domenica 28 agosto 2011

Dimissioni consiglio comunale

Vincenzo Ammaliato. Diciassette mesi. probabilmente Antonio Scalzone non è superstizioso; eppure il numero diciassette non gli ha portato bene, perché tanti sono i mesi che è durata la sua terza amministrazione del turbolento centro domiziano. Eletto come sindaco di Castel Volturno nel mese di marzo del 2010 a capo di una coalizione di centrodestra, il ragionier Scalzone viene mandato a casa dalla maggioranza del suo consiglio comunale, che ieri sera ha presentato le dimissioni in maniera compatta al protocollo dell’ente di Piazza Annunziata. I nomi degli undici sottoscrittori sono in ordine rigorosamente alfabetico Armando Baiano, Carmine Brancaccio, Alfonso Caprio, Mosvaldo Caterino, Luigi Diana, Giuseppe Gravante, Flavio Iovene, Alfonso Iovine, Luigi Petrella, Umberto Sementini e Luigi Spierto. Più difficile risulterebbe l’elenco per partito politico d’appartenenza, considerando i continui cambi di casacca che hanno contraddistinto questa breve esperienza amministrativa, così come fu quella precedente del giudice Nuzzo. Peraltro, cinque degli undici consiglieri che hanno rovinato l’estate ad Antonio Scalzone, risultano essere stati eletti proprio nel suo partito di riferimento, il Pdl. In ogni caso, l’ormai ex primo cittadino annuncia ricorso legale. “Fra i firmatari delle dimissioni – sottolinea Scalzone – c’è un consigliere illegittimo”. Il suo riferimento è a Carmine Brancaccio, che al momento della campagna elettorale ricopriva la carica di presidente in un’azienda misto pubblico-privata, dove la parte pubblica è del Comune di Castel Volturno. “Sul caso del consigliere Brancaccio – sottolinea Scalzone – si è espressa anche la prefettura di Caserta, secondo cui la sua elezione è illegittima. Pertanto non avrebbe potuto firmare le dimissioni”. Secondo l’ex sindaco è lo stesso Carmine Brancaccio il burattinaio dell’operazione che di fatto ha sciolto la sua amministrazione. E le uniche ragioni che hanno portato a una così grossa adesione sarebbero da ricercare soltanto in aspetti di carattere personale e non politico. Incassato il duro colpo, Antonio Scalzone sferra, poi, il suo attacco: “A breve – avvisa – presenterò un articolato documento, dove, con prove fondate, mostrerò le ragioni delle dimissioni di ogni singolo consigliere comunale. Mostrerò i loro orticelli che la mia amministrazione è andata a ledere, nell’interesse dell’intera collettività; fra cui c’è la mancata bonifica di una cava inquinante, che sarebbe dovuta costare alla famiglia Baiano circa sette milioni di euro. E poi ci sono terreni di proprietà di alcuni consiglieri dissidenti che non sono rientrati nel Puc e tanto altro acora”. E’ una furia l’ex sindaco, che appena ventiquattrore prima aveva sottoscritto un accordo politico con l’Mpa e Forza del Sud per rilanciare la sua amministrazione. Ma anche gli undici consiglieri dimissionari sono apparsi particolarmente determinati. Sul documento di dimisisoni di legge che è la stessa città di Castel Volturno ad aver chiesto loro un atto simile. “ Perché il degrado politco degli ultimi mesi - scrivono - è il responsabile del mancato sviluppo del territorio. La cosa pubblica a Castel Volturno è gestita con inettitudine e assoluta approssimazione. Gli amministatori e la giunta comunale sono assolutamente incapaci e non c'è una maggioranza politica da troppi mesi”. Durante la particolare giornata di ieri, un primo tentativo di dimissioni dei consiglieri era andato a vuoto. Gli undici si erano recati a Caserta per formalizzare la propria volontà dinanzi a un notaio (iter non indispensabile per perfezionare la procedura). Successivamente avevano protocollato l’atto in municipio. Ma il documento era una semplice mozione di sfiducia al sindaco. E’ stata la funzionaria del Comune che ha ricevuto le dimissioni che ha fatto notare l’anomalia. Ormai la frittata, però, era fatta e il protocollo stava per chiudere. Ma per mandare a casa Scalzone non si poteva rischiare di perdere un altro giorno. La notte, infatti, avrebbe potuto far cambiare idea a qualche consigliere. Quindi è stato stilato in fretta un nuovo documento; una nuova carovana di consiglieri, quindi, è ripartita alla volta del notaio di Caserta, e una manciata di minuti prima delle 18, orario di chiusura del municipio, è stato protocollato l’atto, quello giusto.


Vincenzo Ammaliato. A mezzogiorno nel municipio di Castel Volturno la colonnina di mercurio ha toccato la riga record di trentasei gradi. Eppure, fra le stanze del Comune domiziano si respirava un’aria relativamente tranquilla, considerando l’atto delle dimissioni protocollate il giorno prima da undici consiglieri comunali, col quale si è di fatto mandato a casa l’amministrazione Scalzone. Alla prefettura di Caserta i dirigenti sono al lavoro per individuare il commissario da spedire nel centro litoraneo. Probabilmente già lunedì il funzionario metterà piede nel palazzo di piazza Annunziata. Fino a quel momento sarà ancora l’ormai ex sindaco, Antonio Scalzone, a firmare gli atti ufficiali, ma solo quelli ordinari. il commissariamento del Comune di Castel Volturno durerà fino alla prossima primavera. Ma la prefettura, valutando lo stato pietoso delle casse comunali e le inchieste giudiziarie della direzione distrettuale antimafia che vedono coinvolti numerosi pubblici amministratori, dipendenti comunali e agenti di polizia municipale del luogo, potrebbe anche decidere di posticipare le nuove elezioni amministrative nell’autunno del 2012. Intanto, il sindaco defenestrato si dice pronto alla battaglia. Non ha assolutamente intenzione di mollare la carica, e ancora meno la politica. Antonio Scalzone ha fatto sapere di aver già contattato il proprio legale e che sarebbe quasi pronto il ricorso al Tribunale amministrativo dell’atto di dimissioni, “viziato”, a suo parere, dalla firma di un consigliere non legittimato, Carmine Brancaccio. Peraltro, Scalzone ha aggiunto: “chi fa politica come me, per passione e amore del proprio territorio, lo fa per sempre. Pertanto, dello scioglimento di ieri si assumeranno la pesante responsabilità i consiglieri che lo hanno firmato. E in ogni caso, l’atto non servirà a togliere il sottoscritto dai loro piedi”. L’ex primo cittadino, quindi, si candida per lo “Scalzone quater”, ovvero la quarta candidatura a sindaco del paese domiziano. Chissà, se anche nella prossima tornata elettorale, però, sarà appoggiato dal partito delle libertà, spaccato in due tronconi sul litorale domizio: quelli che appoggiano Scalzone sempre e comunque e quelli che lo detestano. Ancora più complicato è lo scenario nei partiti di opposizione, posto che a Castel Volturno fossero esistiti durante questa amministrazione delle vere e proprie compagini politiche di cosiddetta minoranza. All’orizzonte manca un leader carismatico, capace di compattare il fronte. Gli stessi undici dissidenti che hanno messo lo sgambetto al ragionier Scalzone, sono riusciti a farlo solo nell’interesse di defenestrarlo, e non perché avessero un progetto politico alternativo. In ogni caso, è la prefettura adesso chiamata a risolvere le grane che l’amministrazione Scalzone avrebbe dovuto affrontare in questo scorcio di fine estate. La prossima settimana c’era in programma un delicato consiglio comunale con un solo punto all’ordine del giorno: la ratifica del bilancio. In cassa a Castel Volturno non ci sono più soldi. Sarà un commissario a gestire l’emergenza, e non solo questo. C'è da definire anche una volta per tutte la questione degli usi civici in una parte dell'area dove dovrebbe sorgere il nuovo porto turistico, far partire la raccolta differenziata e affrontare il bubbone di Castel Volturno: l'evasione tributaria. Intanto, stasera in piazza delle Fieste è confermata l'esibizione della banda musicale della Nato. Doveva suonare per festeggiare la fine dell'estate; suggellerà, invece, la fine dell'amministrazione Scalzone.

Grand Hotel Pinetamare


Vincenzo Ammaliato. Aveva riaperto i battenti appena due mesi fa, da ieri è nuovamente chiuso il Grand Hotel di Pinetamare. E questa volta, l’imponente struttura alberghiera al centro della località a sud di Castelvolturno non ha chiuso per ragioni commerciali, ma per un atto della procura a seguito di un blitz dei carabinieri accompagnati da agenti dell’ispettorato del lavoro. Ieri mattina, infatti, mentre nella piscina della struttura, stesi sui lettini e in acqua c’erano decine di clienti, i militari dell’arma guidati dal maresciallo Antonio Passaro hanno predisposto un’azione di controllo in materia di lavoro. Al termine dei serrati controlli, dei dieci dipendenti trovati al loro posto di lavoro, ben nove sono risultati essere impegnati senza alcun tipo di contratto. Nove impiegati su dieci, quindi, assunti a nero. All’amministratrice (le cui iniziali fornite dalle forze dell’ordine sono J.M.) della società Grand Hotel s.r.l., che dallo scorso giugno gestisce l’albergo da centocinquanta camere, è stato notificata una contravvenzione molto salata da diciannovemila euro. Solo dopo aver pagato questa cifra, l’albergo potrà riaprire, e con esso la piscina, il ristorante e il bar. Momenti di stupore si sono registrati fra i clienti della struttura alberghiera all’arrivo delle forze dell’ordine. Poco dopo aver compreso quello che stava succedendo, però, tutti hanno lasciato l’albergo e le strutture annesse e i carabinieri hanno potuto completare liberamente i propri controlli. Il Grand Hotel Pinetamare fra gli anni ’60 e ’70 aveva rappresentato il fiore all’occhiello della località turistica. Qui d’estate arrivavano a svernare numerosi turisti dal nordeuropa, e si organizzavano spettacoli con artisti di rilevanza internazionale. Nel 1981, però, iniziò la sua parabola discendente a seguito della decisione della Regione Campania di far ospitare nella struttura temporaneamente parte degli sfollati del terremoto che avave funestato l'Irpinia e Napoli. I cosiddettiSeguirono lunghi anni di anni di abbandono, fino a quando, a cavallo fra gli anni '90 e 2000, la famiglia Coppola, proprietaria della struttura, decise la sua laboriosa ristrutturazione, e al termine dei lavori fu affidata a una società turistica di Como che aveva numerosi credenziali nel settore. Dopo tre anni di attività, però, i gestori andarono via, lasciando all’asciutto i fornitori, senza vacanza i clienti e soprattutto senza corrispondere gli stipendi arrestrati e le liquidazione i dipendenti. Da qui seguirono altri tre anni di chiusura per la struttura, nelle cui mura sono stati girati alcuni film, il più famoso fra tutti “Stasera mi butto” con l’attrice Lola Falana e la coppia comica Ciccio e Franco. A giugno, finalmente, la riapertura, con una nuova gestione e tante speranze per il territorio che nella ripresa del Grand Hotel pone sempre molte aspettative, soprattutto, come volano per il settore commerciale. Evidentemente, però, questa nuova esperienza è partita col piede sbagliato, assumendo il personale senza contratto. La stagione estiva, intanto, volge al termine. La strttura non è stata sequestrata, hanno fatto sapere i carabinieri. Però per riaprire i battenti dovrà pagare l'ingente multa. Tutta la località di Pinetamare confida che il Grand Hotel non resti abbandonato al centro della territorio come esempio di una rinascita agognata ma che non arriva più.


Vincenzo Ammaliato. I carabinieri di nuovo in azione al Grand Hotel di Pinetamare. Questa volta, però, non si tratta di un’operazione di contrasto al lavoro nero, ma di qualcosa di molto più grosso. Per la direzione distrettuale antimafia di Napoli che ha firmato i cinque ordini d’arresto eseguiti dai carabinieri della locale stazione di Pinetamare, coadiuvati dai colleghi della compagnia di Mondragone, non c’è dubbio: è il clan dei casalesi che tenta di rialzare la testa dopo i duri colpi subiti negli ultimi tre anni anche sul litorale domizio dalla dura attività di repressione e investigazione messa in campo dagli apparati statali. A finire con le manette ai polsi e condotti in varie strutture carcerarie sono state cinque persone, sorprese all’alba nelle proprie abitazione. Si tratta dei quattro soci dell’istituto di vigilanza che gestisce la sicurezza all’interno del Gran Hotel: Luca Aprea, quarantadue anni, residente a Giugliano, i coniugi Natale Fioretto di cinquantuno anni, e Vincenza Vorzillo di quarantanove, domiciliati a Secondigliano, e del loro figlio ventottenne, Vincenzo Fioretto, residente a Melito. L’ultima persona raggiunta da decreto di fermo indiziato di reato è Alessandro Frongillo, un venticinquenne di Castelvolturno, residente in via Latina. L'uomo ha alcuni precedenti penali per reati contro la persona e il patrimonio, ma a suo carico risultano anche numerose informative di polizia che lo danno come molto vicino al clan camorristico dei casalesi e probabile nuovo referente della stessa banda criminale per l’area di Pinetamare. Secondo l’accusa dei giudici della direzione investigativa antimafia di Napoli, i cinque arrestati si sarebbero resi responsabili del reato di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso nei confronti dei gestori del grosso albergo posto al centro di Pinetamare, il Grand Hotel. Avrebbero, in pratica, imposto il servizio di vigilanza alla nuova gestione della struttura, e tentato di estorcergli denaro per conto e per nome del clan dei casalesi. A margine dei decreti di fermo, sono stati anche sequestrati i locali commerciali dove ha sede a Pinetamare la Traidng Security Aprea S. a. S., l’istituto di vigilanza oggetto del blitz. Gli inquirenti, hanno tenuto a precisare che agli arresti si è arrivati dopo una laboriosa azione d'indagine investigativa, posta in essere grazie a numerose intercettazioni ambientali.


Vincenzo Ammaliato. “Se l’indagine della direzione distrettuale antimafia di Napoli che ha portato all’arresto dei soci dell’istituto di vigilanza che presta servizio anche nel nostro albergo è concentrata esclusivamente sulla Grand Hotel Pinetamare, allora possiamo senza paura d’essere smentiti che ha preso un grosso granchio”. Aniello Tuccillo, il direttore della struttura alberghiera, poche ore dopo aver appreso degli arresti eseguiti dai carabinieri per una probabile estorsione subita dal suo hotel è categorico: “Non abbiamo subito alcuna pressione per avere indebitamente soldi o qualsiasi altra cosa da nessuno, meno che dall’istituto di vigilanza Aprea”. La società che lui rappresenta, La Grandi Alberghi s.r.l. con sede sociale ad Afragola, ha rilevato appena due mesi fa la gestione dell’albergo dei proprietà dei costruttori Coppola. “L’istituto Aprea – sottolinea il direttore Tuccillo – presta il suo servizio per il Grand Hotel da circa dodici anni. Noi abbiamo messo piede nella struttura da appena poche settimane, e ci è sembrato naturale confermare tutti i contratti con i precedenti fornitori di beni e servizi, fra i quali c'è anche l’istituto Aprea. E così come non ho notizie che in passato ci sono stati problemi di nessun tipo fra gli Aprea e i vecchi gestori, allo stesso modo, nel mese e mezzo che è iniziata la nostra attività, i rapporti con l’istituto di vigilanza sono più che buoni”. Seduto di fianco al Aniello Tuccillo ci sono i soci della Grandi Alberghi e l’amministratrice della società. Tutti confermano le parole del direttore, che aggiunge “Sia il sottoscritto, sia i soci della Grandi Alberghi, qualora chiunque di noi subisse una richiesta estorsiva, non esiteremo un solo istante ad avvisare le forze dell’ordine. In questo caso, però, non è successo nulla del genere. O quanto meno niente che ci abbia allarmato o preoccupato: nessuna minaccia, nessun furto, nessuna pretesa fuori dalle righe. In questo pochi giorni di nostra gestione al Grand Hotel Pinetamare è filato tutto liscio”. E’ visibilmente turbato il direttore del Gran Hotel. Sottolinea di aver appreso dell’operazione dai mezzi d’informazione. Di essersi recato spontaneamente dai carabinieri per chiedere maggiori dettagli. La sua società, seppure arrivata da poco a Castel Volturno ha aderito all’associazione commercianti di Pinetamare. E aveva fatto richiesta di adesione anche all’associazione antiracket Mimmo Noviello. “Le cose che succedono in questa zona – aggiunge il direttore Tuccillo – continuano a stupirci. In ogni caso, abbiamo investito a Castelvolturno perché crediamo che sia un territorio dalle grosse potenzialità. Qui, abbiamo anche trasferito le nostre famiglie. E nonostante tutto continueremo la nostra attività”.



martedì 16 agosto 2011

Tartaruga Caretta - Caretta morta



Vincenzo Ammaliato
Sono le 17, e il soccorso acquatico dei vigili del fuoco e una motovedetta della capitaneria di porto si dirigono entrambi velocemente in direzione della spiaggia di Fontana bleu per un’emergenza. Ma qui, al Lido Il Gabbiano, non c’è alcun bagnante in difficoltà da soccorrere. Sull’arenile si è spiaggiata l’ennesima tartaruga marina. Ed anche in questa circostanza, come tante altre in precedenza, la testuggine è morta. La sfortunata tartaruga era della specie Caretta-Caretta ed era lunga circa un metro. Non presentava sul corpo alcuna lesione. Ma aveva delle macchie di sangue sul volto, probabilmente fuoriuscite dal naso. “Si tratta sicuramente di un’animale morto a causa della pesca di frodo effettuata con la tecnica delle bombe”, sentenzia Luigi Russo, il titolare dello stabilimento balneare. Che poi aggiunge: ”li vedo tutte le sere i pescherecci arrivare fin quasi sotto la riva. E di notte sento il fragore dell’esplosioni”. La tartaruga morta ieri e solo l’ultima in ordine di tempo di una lunga lista di stessi esemplari spiaggiati a Castelvolturno, e purtroppo non sarà neanche l’ultimo; perché la pratica della pesca di frodo in zona è molto diffusa. La Caretta–Caretta è un esemplare in via d’estinzione. Solitamente, parte dalle limpide acque del Peloponneso per raggiungere il mar Tirreno. E qui spesso va incontro a una cattiva sorte.

Lavoratori immigrati sorpresi di spalle e picchiati



Vincenzo Ammaliato.
La prima vittima degli agguati è stato un giovane nigeriano, bersagliato da un lancio di pietre. Poi è stata la volta di un immigrato ghanese, spintonato di spalle e fatto ruzzolare a terra. L’altra notte, invece, l’asticella della violenza si è pericolosamente alzata: la vittima delle aggressioni è stato un liberiano, accerchiato da un gruppo di almeno dieci persone e malmenato con delle aste di legno, e come le volte precedenti, senza alcuna ragione apparente. Il luogo degli agguati e l’orario sono sempre gli stessi: la strada di Destra Volturno che dai villini porta alla fermata del pullman sulla via Domitiana, fra le quattro e le cinque di mattina. Gli assalitori si materializzano nel buio dai viali polverosi del quartiere a bordo di scooter e in auto. Sono probabilmente gruppi di giovani italiani ed hanno fra i diciotto e i venticinque anni. Le loro vittime, giovani immigrati che in questo quartiere dormono, e che tutte le mattine dell’anno, anche nel periodo di ferragosto, si alzano dal letto alle 4 della mattina e si recano sul doppio senso nella provincia di Napoli attendendo chiunque gli possa offrire una giornata di lavoro. A denunciare le aggressioni è l’Imam della piccola moschea di Castelvolturno, Kamal. “Si tratta di atti vili, condotti da gruppi di persone che prendono di mira ragazzi di colore che viaggiano da soli”, sottolinea con rabbia l’Iman Kamal, che aggiunge: “Sto cercando di rassicurare i miei fratelli del posto che a breve queste aggressioni termineranno, di stare tranquilli e di non cedere alle continue provocazioni. Ma le istituzioni e le forze dell’ordine ci devono stare vicini. Temo si possano verificare anche qui a Castelvolturno tumulti molto simili a quelli scoppiati due anni fa a Rosarno”. Ma chi sono gli assalitori degli immigrati lavoratori a nero di Destra Volturno? Le vittime si esprimono in inglese, e spiegano che è gene che viene in questo quartiere di Castelvolturno “in the summer time” (nel periodo estivo). Si tratta quindi probabilmente di villeggianti. “Di giorno – racconta Anthony Prince, uno degli immigrati colpito – li vedi circolare impunemente per il quartiere a bordo di moto senza casco, ma anche a dorso nudo e con in bella mostra tutti i loro numerosi tatuaggi. Perché – chiede l’immigrato – nessuno interviene e gli è consentito fare ogni cosa desiderano, anche se illegali. Perché ci prendono come bersaglio i ci aggrediscono con tanta rabbia?”. Anthony ha la testa fasciata, numerosi dubbi e tanta perplessità. Lui e i suoi amici non si sono recati dalle forze dell’ordine per denunciare le aggressioni. “Siamo clandestini – spiegano con la paura che si materializza nei loro occhi – se lo facciamo rischiamo di essere arrestati”. I balordi dell’estate castellana sanno bene che le loro vittime difficilmente li denunceranno. Si tratta certamente di vigliacchi che proprio per questo motivo scelgono loro come vittime.

I parcheggi della camorra


Vincenzo Ammaliato. Per la polizia che sta seguendo il caso, non si tratta di una bravata estiva di ragazzetti annoiati, né di un episodio da sottovalutare. Il parabrezza dell’auto di Fabrizio Maddaluno sfondato l’altra notte da un colpo d'arma di fuoco esploso da anonimi pistoleri potrebbe rappresentare il segnale di alcune contrapposizioni all’interno di personaggi del posto legati alla malavita organizzata. Maddaluno, seppure pregiudicato per vari reati, non è mai stato coinvolto in fatti di associazione a delinquere; ufficialmente è disoccupato. Ma è conosciuto bene dalle forze dell'ordine del luogo come parcheggiatore abusivo. Lui è uno dei tanti giovani di Castelvolturno che in estate e nei finesettimana si piazzano ad ogni angolo della località pronti ad accogliere i numerosi automobilisti che qui arrivano per recarsi negli stabilimenti balneari e nelle attività ristorative e a estorcere loro soldi per il parcheggio dell’auto (due euro nei giorni feriali, tre i fine settimana). E non si tratta di improvvisati disoccupati che cercano con questo tipo di attività di sbarcare il lunario. I parcheggiatori abusivi della località domiziana, infatti, sono sempre stati gestiti direttamente dalla criminalità organizzata, che qui aveva fino allo scorso anno in una vecchia e radicata famiglia malavitosa i propri reggenti. Recenti operazioni della direzione antimafia di Napoli, però, l'ha di fatto annullata. E ai vecchi capi ne saranno sopraggiunti di nuovi; col passaggio, qualcosa nel collaudato business dei parcheggi sarà saltato. Non tutto per i nuovi boss evidentemente sta scivolando liscio. L’atto intimidatorio all’auto di uno dei parcheggiatori abusivi, potrebbe esserne la dimostrazione. Peraltro, nelle ultime settimane ci sono state numerose attività di contrasto del fenomeno dei parcheggi abusivi portate a termine dalle forze dell’ordine. Ci sono stati anche alcuni parcheggiatori arrestati perché colti in flagranza di reato da carabinieri che si erano finti automobilisti in cerca di sostare la propria vettura. Evidentemente i nuovi capi non sono riusciti a gestire alla perfezione gli eventi. Lo sparo dell’altra notte potrebbe essere il chiaro sintomo che qualcosa nel collaudato business si è rotto. Oppure, semplicemente, i soldati stanno accettando malvolentieri gli ordini dai nuovi ufficiali. Pinetamare attende i nuovi sviluppi. Intanto, chiunque in questa località desidera parcheggiare la propria vettura per strada continuerà a pagare due o tre euro a secondo della giornata alla camorra.

famiglia con bambini in ccasa senza ringhiera



Vincenzo Ammaliato
C’è chi per la cura della casa dove vive ha un’attenzione maniacale; c’è chi è sempre attento a fornirla dell’elettrodomestico di ultima generazione e di quello alla moda; c’è chi il tempo libero lo dedica interamente alla manutenzione di porte, finestre e rubinetti. E c’è anche chi vive in un’abitazione al secondo piano di una palazzina, dotata di una grossa balconata, ma sprovvista di ringhiera. Se poi, in questa casa, ci sono anche due bambini, e allora, la circostanza diventa imbarazzante per chiunque ne viene a conoscenza e si volta dall’altra parte convinto che il problema non lo riguardi. La casa in questione si affaccia sull’ormai ex porto di Pinetamare, nel Comune di Castelvolturno. Qui dovrebbe nascere il nuovo molto turistico da milleduecentocinquanta posti barca. Intanto c’è solo un grosso scheletro di cemento, che una volta era un quartiere che ospitava le famiglie dei militari della Nato, il parco Saraceno. Oggi è un vero e proprio “luogo non luogo”, dove nelle circa trenta palazzine si ritrovano come attratti da una calamita uomini e donne (e con loro bambini) che per diverse ragioni, ognuna con una propria caratteristica peculiare, hanno ormai poco da chiedere e da offrire alla società e che qui cercano di sbarcare il lunario e una rete familiare perduta o mai avuta. Per lo Stato, il parco Saraceno non è una zona franca: semplicemente, non esiste. Qui, gli abusivi che ci abitano, oltre che ovviamente non pagare l’affitto, non pagano le bollette della luce, né quella dell’immondizia, né quella dell’acqua. Loro non sono degli anarchici, non strappano le fatture quando gliele consegna il postino. Perché, qui non arriva nessun postino; e in ogni caso, nessun ente, pubblico o privato che sia, emette fattura per i servizi che eroga anche per loro. Da almeno otto anni, da quando si parla della costruzione del nuovo porto turistico, fra le stanze del municipio castellano si sente dire che il parco Saraceno sarà demolito interamente (per fare spazio a pontili e yacth). Eppure, in tutto questo tempo, le uniche cose che sono venute giù, e che continuano a cadere, sono interi pezzi dei cornicioni delle malandate palazzine. Cadono sull’asfalto, talvolta sulle automobili parcheggiate in sosta. E fin’ora, forse solo perché il “cielo” così ha voluto, mai in testa a qualche passante. La società che deve realizzare il nuovo porto, la Marina di Pinetamare dei costruttori Coppola, dovrebbe presentare al municipio litoraneo un progetto di riqualificazione della zona. Lo strumento urbano, poi, dovrebbe essere valutato dalla Provincia di Caserta e dalla Regione Campania; ma intanto, se n’è persa traccia. Così come degli stessi lavori del nuovo porto, annunciati numerose volte come imminenti negli ultimi due anni, mai partiti definitivamente. La gente del luogo li aspetta con particolare ansia, avendo concentrato proprio nella realizzazione del porto le speranze per la riqualificazione del proprio territorio, diventato da almeno un ventennio “terra di nessuno”. Probabilmente, anche i componenti della famiglia con la casa senza ringhiera aspettano l’inizio dei lavori del nuovo molo, ma con delle prospettive diverse. Per questo, forse, si affacciano al balcone e si siedono, col rischio di cadere di sotto. Aspettano anche loro come tutti gli altri abitanti di Pinetamare e di Castelvolturno l’inizio del lavori del nuovo porto. Un’ attesa che sulla Domiziana assomiglia sempre più a quella per Godot, il protagonista del celebre romanzo di Samuell Beckett.

Bagnara

12/08/2011
Vincenzo Ammaliato. Benvenuti a “Bagnara Beach”. Benvenuti sulla costa a nord di Castelvolturno dalla soffice e sottile sabbia dorata. Benvenuti ai numerosi bagnanti di ferragosto sulla spiaggia che non esiste. Sono centinaia le persone che l’hanno scelta come meta per le proprie ferie. Eppure, sull’arenile di Bagnara, quartiere confinante con quelli di Destra Volturno e Pescopagano, è assolutamente e formalmente vietato fermarsi e prendere il sole; ancora più, tuffarsi in acqua e fare il bagno. Il mare qui, però, non è inquinato. Anzi. Lo scorso anno gli unici tre chilometri di mare balneabile a Castelvolturno li ottenne proprio Bagnara. E’ il lento ma inesorabile fenomeno naturale dell’erosione della costa a causare i disagi in questa parte del litorale domizio. Dieci anni fa qui c’erano almeno duecento metri dall’inizio dell’arenile alla riva del mare. Oggi, i metri non sono più di cinque. Le strutture dei dieci stabilimenti balneari che insistevano su questa spiaggia sono state completamente inghiottite dal mare. E anche le numerose villette del quartiere stanno subendo la stessa sorte. L’amministrazione comunale di Castelvolturno lo scorso mese di maggio ha emanato delle ordinanze di divieto di transito sull’intera area. E la protezione civile regionale ha impegnato oltre centomila euro prelevandoli dai capitoli per le “somme urgenze” per delineare l’area e istallare dei new jeresey in cemento. Ma i pendolari del mare attratti dalla giornata in spiaggia gratis e la gente del posto evidentemente troppo affezionata a quest’arenile, sfidano ogni giorno divieti e barriere per prendere il sole qui e fare il bagno fra le macerie degli immobili costruiti abusivamente. Bagnara, quando fu realizzato negli anni ’70 era un quartiere turistico senza grosse pretese, nato col preciso compito di offrire la possibilità anche a chi non aveva grosse capacità finanziarie di avere una “seconda casa a mare. Quelle case realizzate a basso costo, però, furono tirate su quasi tutte in dispregio di qualsiasi norma edilizia; furono realizzate, peraltro, su demanio marittimo e forestale. In tutto questo tempo, nessuna istituzione ha pensato di dare corso alla legge e demolirle gli immobili abusivi. Eppure oggi Bagnara agli occhi dei suoi bagnanti abusivi, appare come un quartiere dilaniato dalle bombe. Ovunque, sulla spiaggia e in mare spuntano tubi in ferro arrugginito, parti di mattonelle e calcinacci vari. E il merito (o la colpa, per altri) di questa devastazione in salsa castellana è della natura che si sta riprendendo lentametne una personale rivincita sull’uomo che qui è stato decisametne troppo spregiudicato. Intanto, anche questo ferragosto passerà, e i bagnanti abusivi della spiaggia di Bagnara per il prossimo anno dovranno cercarsi quasi certamente un'arenile alternativo.

Ferragosto a castelvolturno

11/08/2011
Vincenzo Ammaliato. Le casse comunali sono vuote e l’amministrazione non ha la possibilità di finanziare le classiche feste estive per intrattenere e divertire residenti e turisti? A Pinetamare i commercianti e l’associazione religiosa Santa Maria del Mare fanno gruppo, si incontrano e decidono di mettere su un eterogeneo cartellone di eventi a proprie spese. La chermesse durerà sei giorni e unirà sotto le stelle musica, gusto e culti sacri. Per tutta la durata della manifestazione ci saranno nel piazzale dei Gabbiani stand con prodotti enogastronomici locali. La partenza è prevista per questa mattina alle 10 con il Freshmade, una no stop di musica rap e realizzazione di graffiti, che come dice il suo ideatore, Vanni de Stefano “ha il sapore dei tempi passati, ma che si affaccia al futuro”. A seguire, alle 22, sempre in piazza dei Gabbiani, si esibirà il gruppo di Susy Savarese, con un revival musicale di brani anni ’70 e ’80. Domani, invece, sempre nello stesso luogo sarà il turno di una cover band di musiche di Pino Daniele. Mentre nel piazzale dei Gigli (quello antistante la Chiesa) si esibiranno i diciotto componenti del gruppo Roma Napoli andata e ritorno, del tenore Christian Moschettino, col loro collaudatissimo spettacolo “dal Vesuvio al Cupolone”. Sabato, sarà il giorno dedicato al gruppo Radio Freccia, con canzoni ispirate al cantante Luciano Ligabue. Mentre la vigilia di ferragosto, domenica, sul palco del gabbiano salirà la VR Band, che eseguirà canzoni del rocker Vasco Rossi. Il giorno di ferragosto, invece, sarà dedicato alle dolci note della musica classica napoletana, con Gianni Mobilya e la Tammuriata band. Gli eventi si concluderanno con la processione marittima della statua della Madonna del Mare e i classici fuochi d’artificio esplosi sulla spiaggia di fronte al porto.

Ieri i sigilli al centro commerciale

23 Luglio 2011
È stato il frastuono dell'elicottero in volo sulla via Domiziana a dare il buongiorno alla gente del Villaggio Coppola e a quelli di via Veneto. Il velivolo della Guardia di Finanza ha iniziato a sorvolare incessantemente l'area del centro commerciale dalle 9. Quindici minuti dopo, nel parcheggio del Giolì hanno fatto irruzione numerose vetture della Guardia di Finanza. Dai veicoli sono scesi almeno cento agenti in divisa grigio-verde che si sono diretti in parte nei numerosi negozi della galleria, che avevano appena aperto al pubblico, e in parte negli uffici del terzo piano della struttura commerciale dove si trova la dirigenza del centro, e qui sono rimasti per tutta la giornata. Ovviamente si sono registrati momenti di stupore e anche a tratti angoscia fra i gestori delle varie attività e il personale del Giolì.
Ai vari negozianti della galleria, circa una quarantina, sono state chieste informazioni sulle titolarità delle gestioni; gli agenti hanno annotato i dati, chiesto di poter visionare le carte contabili e quelle statutarie; poco dopo sono andati via, senza rilasciare alcuna notifica. «Attendevamo con grosse speranze l'arrivo dell'estate e che arrivassero più clienti, affinché potessimo sistemare parte dei bilanci delle nostre attività – ha commentato amareggiato il gestore di un negozio della galleria – invece, è piombata la Guardia di Finanza per controllare se avessimo contatti con i camorristi. Tutto questo è assurdo». In ogni caso, i negozi della galleria risultano essere ancora tutti aperti al pubblico; il centro commerciale, in pratica, non ha chiuso, nonostante la società che ha realizzato e che gestisce la struttura sia stata sequestrata dai finanzieri.
Centro Commerciale GioliIl Giolì fu inaugurato con una gran festa alla presenza del primo cittadino del posto, Antonio Scalzone, nel mese di aprile dello scorso anno, poche settimane dopo le elezioni per il rinnovo dell'amministrazione comunale. E il centro commerciale di fronte al Villaggio Coppola fu a tutti gli effetti il protagonista della campagna elettorale che precedette quelle elezioni. Quasi tutti i candidati in lizza, infatti (in maniera trasversale fra quasi tutti i partiti), si schierarono apertamente per la sua apertura, ostacolata dalle norme comunali al commercio che non prevedevano l'apertura di una struttura simile nell'area dove si trova. Secondo l'accordo di programma sottoscritto nel 2003, infatti, a Castelvolturno sarebbero dovuti nascere due centri commerciali, entrambi realizzati dalle società del Consorzio Rinascita. Una terza struttura, quindi, non era assolutamente prevista. Per questo motivo, la società che ha realizzato il Giolì chiese ed ottenne dal Comune litoraneo soltanto una licenza per la realizzazione di un impianto produttivo, e non commerciale.

A febbraio del 2010, però, un esercito di quasi mille persone marciò dal Giolì ancora chiuso alla casa comunale in piazza Annunziata, chiedendo l'apertura del centro a tutti i costi, perché secondo loro avrebbe dato lavoro centinaia di disoccupati del posto. Anche la passata amministrazione, quella turbolenta del magistrato Francesco Nuzzo, rischiò di sciogliersi più volte, a causa delle continue forzature che alcuni consiglieri comunali proponevano per l'apertura del centro, chiedendo la modifica del piano commercio. L'inchiesta di ieri che ha portato al sequestro della società che gestisce il Giolì, in ogni caso, farà chiarezza sulle singole responsabilità. Anche se gran parte della storia del centro commerciale è già raccontata nelle seicento pagine dell'impianto accusatorio della direzione distrettuale antimafia di Napoli che lo scorso novembre portò all'arresto di tre persone e al coinvolgimento di quarantuno fra amministratori politici, pubblici ufficiali e dipendenti comunali di Castelvolturno, tutti accusati di associazione a delinquere e a vario titolo di aver favorito il clan camorristico dei casalesi. Indagati anche, per abuso d'ufficio, i sindaci Francesco Nuzzo e Antonio Scalzone. Per permettere l'apertura del Giolì, secondo quell'inchiesta, furono violate numerose norme sia civili, sia penali; ci fu corruzione, concussione e anche una tangente di circa duecentomila euro. Intanto, questa sera nella piazzetta del Giolì, Guardia di Finanza permettendo, c'è in programma una lezione gratuita di tango argentino. © RIPRODUZIONE RISERVATA