venerdì 1 ottobre 2010
Anna & Anna, fra passato, presente e futuro della loro vita e qulla della Romania
Anna ha ventotto anni e vive in un piccolo appartamento al centro di Timisoara nei pressi di piazza Unirii. E’ carina, ben vestita, capelli biondi appena pettinati dal parrucchiere, e un make up deciso. Studia economia all’università cittadina, ma più che fare conti e analizzare indici di mercato le piacerebbe diventare una cantante di successo. Intanto, è sostenuta economicamente dalla famiglia che abita a Bucarest. Suo padre era un burocrate del vecchio regime dittatoriale di Ceausescu. Oggi fa l’immobiliarista; negli anni’90 ha fatto una fortuna comprando il diritto alla restituzione degli immobili da mano degli eredi di quei romeni emigrati o esiliati subito dopo l’ascesa del regime socialista e che avevano dovuto abbandonare le proprie case (immobili che entrarono a far parte del patrimonio statale). Con l’avvento della democrazia in Romania fu deciso di restituire questi immobili ai legittimi proprietari; ma solo una piccola parte di loro è tornata in patria per gestire i beni. Quasi tutti hanno venduto i propri diritti a faccendieri romeni che gestivano spesso capitali stranieri. Quasi tutti hanno ricavato poco denaro. Chi ha acquisito i diritti, al contrario, ci ha fatto sopra una montagna di soldi.
Anna ha ventotto anni e vive insieme al marito e ai loro tre figli a sei chilometri da Timisoara, in un vecchio condominio dell’edilizia socialista di fronte a un’imponente fabbrica di zucchero abbandonata. I sacrifici di una vita di stenti e sacrifici si avvertono tutti sul suo volto, che sembra quello di una donna che si avvicina ai cinquanta anni. Non ha un’istruzione. Si occupa esclusivamente della casa e dei figli, e appena i lavori domestici glielo consentono, si reca in un piccolo spazio di terra abbandonato che si trova nei pressi del suo “block” grigio. Qui, un po’ tutta la gente del posto ha ricavato dei piccoli spazi dove coltivare le verdure che portano sulle loro tavole. I suoi genitori vivono in un villaggio di campagna ad un ora di autobus, in una casa che sembra tirata su con mattoni fatti di fango e sterco di animali. Il bagno è esterno: una casupola di legno con un buco nel centro del pavimento.
Anna nel portafogli ha la carta di credito e il bancomat del suo conto corrente; e ha anche una carta di prelievo data dai genitori. Da questa può prelevare fino a seicento euro al mese. Per i suoi acquisti si reca al “Mall”, un fantasmagorico centro commerciale sorto qualche anno fa nei pressi di piazza dell’Opera (dove nacque la rivolta dell’’89) che per maestosità e per la cura dei materiali utilizzati per la struttura ha poco da invidiare a quelli presenti nei Paesi occidentali. All’interno. Peraltro, ci sono insegne dei negozi simili a quelle presenti in Italia, Francia Stati Uniti: (Zara, Benetton, solo per citarne alcune). Nella profumeria c’è un’offerta sugli smalti. Anna ne approfitta e ne compra di tutti i colori presenti.
Anna ha una sola borsa; è di pelle nera. Le fu regalata il giorno del suo matrimonio da sua cugina che vive a Torvajanica. Quando va a fare spesa nel piccolo negozietto sotto casa non la porta con sé, per non sciuparla. Compra una bottiglia di latte, una confezione di carta igienica, del detersivo per lavare i panni, sei uova, del pane, un chilo di farina, spende quattro euro e settanta. C’è una buona offerta sulle confezioni di croiassant, ma non li compra. Il marito lavora in un’officina meccanica e guadagna duecentotrenta euro al mese. Con uno stipendio del genere, la sua famiglia non si può permettere i cornetti a colazione, neanche se sono in offerta. Peraltro, oggi è giorno lavorativo, e il marito seppure indossa la tuta da lavoro alle 11 è ancora in cucina. E’ seduto con la sedia rivolta verso il muro, fuma sigarette nazionali e beve caffè nero.
Anna non è preoccupata del taglio degli stipendi degli statali del 20%, né dell’aumento dell’iva del 5% decisi entrambi dal governo lo scorso giungo e entrati in vigore ad agosto per venire in contro alle richieste del fondo monetario. È certa che le cose da un punto di vista economico e sociale per il suo Paese riprenderanno a viaggiare sostenute nel breve periodo. E che questi piccoli sacrifici serviranno a fare un po’ di pulizia e selezione di tutti quegli imprenditori arrembanti (soprattutto stranieri) che in Romania dalla caduta del regime ad oggi hanno solo speculato.
Anna è terrorizzata dalle decisioni economiche prese dal suo governo. Crede che le aziende private si adegueranno presto a quelle pubbliche e che il già misero stipendio del marito si ridurrà ancora di più nei prossimi mesi. A novembre la temperatura atmosferica a Timisoara arriverà come ogni anno vicino allo zero termico. E nelle case, soprattutto dove ci sono i bambini, ci sarà bisogno di calore (di molto calore). I suoi genitori per riscaldarsi utilizzano la legna dei boschi. Lei, in appartamento deve necessariamente affidarsi alla rete condominiale. E se non pagherà regolarmente le bollette, gli operai della ditta di fornitura energetica ci metteranno un solo giorno a distaccare il servizio.
Anna non ci pensa affatto di lasciare la sua città per andare a vivere all’estero. Non comprende la scelta di cinque milioni di suoi connazionali (sul totale di ventidue) che negli ultimi venti anni hanno scelto la via dell’emigrazione. Lei viaggia spesso fra l’Australia, Stati Uniti e l’Europa occidentale, dove ha numerosi amici. Ma torna sempre a Timisoara, perché questa e la sua città e qui vuole vivere e sognare.
Anna non sogna più da tempo, e forse non lo ha mai fatto. Emigrerebbe anche oggi stesso per un qualsiasi altro Paese che non fosse il suo. Ma non sa come potrebbe farlo, né cosa fare all’estero. Non consoce lingue straniere, non sa come varcare le frontiere. In ogni caso, ha paura di non essere all’altezza della situazione e di finire ancora peggio che nel suo block grigio. “La Romania è nella comunità europea da tre anni, e non ci sono più le frontiere?” Non ne è al corrente; lei non è mai andata oltre la fabbrica di zucchero abbandonata, se non per disbrigare pratiche burocratiche negli uffici pubblici del centro di Timisoara.
Anna è stata lo scorso luglio ospite di alcuni amici italiani a Forte dei Marmi. Qui ha mangiato in maniera divina e ha passato delle lunghissime giornate a mare. Mentre ad agosto è stata con il fidanzato e dei connazionali sulle sponde del lago di Garda per una vacanza all’insegna del relax.
Anna ricorda quando da piccola insieme alla sua famiglia poteva fare un solo viaggio d’estate ogni tre anni. L’escursione era organizzata e imposta dal governo socialista, e la meta era sempre La stessa: il mare di Costanza. Da quando in Romania c’è la democrazia chiunque può scegliere dove e quando andare in vacanza. Eppure, Anna sono circa venti anni che non va più in vacanza.
Anna nutre molte speranze per la sua Romania
Anna non ha alcuna speranza né per sé, né per il suo Paese: futuro che non sente, o forse, che non ha mai sentito suo.
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