giovedì 23 settembre 2010
Il sangue di San Gennaro, icona della strage
20/09/2010
Il ricordo, la provocazione Il graffito comparso davanti alla sartoria di Castel Volturno
Vincenzo Ammaliato Castel Volturno.
L’analogia con il sangue del martire Gennaro non è un accostamento blasfemo. I giovani che nella notte hanno disegnato una ampolla come quella che contiene il sangue del santo vogliono ricordare che la violenza deve essere condannata senza distinzione tra buoni e cattivi; perché il sangue versato accomuna tutti. Insomma, santi e non: «Nessuno tocchi Caino», vogliono dire i ragazzi di Villaggi Globali, un’associazione culturale trasversale alla politica, tant’è che ne fanno parte anche rampolli dell’amministrazione locale che nei giorni scorsi, anche attraverso gli attacchi alla commemorazione da parte del sindaco Scalzone, si era dimostrata contraria all’istallazione di un monumento. Il graffito disegnato sulla saracinesca della sartoria etnica Ob Ob Fashion arriva appunto il giorno dopo la commemorazione di quella che ora viene ricordata come «la strage di san Gennaro»: due anni fa i killer di Setola sterminarono sei immigrati; mezz'ora prima, a quindici chilometri di distanza dalla sartoria, a Baia Verde, lo stesso commando criminale aveva già stato assassinato un altro uomo; in questo caso si trattava di un italiano, il suo nome era Antonio Celiento. I graffitari hanno voluto ricordare anche lui. Sulla saracinesca oltre all'ampolla sono disegnati i fori lasciati dai proiettili delle semiautomatiche e dai kalashnikov esplosi dai killer: sei sono di colore nero il settimo è bianco. «A noi non interessa se nel gruppo di persone massacrate il 18 settembre del 2010 ci fossero stati alcuni delinquenti o se a cadere fossero state tutte persone perbene, degli onesti lavoratori, sostengono gli autori del graffito. Quella sera è stata compiuta un'azione criminale che va stigmatizzata senza alcun vincolo culturale, né alcuna partigianeria. E noi che siamo nati e viviamo qui abbiamo ritenuto opportuno ricordala in questo modo». In effetti, lo scorso sabato di fronte la sartoria, nel momento della commemorazione della strage pesava l'assenza della gente di Castel Volturno. C'era Tommaso Morlando dell'Idv di Castel Volturno, che nel suo intervento ha cercato di far capire che il popolo del litorale domizio è tutto contro la camorra e per la legalità assoluta. Anche Maria Gatto, portavoce regionale dell'Api e residente nella cittadina litoranea ha sottolineato che la scultura istallata di fronte la sartoria rappresenta un monumento alla vita e alla libertà. Ma la gente di Castel Volturno non si era vista fra la folla di cronisti e volontari che si accalcavano al monumento, quasi a confermare la tesi del sindaco Scalzone secondo cui l'integrazione fra immigrati e castellani sia inesistente. Il graffito della sartoria, seppure nel dolore, ha unito le morti nere e quelle bianche. Persone morte nella speranza del miracolo, magari quello dell'integrazione. © RIPRODUZIONE RISERVATA
20/09/2010
«Razzista è chi prende finanziamenti sulla miseria degli immigrati»
«Non mi sono trovato solo nella decisione di non partecipare alla commemorazione perché gran parte della cittadinanza di Castel Volturno la pensa come me», dice il sindaco Vincenzo Scalzone Eppure l'associazione Villaggi Globali ha voluto ancora ricordare, dopo la celebrazione ufficiale di sabato, la strage con un graffito sulla saracinesca della sartoria. «Già, e sono contento del fatto che nel disegno abbiano ricordato anche la persona italiana uccisa la stessa sera dallo stesso commando omicida, a differenza da quello fatto dalla rete antirazzista che ha celebrato solo i caduti africani. Perché i morti della camorra sono tutti uguali e andrebbero ricordati tutti alla stessa maniera». Ma lei è stato contarrio alle celebrazioni. «In questo caso è stato interpretato male il mio pensiero. Le azioni della camorra, ci tengo a precisarlo, vanno condannate tutte in quanto tali. La stessa strage della sartoria è da condannare anche se a cadere sotto i colpi dei killer fossero stati sei criminali». E allora perché provare a vietare l'istallazione del monumento rischiando di passare per razzista? «I veri razzisti sono i religiosi e le associazioni che lavorano con gli immigrati della zona e ai quali stanno bene le condizioni di degrado e di miseria in cui vivono gli africani. Perché fino a quando gli immigrati vivranno sulla Domiziana come dei miserabili, le associazioni e i religiosi avranno continue risorse economiche per gestire le emergenze». © RIPRODUZIONE RISERVATA
Immigrati: Natale querela Scalzone
21/09/2010
Vincenzo Ammaliato
Si trasferiranno a breve nelle aule giudiziarie le polemiche nate a Castelvolturno in occasione del secondo anniversario della strage dei sei immigrati africani. Renato Natale, presidente dell’associazione Jerry Masslo, ha presentato ai carabinieri una denuncia-querela per calunnia e diffamazione nei confronti del primo cittadino di Castelvolturno, Antonio Scalzone. Al presidente Natale non sono andate giù le accuse di Scalzone rivolte alla sua associazione di approfittare delle condizioni d’indigenza degli immigrati che assiste per avere fondi pubblici. «Le parole del sindaco - si legge dalla denuncia - sono lesive della dignità delle decine di volontari che mettono a disposizione della parte più sfortunata della popolazione il proprio tempo e la propria professionalità. Le parole di Scalzone tendono a delegittimare il difficile lavoro della nostra organizzazione su questo territorio sul fronte immigrazione e legalità». Dopo ventuno anni di lavoro sull’area domiziana che si materializza in ambulatori medici, prevenzione e cura delle malattie infettive, assistenza psicologica e sociale e tanto altro prestato in maniera gratuita, il presidente della Jerry Masslo ha deciso per la prima volta una reazione giudiziaria alle accuse che riceve. Il sindaco è invece sorpreso della denuncia. Antonio Scalzone, ha fatto sapere che si difenderà nelle sedi appropriate, ma ritiene d’essere stato forse equivocato: «Non ho mai detto che il presidente Natale o i suoi collaboratori si fossero arricchiti con i fondi per gli immigrati. Ho cercato di difendere il mio territorio da chi ritiene che Castelvolturno debba restare perennemente nel degrado in cui si trova». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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