRODUZIONE RISERVATA


12/06/2011

Non solo mentre cercava di passare l'ambulanza col corpicino di Maria, tafferugli creati dagli immigrati sulla via Domiziana ci sono stati anche dopo, durante le operazioni di rilievo degli uomini della scientifica in via Dante Alighieri. A confrontarsi in più riprese sono stati diversi gruppi di uomini che litigavano fra loro venendo anche alle mani. All'origine delle liti, probabilmente, scontri fra le comunità di immigrati del Ghana e della Nigeria. Gli uomini delle due etnie si accusavano a vicenda sulla responsabilità del barbaro fatto di sangue, per non aver controllato la zona e, soprattutto, per non essere intervenuti quando l'omicida ha trasportato il corpicino della bimba e lo ha scaraventato nel canale. I nigeriani, soprattutto, considerando che l'assalitore è di nazionalità ghanese, accusavano l'altra etnia di essere stata omissiva. L'alta emotività del momento, poi, ha fatto il resto.



13/06/2011

QUELLA DONNA NON HA PROTETTO LA MIA MARY

La tragedia di Castelvolturno I sospetti della mamma naturale della piccola ghanese massacrata e poi buttata in un canale

Claudio Coluzzi Inviato Castelvolturno. Il dolore per la perdita della figlia è comprensibilmente lacerante. Bose Atta, la mamma naturale di Mary, la piccola trucidata nel cortile della casa dove viveva col papà e la sua seconda moglie, il giorno dopo l’efferato delitto non riesce ad accettare quanto accaduto. Accusa la convivente del suo ex marito di non aver vigilato sulla bambina e al tragico omicidio fa da sfondo una controversia familiare al cui centro c’era, da anni, la povera Mary. «Mi dovete aiutare a trovare la verità – chiede urlando mama Bose, seduta nel cortile della casa di una sua connazionale in via dei Diavoli dove è ospitata da alcuni mesi – voi italiani, mi dovete aiutare, perché io non credo che mia figlia sia stata uccisa come è stato descritto da tutti i giornali questa mattina». In che senso non è stata uccisa come descritto, la dinamica dell’omicidio appare piuttosto chiara, la polizia ha arrestato Osuf con in mano ancora il bastone sporco di sangue... «Tutti hanno visto Osuf trasportare il corpicino della mia bimba sulle spalle e scaraventarlo nel canale dei Regi Lagni. Nessuno, però, lo ha visto picchiare Maria. Lui è fuori di testa, ma da quando vive qui sulla Domiziana non è mai stato violento. E secondo me non lo è stato neanche con la mia bambina. Lui si trovava nel viale nel momento in cui qualcun altro l’ha picchiata. La stessa persona, poi, che vedendo Osuf nel viale gli ha chiesto di far sparire il corpicino della mia bimba». In casa con Mary nel momento dell’omicidio c’era solo la moglie del suo ex marito, chi avrebbe potuto agire senza essere visto? «Io voglio solo la verità. So che Osuf non è mai stato violento e che la moglie del mio ex marito non è la mamma di Mary. Una mamma avrebbe vigilato, non avrebbe permesso che un uomo estraneo entrasse in casa e facesse una cosa tanto orribile. Se fossi stato io con Mary, tutto questo non sarebbe successo». Ma i dubbi della mamma di Mary cozzano contro la ricostruzione effettuata fino a questo momento dagli agenti del commissariato di Castelvolturno e della Squadra Mobile. È stato proprio il dirigente del commissariato a catturare, poco dopo il delitto, Osuf con in mano il bastone ancora sporco di sangue. Ed era agitato, incontrollabile, tanto che ha ferito pure il funzionario e altri agenti prima di essere bloccato ed arrestato. Ad ogni modo il bastone con cui Mary è stata colpita verrà analizzato e si stabilirà se è compatibile con le lesioni inferte alla poveretta. A quel punto sarebbe più complicato pensare che un’altra persona abbia potuto commettere il delitto e poi affidare al ghanese psicolabile il compito di far sparire la bimba e lo stesso bastone. Una cosa comunque è certa. Sembra che davvero nessuno abbia visto Osuf entrare nel cortile e colpire la piccola. Nè la convivente del padre nè altri testimoni. Lo hanno visto un attimo dopo, quando fuggiva con il corpo esanime della bimba sulle spalle. (Ha collaborato Vincenzo Ammaliato) © RIPRODUZIONE RISERVATA



3/06/2011
Il massacro di Mary è una sconfitta per tuttinella strada della morte solo un fqascio di fiori a ricordare la piccola MaryVincenzo Ammaliato.
Padre Claudio Gasbarro dei missionari comboniani lo aveva detto poche ore dopo l’efferato fatto di sangue: «La gente di Castel Volturno ha già dimenticato la tragica morte della piccola Maria». E in effetti, a ricordare del brutale assassinio della bimba di appena sette anni, in via Dante Alighieri, ieri c’erano soltanto i sigilli posti dagli inquirenti al cancello del civico numero 5 e dei fiori bianchi con i quali un anonimo ha cercato di coprirli. Le macchie di sangue della piccola e i segni lasciati col gesso dagli uomini della scientifica sono spariti. Nel cortile del villino dove Maria viveva con il papà e la sua seconda moglie, ci sono ancora i giocattoli della piccola, una bicicletta e un’automobilina a pedali, e una sua camicetta bianca e gialla con una rosa ricamata in petto, stesa ad asciugare a un filo di plastica legato al cancello. Ad angolo della via Domiziana, poi, ieri mattina è comparso anche un cartello che il giorno prima non c’era, e che indica con una scritta a mano un vicino stabilimento balneare, che si trova alla fine della pineta dove l’assassino si era rifugiato per sfuggire alle forze dell'ordine e dove, invece, è stato bloccato e arrestato dalla polizia. Dall’America Palace, il palazzone grigio che si trova al numero 1 di via Alighieri, gli immigrati abusivi che vivono al suo interno, gli stessi che hanno partecipato alle ricerche nel canale borbonico della piccola Mary, ascoltano musica etnica ad alto volume, e qualcuno di loro compra all’esterno dell’androne scarpe da ginnastica da un venditore ambulante che trasporta la sua mercanzia nel cofano dell’auto. È una domenica come tante altre, qui in questo angolo della via Domiziana. Il capannello di immigrati sul marciapiedi della via Domiziana, e gente che sale e che scende dall’autobus blu che ha qui vicino una fermata obbligatoria. Il dolore per la scomparsa della bambina evidentemente resta nel cuore di ognuno. Lo stesso ha detto anche padre Antonio Bonato, della vicina chiesa degli immigrati del centro Fernandes. «La cosa migliore per ricordare Maria – ha sottolineato il missionario comboniano – al momento è soltanto il silenzio e le preghiere». La piccola colpita con ferocia inaudita al capo e scaraventata nel canale artificiale dei Regi Lagni è comunque stata ricordata con particolare emozione durante l’omelia della messa domenicale dei comboniani, gremita di fedeli dell'Africa subsahariana. Identica cosa è stata fatta dalla fraternità dei maristi di Giugliano, che hanno celebrato la Pentecoste insieme a padre Rungi a Mondragone. «Di fronte a tante forme di ingiustizie e di violenze – ha detto il religioso – è evidente che siamo in forte debito col vero amore che solo lo Spirito Santo può donare ai nostri cuori». Intanto a Castel Volturno si attende l’arrivo del papà di Maria. L’uomo due settimane fa era volato in Ghana, nel suo paese natale, a quanto pare per motivi di lavoro. È stato raggiunto poco dopo il delitto telefonicamente da alcuni suoi connazionali che vivono sul litorale domizio. A loro è toccato dare la triste notizia. Scontato lo sconforto nel quale è sprofondato il papà di Mary, che si è precipitato in aeroporto e sarà a Castel Volturno già questa sera. Toccherà a lui organizzare il funerale della figlia. L’uomo è separato da cinque anni con la mamma naturale di Mary, e il tribunale dei minori decise di affidare a lui la piccola. La funzione religiosa sarà celebrata col rito islamico, in quanto l’uomo è di religione musulmana. Ma questo sarà possibile solo dopo che l'istituto di medicina legale avrà completato gli esami autoptici sul corpicino di Maria e restituirà la salma ai familiari. © RIPRODUZIONE RISERVATA


13/06/2011
Le maestre raccontano la tenerezza della piccola: era splendida, solare, studiava con gioia e profitto

«Era una bambina splendida, solare e con tanta voglia di vivere, era una bimba come tutti gli altri studenti che frequentano il nostro istituto scolastico». Giovanna Raimondo, la responsabile della scuola elementare del Villaggio Agricolo, è particolarmente scossa della raccapricciante fine della piccola Maria. La ricorda con un forte dolore nel cuore. E lo stesso vale per tutto il corpo docente dell’istituto. «La nostra scuola – dice la dirigente - non è molto grande, è composta appena da sei classi; qui è come se fossimo tutti una sola grande famiglia. E Maria era una componente della nostra famiglia». La piccola uccisa sabato da uno squilibrato in via Dante Alighieri, frequentava la prima elementare dell’istituto del Villaggio Agricolo. I risultati scolastici non si conoscono ancora, eppure Maria sarebbe stata sicuramente promossa. La dirigente, infatti, la ricorda come una bimba vivace, intelligente, educata. «Si esprimeva alla perfezione in italiano. E, peraltro, sottolinea Giovanna Raimondo – la compagna del suo papà era una mamma perfetta. Aveva molto cura della bimba e non appariva affatto che non fosse la sua madre naturale. Maria era una bimba serena, era una bimba di Castelvolturno, come tutti gli altri bambini di questo territorio». Intanto, la gente e i commercianti della zona dove viveva Maria con la sua famiglia si interroga su cosa abbia potuto far scattare in quell’immigrato dai capelli arruffati e coi vestiti sempre laceri e maleodoranti, la persona arrestata per l’omicidio, una violenza tanto brutale. «Lo ricordo camminare costantemente da solo lungo la via Domitiana, sempre, però, come se non avesse una meta precisa – dice il titolare del Caseificio Ponte a Mare». Francis Osofu, questo il nome dell'immigrato arrestato dalla polizia con ancora il bastone insanguinante fra le mani, è adesso rinchiuso in isolamento in una cella del carcere di San Tammaro. Quando viveva a Castelvolturno, pare non frequentasse nessuno. Non è neanche chiaro dove abitasse: probabilmente aveva semplicemente poco più di un giaciglio all’interno dell’American Palace, il palazzone grigio a quattro piani che si affaccia sulla sponda del canale dei Regi Lagni. Anche i gestori del bar Scalzone si ricordano bene di lui. «Qualche volta – dicono – entrava nel nostro locale. Il suo aspetto inquietava i clienti. Lo invitavamo a consumare un caffè, a prendere un cornetto. Ma poco dopo lui, così come era entrato, senza dire una sola parola, usciva, velocemente». Ieri, il suo destino e quello della piccola Maria si sono incrociati drammaticamente. La gente della Domiziana si ricorda di lui come di un disadattato, ma non di un violento. Eppure, si è scagliato contro un essere indifeso con una ferocia inaudita. Lui in carcere non parla, come quando camminava sulla Domiziana e varcava la soglia dei locali commerciali. I parenti e i conoscenti di Maria piangono. Per Castelvolturno è stato decisamente un giorno di follia. v.a. © RIPRODUZIONE RISERVATA



14/06/2011


Vincenzo Ammaliato È stato spostato a questa mattina l’interrogatorio della persona fermata per il brutale omicidio di Mary. L’uomo, immigrato del Ghana, Richard Osofu, dal momento del suo arresto non ha ancora detto alcuna parola. È rinchiuso nel suo mutismo in un cella d’isolamento nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Per lui la procura ha disposto anche un’accurata visita psichica e delle particolari visite mediche. Soprattutto, saranno eseguiti degli esami di otorinolaringoiatra, per capire se l’immigrato abbia addirittura perso la parola. Il tribunale, intanto, gli ha affidato anche l’avvocato d’ufficio, il penalista Generoso Grasso, il quale ieri ha potuto ritirare il relativo fascicolo. E il gip Paola Cervo stamattina condurrà l’interrogatorio nel carcere di Santa Maria. E anche l’autopsia sul corpicino della piccola Mary sarà eseguita questa mattina, all’Istituto di medicina legale di Caserta. Subito dopo, probabilmente, la salma potrà essere restituita ai familiari. Durante la giornata di ieri, gli agenti del commissariato di Castel Volturno hanno ricostruito sul luogo dell’efferato fatto di sangue, all’angolo tra via Dante Alighieri e la Domiziana, la scena del delitto. E sono stati riascoltati tutti i testimoni. «Tutti i riscontri eseguiti finora – ha sottolineato Davide Della Cioppa, il primo dirigente del commissariato litoraneo che insieme ad altri due agenti ha arrestato Osufo quasi in flagranza di reato - portano alla colpevolezza dell’immigrato ghanese». Nessuno lo ha visto direttamente colpire Mary al capo, ma al momento del fermo, l’uomo stringeva ancora in pugno il bastone insanguinato che poco prima era stato usato per infierire sulla piccola. Peraltro, si è anche scaraventato in maniera violenta contro i poliziotti, provocando in due di loro delle contusioni. Tutti a Castel Voturno, italiani e immigrati, ricordano di quell’uomo dall’aspetto inquietante come di «un disadattato, uno che stava fuori di testa». Eppure, nonostante l’immigrato fosse sul territorio italiano da quasi otto anni, agli inquirenti non risulta alcun suo ricovero in strutture sanitarie. Al contrario, ha ben tre precedenti penali, collezionati lungo tutto lo stivale del Paese. Il primo e il secondo sono per resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, maturati, uno a Crotone, e l’altro a Linate. Mentre l’ultimo, quello del 2009 è per danneggiamenti. Osofu fu sorpreso dai carabinieri di Frattamaggiore nella cittadina a nord di Napoli mentre danneggiava, appunto, senza alcun motivo apparente delle cappelle sacre. Sul territorio litoraneo, intanto, istituzioni e associazionismo si organizzano per ricordare la piccola Mary. Ieri la giunta Scalzone ha deciso per il lutto cittadino in occasione dei funerali della piccola, a carico dell’amministrazione comunale. L’associazione Jerry Masslo, invece, ha deciso di annullare la sfilata di abiti sartoriali prevista per sabato prossimo in un bene confiscato alla camorra, dove gestisce un corso di sartoria per immigrati. «Questo corso era seguito anche dalla mamma naturale della bambina – fa sapere il presidente Renato Natale, di cui parliamo anche in un articolo a lato – e sarebbe dovuto essere un giorno di giubilo. Evidentemente non è il caso di festeggiare e quindi organizzeremo nello stesso luogo e nello stesso giorno un particolare ricordo della sfortunata bambina». © RIPRODUZIONE RISERVATA



14/06/2011

«Mary era una bambina di Castel Volturno, e la Chiesa di Capua è vicina a tutta la gente del litorale domizio, soprattutto nel momento del dolore». L’arcivescovo Bruno Schettino si è recato ieri mattina nella casa dove è ospitata la mamma naturale della piccola Mary, a Baia Verde, per offrirle conforto spirituale. E non solo questo. «La nostra Chiesa – ha sottolineato monsignor Schettino – sarà disponibile a qualsiasi esigenza della vostra famiglia per l’organizzazione dei funerali della piccola Mary». Ma per il tipo di rito funebre della bimba uccisa sabato scorso, spetterà al papà decidere. L’uomo, che al momento della tragedia si trovava in Ghana per lavoro, è separato dalla mamma di Mary. E il tribunale dei minori decise di affidare a lui la piccola. L’uomo, peraltro, è di fede musulmana, e ha cresciuto la figlia secondo i dettami della religione islamica. Pertanto, probabilmente, il funerale si terrà nella piccola moschea del quartiere di Destra Volturno, gestita dall’Imam Kamal. Secondo la religione islamica, però, il rito può tenersi anche nella camera ardente dell’ospedale o in quella di un cimitero. Solitamente, quando scompare qualche immigrato africano sul litorale domizio, i suoi parenti decidono di seppellire la salma nella propria patria d’origine. Ma Mary è nata qui in Italia, a Pozzuoli, ha sempre vissuto a Castel Volturno. E dell’Africa sapeva poco in più dei suoi coetanei italiani del posto. v.am. © RIPRODUZIONE RISERVATA




15/06/2011
Mary, oggi il risultato dell'esame medico del suo assassino
Vincenzo Ammaliato La prima è stata la mamma naturale della bambina, Bose, che ha deposto dei fiori bianchi e una foto sorridente della sua «Cherì», come la chiamava lei. Qualcuno, poi, ha lasciato una dedica con un pennarello rosso: «Maria, per sempre nei nostri cuori». Molti altri anonimi in queste ore stanno affiggendo alla protezione di ferro del ponte sui Regi Lagni pupazzi di peluche e altri giocattoli, tutti in ricordo di quella bambina picchiata selvaggiamente e poi scaraventata nel canale artificiale come un sacco di rifiuti. Le automobili in transito qui rallentano. Qualcuno si ferma e osserva, qualcun altro si fa il segno della croce. «Era troppo bella questa bambina - esclama una donna di passaggio guardando la foto, e aggiunge – deve fare una brutta fine quel pazzo che l’ha uccisa». Il riferimento è chiaramente a Richard Osuf, il trentenne ghanese fermato e arrestato per l’efferato fatto di sangue. L’immigrato pare soffrisse da molto tempo di disturbi psichici. È stato trovato dalla polizia pochi minuti dopo aver scaraventato la bambina nei Regi Lagni, nascosto nella pineta comunale. Aveva in mano ancora l’arma del delitto insanguinata: un bastone di legno, che secondo alcuni testimoni portava fisso con sé almeno da un paio di settimane. Sulla sua colpevolezza ci sono pochi dubbi; eppure qualche piega d’ombra nell’intera vicenda persiste. Nessuno infatti ha visto Richard Osuf picchiare la bambina. Mary, al momento della tragedia si trovava da sola nel cortile di casa, una villetta a un piano di fianco all’American Palace. All’interno c’era la compagna del suo papà, che ha raccontato alle forze dell’ordine di non essersi accorta di nulla di quello che stava succedendo all'esterno, e di non aver neanche sentito Mary urlare. La donna è stata avvisata della tragedia da una sua connazionale, che si è precipitata in casa dopo aver visto Osuf con la bambina caricata in spalle indirizzarsi verso il ponte sui Regi Lagni. L’uomo, peraltro, stando a quanto raccontato alla polizia da due testimoni oculari, si è diretto sul ponte con la bambina in spalle senza avere particolare premura, ma con un passo leggermente veloce. «Appena abbiamo notato l’uomo camminare con la bambina sanguinante in spalle, ci siamo subito inorriditi, ma non abbiamo capito bene quello che succedeva – hanno detto ai poliziotti i due testimoni–. Quando, poi, abbiamo visto lui che buttava il corpicino nel canale ci siamo spaventati e abbiamo immediatamente chiamato i soccorsi. È stato tutto molto raccapricciante». I testimoni sono una coppia di italiani che si trovava in transito sulla via Domiziana. Dai numerosi immigrati che vivono in via Dante Alighieri, invece, non c’è stata molta collaborazione. «Nessun immigrato – ha sottolineato il dirigente del commissariato di Castelvolturno, Davide Della Cioppa – ha detto di aver visto né l’uomo picchiare la bambina, né ha raccontato di averlo visto Osuf trasportare il suo corpo lungo la strada e gettarlo nel canale». E siccome i tristi fatti sono avvenuti alle 10 di mattina e l'immigrato ghanese è passato col corpo di Mary in spalla proprio di sotto all’American Palace, questa appare una circostanza molto improbabile. In ogni caso, il risultato sull’esame autoptico sulla salma della bambina darà certamente elementi in più agli inquirenti per chiudere le indagini. L’esame è stato spostato a questa mattina, perché il papà di Mary è rimasto bloccato in Ghana. Forse arriverà in Italia oggi. Il giudice, ad ogni modo, ha chiesto alla mamma naturale della piccola, separata dal papà, di acconsentire all’autopsia. Nel frattempo anche l’interrogatorio di Osuf è stato rinviato a questa mattina: il magistrato, che segue il caso, infatti, ha deciso di attendere prima i risultati degli esami medici e psichici effettuati ieri sul presunto assassino. Che continua a restare chiuso in un silenzio assoluto. © RIPRODUZIONE RISERVATA


16/06/2011
RISSA ALL'OBITORIO TRA I GENITORI DI MARY

Accuse della mamma al papà appena arrivato dal Ghana: "non dovevi lasciarla sola".Vincenzo Ammaliato Castel Volturno. Sono venuti alle mani appena si sono visti. Il papà della piccola Mary sabato scorso, il giorno della tragedia, si trovava in Ghana per lavoro. La figlia era rimasta a Castel Volturno con la sua convivente. È atterrato ieri mattina a Fiumicino con un volo proveniente dal Paese africano. In treno ha raggiunto Napoli e poi Caserta. qui è corso all’obitorio dell’istituto di medicina legale nel pomeriggio, ed è arrivato mentre era in corso l’esame autoptico sul corpicino di sua figlia. Nella sala d’attesa l’uomo ha incontrato la sua ex moglie e mamma naturale di Mary, Bose Akkta. Lei lo ha immediatamente accusato di essere il responsabile della morte della bambina, gli ha urlato contro che non avrebbe dovuto lasciarla con la convivente. La tristezza e l’angoscia per la tragica fine della figlia ha acuito nei due il rancore maturato nei tanti anni di separazione e durante la lotta per l’affidamento della figlia, e i due sono andati letteralmente in escandescenza. Solo l’intervento del personale dell’ospedale ha permesso che si concludesse la lite. Scaramucce fra i due sono poi continuate a Castel Volturno, nei locali del commissariato litoraneo nel tardo pomeriggio, dove sono stati condotti. Qui, Bose ha presentato una formale denuncia per aggressione nei confronti dell’ex marito. Sul fronte giudiziario, intanto, Richard Osuf, il presunto omicida, continua a fare scena muta. Così come quando è stato arrestato sabato mattina dalla polizia nella pineta di Castelvolturno, allo steso modo, è rimasto in carcere durante il primo interrogatorio di garanzia col giudice Paola Cervo. E muto, Richard Osuf è rimasto anche durante il colloquio con l’avvocato d’ufficio che gli ha affidato il tribunale, Generoso Grasso. Il presunto assassino della piccola Mary non parla, e probabilmente non è neanche in grado di farlo. Lui è in Italia da sette anni, eppure in tutto questo periodo l’immigrato ghanese non risulta non essere mai stato visitato da alcuna struttura sanitaria. Ma è più che evidente che soffra di disturbi psichici. Il tribunale ha disposto per lui una visita laringoiatrica, per capire se sia davvero muto. Ma Osuf esegue correttamente gli ordini impartiti dalle guardie carcerarie. È più probabile, quindi, che sia lo stesso disturbo psichico di cui soffre a impedirgli di parlare. Per questo, il pubblico ministero che ha ricevuto ieri l’istruttoria disporrà quasi certamente a breve una visita psichiatrica sull’uomo. «Se non lo farà il tribunale – ha sottolineato il legale Generoso Grasso – presenterò io una specifica istanza, affinché si chiarisca il suo stato mentale». © RIPRODUZIONE RISERVATA

17/06/2011
Uccisa a bastonate, oggi l’addio a Mary

Vincenzo Ammaliato. Castel Volturno. Quando è stata gettata nel canale Mary era già morta, uccisa forse dalle botte. L’esame autoptico sulla bambina di sette anni uccisa sabato scorso e scaraventata da un folle nel canale artificiale dei Regi lagni è stato completato ieri all’istituto di medicina legale di Caserta. E questa mattina nel centro domiziano sarà celebrato il suo funerale. L’appuntamento è per le 10 nella moschea dell’imam Kamal, a Destra Volturno. Il papà della piccola Mary, essendo di fede musulmana, ha scelto il rito funebre islamico per sua figlia. La mamma, invece, è cristiana. E insieme ai volontari dell’associazione Jerry Masslo, coi quali collabora da un paio d’anni, lunedì sera alle 19 sarà sul luogo dell’efferato fatto di sangue, in via Dante Alighieri. Qui, di fronte al civico numero 5 e a due passi dal ponte sul canale sui Regi Lagni, ci sarà un momento di preghiera collettivo insieme con i missionari comboniani della vicina Chiesa cristiana degli immigrati. Mentre, sempre ieri il sindaco di Castel Volturno Antonio Scalzone ha firmato l’ordinanza di lutto cittadino. Anche le spese per seppellire il corpicino di Mary Morad saranno completamente a carico dell’amministrazione comunale del paese dove la bambina ha sempre vissuto. Intanto, anche se non direttamente confermato dall’istituto di medicina legale, pare che Mary sia morta non per annegamento, ma per le violente percosse ricevute al capo. Il medico legale incaricato dalla Procura di Santa Maria Capua Vetere ha un mese di tempo per consegnare la sua relazione, ma alcune indiscrezioni confermerebbero che la bambina sia deceduta per le violente bastonate ricevute nel cortile di casa. L’acqua presente nei polmoni della piccola, infatti, nonostante il corpo di Mary sia stato immerso nel canale circa mezz’ora prima di essere ritrovato, sarebbe troppo poca per far supporre una morte appunto per annegamento. Quando Osufu, l’immigrato arrestato dalla polizia perché ritenuto il responsabile dell’omicidio, ha trasportato il corpicino di Mary da casa sua fino al ponte dei Regi lagni, quindi, la bambina era probabilmente già priva di vita. A questo punto diventa ancora più fondamentale per le indagini capire con certezza cosa è capitato alle 10 di mattina dell’11 giugno nel cortile del villino di via Alighieri. Anche per questo motivo la polizia ha ascoltato ieri nuovamente tutti i testimoni dell’intera vicenda. Per quasi tutta la mattinata è stata sentita al commissariato anche la convivente del papà di Mary, che al momento della tragedia si trovava all’interno della casa, e che ha sempre raccontato agli inquirenti di non aver udito alcun rumore sospetto proveniente dal cortile, né di aver sentito Mary urlare. Osuf in carcere continua a rimanere muto. Raffaele Gravante, il dipendente comunale che sabato scorso mentre si trovava in transito lungo la Domiziana sul ponte dei Regi Lagni ha visto Osuf nascondersi in pineta e che ha aiutato il dirigente della polizia Davide Della Cioppa a bloccarlo, non ha dubbi che sia lui l'omicida di Mary: «Quando lo abbiamo sorpreso in pineta, nelle mani stringeva due bastoni di legno, uno dei quali sporco di sangue, e li ha usati contro di noi con una ferocia indescrivibile. Era come invasato. Non parlava, ma ci sfidava a gesti, e prima di riuscire a bloccarlo ha ferito sia me, sia il capo della polizia a colpi di bastone sferrati con un'inaudita violenza». Ma quella di oggi per il litorale domizio sarà una giornata da dedicare interamente alle preghiere e alla commozione. Una bimba di Castel Volturno è morta in maniera drammatica, e il paese si ferma nel suo ricordo. © RIPRODUZIONE RISERVATA