domenica 21 settembre 2008

«Ora tutto ci fa paura lo Stato e la camorra»


21/09/2008
VINCENZO AMMALIATO Come se si fosse trattato di un grosso incubo collettivo. Ieri mattina sulla via Domiziana, nel territorio di Castelvolturno, splendeva un forte sole nonostante il freddo, e già alle 10 l’arteria litoranea si presentava senza alcun segno del turbolento passaggio del corteo di africani del giorno prima. Appena qualche insegna delle numerose attività commerciali presenti lungo la via danneggiata, e null’altro. I cartelli divelti erano stati portati via, i cassonetti dei rifiuti già rimessi ai loro posti, i guard-rail risistemati. E loro, l’esercito degli immigrati centroafricani di Castelvolturno, era a fare né meno né più di quello che fa ogni sabato mattina dell’anno. I soliti capannelli all’esterno dei centri di telefonia internazionale; i fedeli delle chiese pentecostali in abiti da festa a celebrare le liturgie; le orde di operai stagionali in attesa sulla Domiziana, in piedi alle fermate dell’autobus in attesa di un mezzo di trasporto che li accompagni ai posti di lavoro; e i tossicodipendenti che trovano riparo all’ex Hotel Boomerang-Zagarella che entrano ed escono al solito come fantasmi dalla fatiscente struttura del Villaggio Agricolo. Solo le lucciole di colore sono diminuite rispetto al solito e hanno anche cambiato atteggiamento. Adesso non attendono più i clienti italiani facendo dei capannelli all’esterno dei viali dove vivono. Sono immobili, invece, alle fermate degli autobus, abbigliate in maniera non provocante fingendo di attendere il pullman. Una misura considerata necessaria visti i recenti regolamenti contro la prostituzione e, dopo i disordini di venerdì, il conseguente aumento di pattuglie di carabinieri, polizia e guardia di finanza lungo la Domiziana. Ma questo in verità accadeva già da oltre un mese, da quando cioè sono entrate in vigore le severe leggi comunali e del governo, un giro di vite contro la prostituzione. Fermandosi a parlare con gli immigrati, però, si legge chiaramente la paura nei loro occhi. Paura della risposta, forte e intransigente, dello Stato per i disordini scaturiti durante la marcia; paura, soprattutto, perché ormai tutti gli immigrati di Castelvolturno si sentono bersagli della camorra. Dopo la rabbia del giorno di San Gennaro chiedono ai giornalisti italiani che li intervistano: «Perché la camorra ce l’ha con noi? Perché tanta ferocia? Perché massacrarci?». Anche Teddy Egowman, il presidente dell’associazione dei nigeriani di Castelvolturno, rimasto ferito il 18 agosto scorso insieme alla moglie e ad altri tre connazionali a seguito di un raid nel cortile di casa sua, è scosso per l’eccidio di giovedì notte. Le vittime tutte ghanesi, liberiane, del Togo, ma il suo livello di coinvolgimento emotivo è ugualmente forte. «Ancora più di ieri - dice il presidente Egowman dalle città del Nord Italia dove si è rifugiato - sento di essere un miracolato. Il commando venuto a casa mia lo scorso mese era entrato in azione per fare una strage come quella consumata con ferocia proprio al Lago Patria. Cosa cerca la camorra dei casalesi da noi immigrati africani?. E, dopo la strage di giovedì, gli inquirenti cercano testimoni e conferme. Ma pochi collaborano. «Tenuto conto della carenza di fatti e di come si muovono devono essere per forza nella zona del Casertano. Non possiamo dire che vengono protetti da una rete di fiancheggiatori, ma sicuramente li protegge anche la paura e l’omertà della gente perbene che non trova il coraggio di collaborare», ha spiegato il comandante provinciale dei carabinieri Carmelo Burgio. Su un biglietto appoggiato a un fascio di fiori lasciato ieri da un anonimo (si dice sia un italiano) sul luogo della strage, al chilometro 43 della Domiziana, poco distante dalla sartoria bersaglio dei killer, c’era scritto: «Siamo tutti nella stessa Castelvolturno».

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