martedì 12 ottobre 2010

Sciopero ai semafori: "oggi non lavoro a meno di 50 euro"


09/10/2010

Vincenzo Ammaliato
Non hanno bloccato il traffico di alcuna strada, non hanno urlato slogan o invettive nei confronti di nessuno, non hanno neanche lanciato uova o altro materiale simile, né hanno sventolato alcun tipo di bandiera. Semplicemente si sono rifiutati di salire nelle vetture o nei camioncini degli occasionali «sfruttatori» di lavoro che ogni giorno li prelevano (quando gli va bene) dai quattro angoli delle province di Napoli e Caserta per offrirgli «la giornata» a venti, massimo trenta euro. Eloquente il messaggio scritto a caratteri cubitali sui cartelli che portavano al collo: «Oggi non lavoro per meno di cinquanta euro». Sono i lavoratori fantasma della Campania, quell’esercito di immigrati clandestini impegnati nei campi agricoli dell’agro aversano e della provincia a nord di Napoli (a raccogliere fragole, pesche e mele), nei piccoli e abusivi cantieri edili del doppio senso (quelli capaci di tirare su case intere in due, tre giorni), o nei giardini delle ville del litorale domizio e di Casal di Principe a sistemare e potare aiuole e roseti. Lavorano da anni senza alcun tipo di assistenza e con una paga bassissima; di sicurezza sul lavoro, neanche a parlarne. Ma per un giorno, almeno per un giorno (ieri appunto) hanno detto «no» a qualsiasi tipo di sfruttamento. Anche quello agli incroci dove c’è chi si arrangia a fare il lavavetri o a vendere fazzolettini. Sono stati numerosi i luoghi dove è andato in scena il primo sciopero d’Italia degli immigrati clandestini: Casal di Principe, Giugliano, Pianura solo per citarne alcuni. Ma senza dubbio, i più affollati erano quelli delle famose rotonde di Castel Volturno e di Villa Literno. Qui si riuniscono quotidianamente, ormai da molti anni, col sole e con la pioggia, centinaia d’immigrati. Provengono soprattutto dai Paesi dell’Africa centrale e chiamano questi luoghi «califfo road». Sulla rotonda di Villa Literno cercava lavoro anche un immigrato originario del Sud Africa scappato dal suo Paese perché perseguitato politico. Fu ucciso da alcuni malviventi durante una rapina. Da allora sono passati oltre venti anni, e a Castel Volturno c’è un’associazione che si occupa degli immigrati e che porta il suo nome: Jerry Masslo. I suoi volontari fanno parte della rete antirazzista di Caserta che insieme con gli immigrati ha ideato la singolare protesta. I primi lavoratori stranieri con i cartelli al collo si sono visti già alle 6. Lo sciopero è durato per l’intera giornata. In pratica, ieri le braccia di tutti gli immigrati clandestini della Campania sono rimaste conserte. Qualche autovettura si è comunque avvicinata ai manifestanti; il copione è stato sempre lo steso: il probabile e occasionale datore di lavoro leggeva timidamente il manifesto al collo degli immigrati restando a bordo della sua vettura o camioncino col motore acceso, e subito dopo ripartiva velocemente per la sua strada così come era arrivato senza invitare nessun lavoratore con sé. «Nessuna manifestazione, né sciopero – ha tenuto a sottolineare padre Antonio Bonato, dei missionari comboniani di Castel Volturno. Il religioso, la cui missione fa parte della rete antirazzista di Caserta, ha spiegato che sulle rotonde della Campania c’è stata una semplice presa di posizione di un fenomeno illegale e di sfruttamento che si ripete da decenni senza che alcuna istituzione intervenga». In ogni caso, gli organizzatori si sono detti soddisfatto della totalità dei lavoratori immigrati che hanno preso parte all’evento. Non tutti, ovviamente, erano stati avvisati dello sciopero. Ma una volti arrivati sulle rotonde e letto lo slogan della manifestazione, nessun immigrato si è tirato indietro. A metà mattinata, poi, alla rotonda di Villa Literno, alcuni lavoratori italiani si sono avvicinati a quelli stranieri. «Comprendiamo e appoggiamo il vostro disagio – hanno detto agli immigrati – ma sappiate che anche per noi lavoratori italiani le cose non vanno a gonfie vele». Lavoratori italiani e stranieri, quindi, uniti nel disagio. Quelli stranieri, però, almeno ieri hanno fatto sapere che non ci stanno e che desiderano sia invertito questo anomalo percorso che è in Campania per loro è diventato ormai ordinario. © RIPRODUZIONE RISERVATA

09/10/2010


Tre settimane di scontri verbali, carte bollate e invettive incrociate. La questione immigrazione clandestina sembrava aver creato una spaccatura insanabile fra l’amministrazione comunale di Castel Volturno, retta da Antonio Scalzone e parte delle associazioni che compongono la rete antirazzista di Caserta. Ad accendere le micce, lo stesso primo cittadino, che in occasione del secondo anniversario della strage dei sei africani, si era detto contrario all’istallazione di un monumento in loro ricordo. Ieri alle 13, in maniera assolutamente inattesa, si è registrata la pace fra i contendenti, siglata con un incontro ufficiale nel palazzo comunale. Antonio Scalzone ha ricevuto i volontari del centro ex canapificio, dei missionari comboniani, dell’associazione Jerry Masslo e altri gruppi; in pratica, tutti quelli che meno di dieci giorni fa per ben due volte lo hanno citato in giudizio per istigazione all’odio razziale, alla violenza e per calunnia. Tutti durante il summit hanno convenuto sul fatto che sul litorale domizio il numero degli immigrati irregolari è decisamente troppo elevato. Ovviamente diverse sono apparse le strategia che il sindaco e la rete antirazzista vorrebbero mettere in campo per risolvere il problema. Ma oltre un ora di dialogo fra le parti lascia aperta la porta della speranza. v.am. © RIPRODUZIONE RISERVATA

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