sabato 18 dicembre 2010

Dalla MIseria alla strada, storie di ragazze perseguitate

Il blitz della polizia sul litorale svela retroscena criminali ma anche tante vicende umane



18/12/2010

Vincenzo Ammaliato.
Quando si parla di immigrati nigeriani in Italia il riferimento logistico è sempre lo stesso: Castelvolturno. Ed è nel piccolo centro domiziano che vivevano e operavano alcune delle sette le donne arrestate ieri dalla squadra mobile dei Napoli nell’ambito dell’operazione coordinata dal tribunale partenopeo volta a stroncare una tratta di essere umani; nello specifico, di giovani donne da avviare alla prostituzione di strada, da posizionare sui marciapiedi della via Domiziana. È qui, sulla vecchia arteria romana, così come stanno raccontando negli ultimi anni numerose inchiesta della procura antimafia di Napoli, che da oltre due decenni la cosiddetta «Mafia nigeriana» ha trovato terreno fertile per consolidare e far crescere i suoi business criminali. Quello dello sfruttamento della prostituzione è un settore gestito interamente al femminile. Sono chiamate «maman» le nigeriane protettrici delle lucciole. Solitamente, ogni «maman» ha un gruppo di sei-dieci ragazze che avvia alla prostituzione. Sono tutte proprie connazionali. Si tratta di giovani donne dai diciotto ai venticinque anni, pagate ai trafficanti d'esseri umani ognuna dieci-quindicimila euro, e che vengono fatte arrivare in Italia clandestinamente. Appena giunte nel nostro Paese, le protettrici le sottraggono i passaporti, che saranno restituiti solo dopo aver pagato un riscatto di circa trentamila euro. Ovviamente, l’unico modo per procurarsi questa ingente somma di denaro per loro è quello di vendere il proprio corpo. Le ragazze per riavere i documenti ed essere libere sono costrette a lavorare tutti i giorni a qualsiasi ora del giorno e della notte. E se durante il percorso arriva una gravidanza indesiderata, le «maman» si preoccupano anche di organizzare gli aborti clandestini. Ulteriori sistemi di coercizione sono quelli dei riti wodoo, cui sono sottoposte le ragazze appena giunte in Italia e che temono in maniera particolare, e le minacce di morte ai familiari rimasti in Africa. Durante questo periodo le lucciole sono letteralmente segregate in abitazioni lager nei mille viali della via Domiziana. E anche per queste dimore devono pagare una somma di denaro ai propri carnefici, sotto forma vitto e alloggio pari a circa trecento euro al mese. Il debito dei trentamila euro, invece, solitamente è pagato per intero dopo circa due anni di lavoro. A questo punto, le organizzazioni malavitose che le hanno sfruttate e sfibrate sia fisicamente sia psicologicamente lasciano libere le ragazze. Non sono più costrette a lavorare con una protettrice. Potrebbero teoricamente anche tornare nel loro Paese d'origine. Ma per qualsiasi emigrante, è particolarmente umiliante e frustante tornare in patria più poveri di quando si è partiti. E allora, quasi tutte continuno a fare l'unica cosa che hanno imparato qui in Italia, le prostitute. E come in un film che si ripete all'infinito con lo stesso inizio e lo stesso finale, la vittima diventa carnefice, comprando un gruppo di giovani ragazze e avviandole al lavoro di strada. Anche alcune delle sette donne sfruttatrici arrestate lo scorso giorno hanno iniziato il loro percorso in Italia come semplici lucciole. Per loro adesso sono scattate le manette. Mentre per altre centinaia di connazionali, l'inferno continua tutti i giorni lungo le strade italiane.

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1 commento:

Anonimo ha detto...

tragica la storia della vittima che diventa carnefice, ma nella foto che succede!?!?