giovedì 29 gennaio 2009
Blitz anti-clandestini polemica a Castelvolturno
25/01/2009
VINCENZO AMMALIATO Sui controlli anti-immigrazione clandestina e sugli interventi di ripristino della legalità è polemica a distanza tra il questore di Caserta e le associazioni pro-immigrati. «La polizia di Caserta ha una tale cultura della democrazia, che il suo operato è al di sopra di ogni sospetto», ha detto ieri il questore Carmelo Casabona intervenendo sul blitz compiuto a Castelvolturno nelle ultime ore contro vari fenomeni di abusivismo e illegalità. Di fronte alla denuncia delle associazioni, che hanno riferito di presunte frasi razziste indirizzate agli extracomunitari nel commissariato di polizia, Casabona ha precisato che «la polizia di Stato sta agendo attraverso operazioni chirurgiche sul territorio di Castelvolturno, che mirano a isolare gli irregolari che delinquono, non quelli che lavorano. Noi non colpiamo nel mucchio». Secondo il questore esiste il rischio, invece, che le denunce siano «strumentalizzate» da chi ha interesse a «disturbare» il lavoro delle forze dell’ordine, perché ha interesse a che il territorio resti presidio della criminalità. La Rete antirazzista e il Movimento dei migranti e dei rifugiati di Caserta hanno invece denunciano «lo spreco di denaro pubblico in una operazione risoltasi in un buco nell’acqua». La Rete ha evidenziato il fermo, «in molti casi ingiustificato», di oltre 70 extracomunitari, e «alcuni atteggiamenti razzisti» denunciati dagli stessi immigrati da parte dagli agenti «che cercavano droga e armi e non hanno trovato nulla». Si sarebbe trattato, a loro dire, di un «blitz nel mucchio. Non è stato trovato neanche un grammo di droga - accusano - né sono state trovate armi o latitanti. I migranti e i rifugiati titolari di un permesso di soggiorno sono stati denunciati in quanto ospitavano in casa amici, fidanzati, mariti, mogli, sorelle e fratelli colpevoli di non avere un permesso di soggiorno. Undici donne sono state trasferite al Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria (Roma) e sei sono detenute al Cie di Bari. Altri migranti e rifugiati sono stati rilasciati». Ma l’azione di controllo da parte dello Stato non si ferma. Ieri la polizia ha sequestrato un immobile, al civico 22 di via Caltanisetta, al Parco Lagani. Qui, gli agenti del locale commissariato durante il blitz dello scorso giovedì mattina hanno sorpreso numerosi immigrati che vivevano sotto lo stesso tetto, tutti sprovvisti di permesso di soggiorno e senza che il proprietario dell’edificio avesse comunicato alle forze dell’ordine la cessione del fabbricato né, ovviamente, registrato alcun tipo di contratto di fitto. Gli atti del procedimento, adesso, sono passati alla Procura della Repubblica, che dovrà valutare l’opportunità di provvedere alla confisca della villa di due piani. Il proprietario dell’immobile sequestrato, L.A., 65 anni, non è l’unico cittadino italiano che ha subito un provvedimento della polizia giudiziaria. Altri tre proprietari di altrettanti immobili controllati al Parco Lagani dovranno rispondere di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Disagi e contraddizioni di un ex «buen retiro»
Il primo nucleo di ville del Parco Lagani fu costruito sul finire degli anni ’60 ai margini della via Domiziana al chilometro 34 della statale. Dieci anni dopo le abitazioni del quartiere realizzato di fronte al Villaggio Coppola contavano già circa trecento unità immobiliari. Nelle villette a uno o due piani con giardino e posti auto abitavano in prevalenza famiglie originarie del Napoletano, scappate dal caos metropolitano alla ricerca di una tranquillità che il litorale domizio riusciva in quegli anni ancora a offrire. Del comfort e dei servizi del parco approfittarono anche numerose famiglie di militari statunitensi in servizio alla Nato. Nei primi anni ’80, invece, con l’arrivo in zona degli sfollati del terremoto, iniziò il declino del paese costiero e con esso anche del parco Lagani. Quando, poi, i terremotati tornano a fine anni ’80 nei loro paesi d’origine il quartiere non riuscì più a risollevarsi, come fatto, invece da altre località della zona. Le abitazioni restarono quasi tutte vuote, e con grossi problemi strutturali. Molti dei proprietari, però, piuttosto che ristrutturare le ville, preferirono fittarle ai tanti extracomunitari che in quegli anni venivano in massa nella zona per i raccolti nei campi agricoli; gente che non aveva grosse pretese. Negli ultimi venti anni il parco Lagani è stato spesso al centro delle cronache giudiziarie della zona. Qui è concentrato gran parte dello spaccio di droga che avviene sulla Domiziana. Qui vivono numerose ragazze africane che si prostituiscono sulle vie delle province di Napoli e di Caserta. In questa parte del territorio italiano è stato importato dall’Africa il particolare fenomeno presente nel continente nero, che vede convivere fra loro senza mai scontrarsi all’apparenza il lusso più estremo e la miseria più totale. Ai due lati della via Domiziana compaiono quartieri appunto, come, da una parte il parco Lagani, dove ogni giorno e ogni notte muore la dignità umana, e dall’altra alberghi di lusso che offrono ai propri clienti provenienti dal ricco occidente ogni tipo di comfort. Il parco Lagani negli ultimi due decenni è stato una sorta di zona franca, dove lo Stato di fatto non entrava. Il blitz della polizia dello scorso giovedì è stato accolto quasi con meraviglia dalla gente del posto, abituata a convivere con l’illegalità diffusa. Lo stesso stupore che si manifestò lo scorso novembre quando le forze dell’ordine fecero un’operazione analoga nel vicino American Palace. E sorpresi sono anche gli immigrati della zona. «Noi non abbiamo fatto niente di male, perché la polizia ce l’ha con noi?, chiede con il volto malinconico un extracomunitario d’origine africana che vive al Parco Lagani. vi.am.
Lo sfogo di un residente: investiti i risparmi di una vita ma siamo costretti a restare qui come autoreclusi
«Questa villa la pagai negli anni ’70 più di cento milioni di lire. Se la vendessi oggi non mi darebbero più di quaranta mila euro. Come faccio ad andare via da questo posto? Io e la mia famiglia siamo purtroppo condannati a vivere al parco Lagani». Questa storia ce la racconta Daniele Patriarca (nella foto): è un pensionato dell’Alitalia. Vive in un villino del posto protetto da un cancello alto più di due metri e da due lucchetti al cancello. Questo l’investimento fatto tempo fa con tutta la famiglia. Ed è ovviamente molto amareggiato dal degrado che circonda il posto in cui vive. Cosa offre questo luogo ai residenti? «Non esco mai di casa, se non per necessità. Questo parco, che all’inizio, quando decisi di portare qui la mia famiglia, era il miglior quartiere della Domiziana, adesso è diventato un vero e proprio ghetto che tiene me e le poche famiglie perbene rimaste in zona carcerate in casa. In pratica, noi ci definiamo degli autoreclusi». Quali i servizi più carenti? «Pensi, abbiamo sottoscritto un mutuo, e stiamo pagando mese per mese delle rate molto alte per poter godere di quelli che dovrebbero essere dei diritti». Per esempio? «Come ad esempio avere dei tombini o i pali dell’illuminazione. Ma nel parco Lagani i diritti spettano solo agli immigrati che possono fare quello che vogliono senza alcuno che contesti niente». A che cosa si riferisce? «Qui vendono di tutto. Oltre alla droga e al sesso, nelle ville hanno messo su dei veri e propri minimarket, saloni di bellezza, ostelli e altro. Tutto, ovviamente, a nero, e in spregio di qualsiasi legge e norma». Ma la colpa del degrado nel quale è piombato il parco a chi va attribuita? «Gli extracomunitari fanno quello che è permesso fare. Coloro che hanno rovinato il parco Lagani sono i proprietari delle ville che le fittano senza fare nessun tipo di controllo. Non importa loro quante persone vivano sotto lo stesso tetto. Per loro basta solo che ogni mese sia corrisposto il canone; per il resto, nelle case del parco Lagani si può fare qualsiasi cosa». vi.am.
ESTATE 2006 GUERRIGLIA TRA NIGERIANI E GHANESI
Era l’estate del 2006 quando, proprio al Parco Lagani, si registrò uno degli scontri più violenti tra ghanesi e nigeriani: 9 feriti, tre auto sfasciate e due case devastate il bilancio di quelle tre ore di autentica battaglia. All’origine della guerriglia un debito non pagato secondo la versione degli immigrati, gli affari di droga secondo la polizia.
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