lunedì 18 aprile 2011
I killer di Setola hanno diviso la mia famiglia
18/04/2011
(foto Salvatore Marcello)
Parente di una delle vittime rimasto solo: "Mia moglie è andata via per paura".Vincenzo Ammaliato
«Loro hanno avuto quello che meritavano. Noi, no». La notizia che i killer che gli hanno ucciso il nipote e altri cinque amici sono stati condannati all’ergastolo non è riuscita a rasserenarlo. Il suo primo commento è stato laconico e intriso di tristezza. Lui abita nell’appartamento che si trova sopra la sartoria etnica di Castelvolturno dove il 18 settembre del 2008 c’è stato l’eccidio dei sei immigrati ghanesi. Il suo nome è Sthephan Agawi. Il nipote, Julius Kuami, fu trucidato sull’uscio della sartoria Ob Ob Fashion, freddato sotto i porticati dell’immobile. Da quel giorno Stephan non riesce più a trovare pace, e non solo per la mancanza del nipote. «La sentenza del tribunale – sottolinea – non spiega con chiarezza a noi familiari e amici delle vittime, il motivo per cui quel gruppo di malviventi ha ucciso con tanta cattiveria». Ma Peppe Setola e i suoi killer a Stephan non hanno portato via soltanto il nipote e cinque cari amici. Nel momento preciso della strage lui si trovava in casa insieme a sua moglie Irina (d’origine Russa) e la loro figlioletta di otto anni, Lilian. Vivevano tutti insieme in quell’appartamento da quando era nata la bambina. Stephan cura i giardini di molte ville della zona; la moglie era casalinga e di tanto faceva delle giornate di lavoro extra nelle cucine dei ristoranti del litorale. La figlioletta, invece, frequentava la scuola pubblica del Lago Patria. «Il rumore dei colpi d’arma esplosi dalle armi, le urla di dolore, e poi la visione di tutto quel sangue grondante sui corpi dei nostri cari stesi a terra, crivellati di colpi – ricorda Stephan – non li potrò mai scordare. E soprattutto, mia moglie non riuscirà mai farlo». La consorte di Stephan, infatti, pochi giorni dopo la strage del settembre del 2008, in preda a un forte e comprensibile choc lasciò Castelvolturno e l’Italia e fece ritorno in Russia. Con sé portò anche la piccola Lilinan. «Era terrorizzata – spiega Stephan – mi giurò che in Italia non avrebbe più rimesso piede. E io non posso raggiungerla». L’immigrato giardiniere, infatti, da quando è in Italia, da circa tredici anni, non è mai riuscito a regolarizzare la sua posizione di clandestino. Peraltro, nel 2006 fu fermato a bordo di un motorino, sprovvisto di assicurazione e senza la patente di giuda. Per questo ha subito un processo e la relativa condanna. Il precedente penale, quindi, non gli permette di regolarizzare la sua posizione, né di viaggiare. La banda del killer cieco, quindi, in quel maledetto 18 settembre oltre ad aver spezzato le vite di sei giovani immigrati ha anche diviso forse per sempre una famiglia. «Anche io - dice Stephan con dolore - nel settembre del 2008 sono stato ammazzato. Anche io sono stato condannato all’ergastolo». © RIPRODUZIONE RISERVATA
Comune senza soldi, via tre scuole
15/04/2011
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Vincenzo Ammaliato Castel Volturno. Non si placano nel centro domiziano le polemiche scoppiate subito dopo la comunicazione da parte dell’amministrazione comunale che per il nuovo anno scolastico sarebbero stati chiusi tre plessi scolastici a causa del pesante deficit in cui versano le casse del municipio. L'amministrazione non riesce più a sostenere i costi di gestione degli immobili che non sono di proprietà del Comune e quindi decide la loro chiusura. La mannaia del Comune è caduta sulla scuola dell’infanzia e nello specifico per i plessi del centro storico, del Villaggio del Sole e di Destra Volturno, in totale sette aule che ospitano circa ottanta bambini. Le famiglie, ma soprattutto le mamme dei piccoli studenti coinvolti minacciano di opporsi a quest’ordinanza sindacale, che creerebbe loro grossi disagi qualora i nuovi edifici scolastici si trovassero distanti dai loro quartieri. Intanto, gli amministratori di Castel Volturno rassicurano che le classi non saranno cancellate. All’assessorato all’istruzione, infatti, di concerto con i dirigenti degli istituti coinvolti si sta lavorando all’ipotesi accorpamento delle classi nelle strutture che ospitano le elementari che si trovano vicino a quelle dell'infanzia chiuse, per lenire in questo modo e probabilmente addirittura abbattere i disagi dei bambini e delle loro famiglie. Appena finito l’anno scolastico, infatti, all’interno dell’immobile che ospita la scuola elementare al Villaggio del Sole inizieranno i lavori necessari. Qui sarà ospitata la materna soppressa. Mentre per il centro storico si sta valutando la possibilità di utilizzare una parte del refettorio della scuola Garibaldi. Senza la sala mensa, i bambini potrebbero consumare il pasto nelle proprie aule, utilizzando delle tovagliette fornite dal Comune. Il problema irrisolto a questo punto resterebbe solo quello per l'asilo eliminato nel quartiere di Destra Volturno. Nel popoloso abitato a nord di Castelvolturno non ci sono altri istituti scolastici pubblici. Peraltro, in questa parte del territorio del centro domiziano vivono in prevalenza famiglie con scarse risorse economiche. L’onere di accompagnare i figli a scuola alla scuola del centro storico che dista alcuni chilometri per loro peserebbe sicuramente molto. È a conoscenza di questa particolare situazione anche Angela Jacono, l’assessore all’istruzione, nonché vicesindaco del centro domiziano, che sta studiando con i suoi collaboratori la migliore soluzione possibile. «Le scelte che abbiamo adottato – sottolinea l’assessore Jacono – sono state anche per noi dolorose, ma necessarie per uscire fuori dalla particolare e complicata situazione finanziaria in cui il Comune si trova. In ogni caso – aggiunge il vicesindaco – le classi non saranno soppresse, perché il corpo docente resterà interamente in carico, tutt’al più saranno trasferite in altri immobili». Ai bambini di Destravolturno, quindi, in attesa di tempi migliori non resta che fare "oh". © RIPRODUZIONE RISERVATA
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Vincenzo Ammaliato Castel Volturno. Non si placano nel centro domiziano le polemiche scoppiate subito dopo la comunicazione da parte dell’amministrazione comunale che per il nuovo anno scolastico sarebbero stati chiusi tre plessi scolastici a causa del pesante deficit in cui versano le casse del municipio. L'amministrazione non riesce più a sostenere i costi di gestione degli immobili che non sono di proprietà del Comune e quindi decide la loro chiusura. La mannaia del Comune è caduta sulla scuola dell’infanzia e nello specifico per i plessi del centro storico, del Villaggio del Sole e di Destra Volturno, in totale sette aule che ospitano circa ottanta bambini. Le famiglie, ma soprattutto le mamme dei piccoli studenti coinvolti minacciano di opporsi a quest’ordinanza sindacale, che creerebbe loro grossi disagi qualora i nuovi edifici scolastici si trovassero distanti dai loro quartieri. Intanto, gli amministratori di Castel Volturno rassicurano che le classi non saranno cancellate. All’assessorato all’istruzione, infatti, di concerto con i dirigenti degli istituti coinvolti si sta lavorando all’ipotesi accorpamento delle classi nelle strutture che ospitano le elementari che si trovano vicino a quelle dell'infanzia chiuse, per lenire in questo modo e probabilmente addirittura abbattere i disagi dei bambini e delle loro famiglie. Appena finito l’anno scolastico, infatti, all’interno dell’immobile che ospita la scuola elementare al Villaggio del Sole inizieranno i lavori necessari. Qui sarà ospitata la materna soppressa. Mentre per il centro storico si sta valutando la possibilità di utilizzare una parte del refettorio della scuola Garibaldi. Senza la sala mensa, i bambini potrebbero consumare il pasto nelle proprie aule, utilizzando delle tovagliette fornite dal Comune. Il problema irrisolto a questo punto resterebbe solo quello per l'asilo eliminato nel quartiere di Destra Volturno. Nel popoloso abitato a nord di Castelvolturno non ci sono altri istituti scolastici pubblici. Peraltro, in questa parte del territorio del centro domiziano vivono in prevalenza famiglie con scarse risorse economiche. L’onere di accompagnare i figli a scuola alla scuola del centro storico che dista alcuni chilometri per loro peserebbe sicuramente molto. È a conoscenza di questa particolare situazione anche Angela Jacono, l’assessore all’istruzione, nonché vicesindaco del centro domiziano, che sta studiando con i suoi collaboratori la migliore soluzione possibile. «Le scelte che abbiamo adottato – sottolinea l’assessore Jacono – sono state anche per noi dolorose, ma necessarie per uscire fuori dalla particolare e complicata situazione finanziaria in cui il Comune si trova. In ogni caso – aggiunge il vicesindaco – le classi non saranno soppresse, perché il corpo docente resterà interamente in carico, tutt’al più saranno trasferite in altri immobili». Ai bambini di Destravolturno, quindi, in attesa di tempi migliori non resta che fare "oh". © RIPRODUZIONE RISERVATA
I due consiglieri da surrogare: "Non lasciamo il consiglio".
15/04/2011
Presentarono le dimissioni dal consiglio comunale lo scorso gennaio, ma il presidente del consiglio ritenne che l'atto avesse un vizio di forma e non le accettò. La pensa diversamente, invece, il primo cittadino, Antonio Scalzone, che insieme ai suoi uomini ha chiesto la convocazione dell’assise per il prossimo martedì con all’ordine del giorno proprio la surruga dei due consiglieri Anastasia Petrella e Antonio Leone. E loro che nel frattempo hanno cambiato idea per restare in carica scrivono al ministro degli interni Roberto Maroni. «La vicenda è anomala e strumentale – sostengono i due consiglieri dimissionari nella lettera a Maroni - per questo motivo abbiamo già presentato sia alle forze dell'ordine, sia alla prefettura un dettagliato esposto querela sull'intera storia e i suoi risvolti». In pratica, secondo loro, si starebbe facendo pressione affinche’ vengano sostituiti sugli scanni del consiglio dai candidati successivi in lista e che una volta nominati consiglieri potrebbero passare nelle fila della maggioranza. v.am. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Presentarono le dimissioni dal consiglio comunale lo scorso gennaio, ma il presidente del consiglio ritenne che l'atto avesse un vizio di forma e non le accettò. La pensa diversamente, invece, il primo cittadino, Antonio Scalzone, che insieme ai suoi uomini ha chiesto la convocazione dell’assise per il prossimo martedì con all’ordine del giorno proprio la surruga dei due consiglieri Anastasia Petrella e Antonio Leone. E loro che nel frattempo hanno cambiato idea per restare in carica scrivono al ministro degli interni Roberto Maroni. «La vicenda è anomala e strumentale – sostengono i due consiglieri dimissionari nella lettera a Maroni - per questo motivo abbiamo già presentato sia alle forze dell'ordine, sia alla prefettura un dettagliato esposto querela sull'intera storia e i suoi risvolti». In pratica, secondo loro, si starebbe facendo pressione affinche’ vengano sostituiti sugli scanni del consiglio dai candidati successivi in lista e che una volta nominati consiglieri potrebbero passare nelle fila della maggioranza. v.am. © RIPRODUZIONE RISERVATA
venerdì 8 aprile 2011
Ex Sogeri, undici milioni per la bonifica
08/04/2011
L’impegno La giunta lavora per accorciare i tempi d’avvio del programma
Vincenzo Ammaliato Castel Volturno.
Il capo della cosca camorristica di Mondragone, Augusto La Torre, la definiva «il bancomat di famiglia»; secondo gli ambientalisti, invece, è una bomba ecologica; per circa venti anni il suo invaso ha accolto di rifiuti d’ogni tipo; da oltre un decennio è abbandonata e in attesa di un qualsiasi tipo di bonifica. Per la ex discarica Sogeri pare sia iniziato finalmente il percorso virtuoso che porterà il sito ecologico ai confini con i Comuni di Castel Volturno, Mondragone e Cancello Arnone a non avvelenare più l’ambiente circostante. A darne comunicazione, il primo cittadino di Castel Volturno, Antonio Scalzone, che proprio ieri si è recato al ministero dell’Ambiente per siglare uno specifico patto tra il governo e la sua amministrazione. Secondo quanto stabilito, saranno impegnati quattro milioni e mezzo di euro dal fondo che era destinato a Castel Volturno per il ristoro ambientale (per aver ospitato sul proprio territorio rifiuti provenienti da altre zone). E altri sei milioni e mezzo di fondi ministeriali. In totale la somma prevista per il recupero dell’ex discarica supera gli undici milioni di euro. «Una prima parte di questi soldi sarà utilizzata con la formula della “massima urgenza” – fa sapere il primo cittadino Scalzone – per prelevare il percolato che la discarica produce e per trasportarlo in impianti adatti al suo trattamento». Questo servizio con molta probabilità sarà espletato direttamente dalla ditta che nel centro costiero si occupa del servizio igiene urbana, la marchigiana Senesi. Mentre per la messa in sicurezza dell’intera ex discarica (circa un milione di metri cubi di rifiuti indifferenziati) sarà espletata una gara d’appalto. La tempistica non è ancora certa. Antonio Scalzone, però, è sicuro che entro il prossimo settembre inizieranno già i lavori necessari. Per velocizzare i tempi d’opera è stato deciso di utilizzare il piano di caratterizzazione predisposto per l’area nel lontano 2005 dalla ditta Jacorossi Imprese, e che fino a ieri non era mai riuscito a trovare i finanziamenti necessari all’attuazione. Degli specifici fondi, però, furono già stanziati nel 2007, ma poi quei soldi destinati a Castelvolturno furono dirottati su decisione del governo e del commissariato straordinario ai rifiuti all’ennesima emergenza rifiuti urbani che c’era nell’intera regione quel periodo. Negli ultimi anni sia la procura di Santa maria Capua Vetere, sia la direzione distrettuale antimafia si sono interessati dell'ex discarica di Castelvolturno. la Sogeri, hanno appurato diverse inchieste della magistratura, di giorno accoglieva i rifiuti dei Comuni limitrofi, e di sera i suoi cancelli si aprivano per permettere l'ingresso di camion compattatori e tir che provenivano dal centro e dal nord Italia e che nell'invaso scaricavano illegalmente con la compiacenza della camorra rifiuti speciali e pericolosi prodotti da aziende chimiche e meccaniche. La montagna di rifiuti che oggi rappresenta la Sogeri, alta circa quindici metri, è formata in pratica da rifiuti provenienti da ogni parte d'Italia. E fra questi pare ci sono addirittura i rottami della Moby Prince, la nave affondata nel '98 nelle acque del porto di Livorno. In pratica, bonificare questa ex discarica, oltre che indispensabile per il recupero ambientale dell'area, dove peraltro ci sono numerose aziende di allevamento bovino, è doveroso come impegno civile e di seria lotta a ogni tipo di mafia. © RIPRODUZIONE RISERVATA
L’impegno La giunta lavora per accorciare i tempi d’avvio del programma
Vincenzo Ammaliato Castel Volturno.
Il capo della cosca camorristica di Mondragone, Augusto La Torre, la definiva «il bancomat di famiglia»; secondo gli ambientalisti, invece, è una bomba ecologica; per circa venti anni il suo invaso ha accolto di rifiuti d’ogni tipo; da oltre un decennio è abbandonata e in attesa di un qualsiasi tipo di bonifica. Per la ex discarica Sogeri pare sia iniziato finalmente il percorso virtuoso che porterà il sito ecologico ai confini con i Comuni di Castel Volturno, Mondragone e Cancello Arnone a non avvelenare più l’ambiente circostante. A darne comunicazione, il primo cittadino di Castel Volturno, Antonio Scalzone, che proprio ieri si è recato al ministero dell’Ambiente per siglare uno specifico patto tra il governo e la sua amministrazione. Secondo quanto stabilito, saranno impegnati quattro milioni e mezzo di euro dal fondo che era destinato a Castel Volturno per il ristoro ambientale (per aver ospitato sul proprio territorio rifiuti provenienti da altre zone). E altri sei milioni e mezzo di fondi ministeriali. In totale la somma prevista per il recupero dell’ex discarica supera gli undici milioni di euro. «Una prima parte di questi soldi sarà utilizzata con la formula della “massima urgenza” – fa sapere il primo cittadino Scalzone – per prelevare il percolato che la discarica produce e per trasportarlo in impianti adatti al suo trattamento». Questo servizio con molta probabilità sarà espletato direttamente dalla ditta che nel centro costiero si occupa del servizio igiene urbana, la marchigiana Senesi. Mentre per la messa in sicurezza dell’intera ex discarica (circa un milione di metri cubi di rifiuti indifferenziati) sarà espletata una gara d’appalto. La tempistica non è ancora certa. Antonio Scalzone, però, è sicuro che entro il prossimo settembre inizieranno già i lavori necessari. Per velocizzare i tempi d’opera è stato deciso di utilizzare il piano di caratterizzazione predisposto per l’area nel lontano 2005 dalla ditta Jacorossi Imprese, e che fino a ieri non era mai riuscito a trovare i finanziamenti necessari all’attuazione. Degli specifici fondi, però, furono già stanziati nel 2007, ma poi quei soldi destinati a Castelvolturno furono dirottati su decisione del governo e del commissariato straordinario ai rifiuti all’ennesima emergenza rifiuti urbani che c’era nell’intera regione quel periodo. Negli ultimi anni sia la procura di Santa maria Capua Vetere, sia la direzione distrettuale antimafia si sono interessati dell'ex discarica di Castelvolturno. la Sogeri, hanno appurato diverse inchieste della magistratura, di giorno accoglieva i rifiuti dei Comuni limitrofi, e di sera i suoi cancelli si aprivano per permettere l'ingresso di camion compattatori e tir che provenivano dal centro e dal nord Italia e che nell'invaso scaricavano illegalmente con la compiacenza della camorra rifiuti speciali e pericolosi prodotti da aziende chimiche e meccaniche. La montagna di rifiuti che oggi rappresenta la Sogeri, alta circa quindici metri, è formata in pratica da rifiuti provenienti da ogni parte d'Italia. E fra questi pare ci sono addirittura i rottami della Moby Prince, la nave affondata nel '98 nelle acque del porto di Livorno. In pratica, bonificare questa ex discarica, oltre che indispensabile per il recupero ambientale dell'area, dove peraltro ci sono numerose aziende di allevamento bovino, è doveroso come impegno civile e di seria lotta a ogni tipo di mafia. © RIPRODUZIONE RISERVATA
Rapina in villa, picchiata coppia di gioiellieri
07/04/2011
I rapinatori portano via seimila euro dalla cassaforte. I feriti medicati e dimessiVincenzo Ammaliato
L’incubo è iniziato nel cuore della notte, all’una e mezza. Purtroppo, però, per gli sfortunati protagonisti non è bastato svegliarsi di soprassalto per tirare un sospiro di sollievo e accorgersi che si era trattato solo di un incubo. Le minacce, le intimidazioni e soprattutto le percosse sono durate per un periodo lunghissimo: almeno due ore. Le vittime dell’«arancia meccanica» in salsa domiziana sono i tre componenti di una famiglia di gioiellieri storici del centro litoraneo, i coniugi Antonio e Rosanna Picone e il loro figlio Emanuel. Erano invece quattro i ladri che hanno fatto irruzione nella loro abitazione del centro storico. Tutti col volto coperto da passamontagna, impugnavano armi e pugnali. Sono entrati saltando il muro di cinta della villa e rompendo una finestra della cucina. Nella stessa stanza in quel momento c’era il capofamiglia, che si trovava in lì per pura casualità (a quanto pare, aveva accusato un malore e si era recato in cucina per prendere dell'acqua). Antonio Picone è stato immediatamente immobilizzato e legato a una sedia con degli stracci e dei fili elettrici. Subito dopo la stessa sorte è toccata alla moglie e il figlio, colti di sorpresa nel sonno nelle rispettive stanze da letto. La banda di ladri è riuscita a impossessarti subito di un’ingente somma di denaro in contanti che era presente in casa: circa seimila euro. Ma evidentemente i malviventi miravano ad altro. Non si sono accontentati del bottino razziato e hanno iniziato a cercare probabilmente preziosi o altro denaro contante. Non riuscendo a trovare null’altro, però, hanno iniziato a passare alle manieri forti, infierendo soprattutto su Antonio Picone, picchiandolo duramente. E solo dopo due ore di sevizie, alle 3 e mezzo hanno deciso di mettere fine al loro blitz. Prima di lasciare la villa, probabilmente per impedire la reazione delle loro vittime, hanno anche rubato l’automobile di Emanuel, che era parcheggiata nel garage di casa. Subito dopo, lo stesso giovane è riuscito a liberarsi e avvisare le forze dell’ordine. Sul luogo si sono precipitati gli agenti del vicino commissariato, che hanno raccolto numerosi indizi necessari alle indagini. Soprattutto hanno ascoltato i componenti della famiglia Picone, che nonostante un evidente stato di choc sono riusciti a raccontare nel dettaglio le due ore di incubo patito. Secondo le loro dichiarazioni i ladri non erano italiani; probabilmente si tratta di una banda di ladri di ville formata da immigrati dell’est Europa. Eppure per Castelvolturno, nonostante il territorio sia preda di bande di balordi d’ogni specie, reati del genere non sono abituali; soprattutto la violenza usata dai malviventi, così spietata come quella raccontata con orrore e subita dai gioiellieri di Castelvolturno, lascia angosciata la gente del paese domiziano. E sempre nella giornata di ieri gli agenti del locale commissariato hanno scoperto una vera e propria centrale illegale per lo smontaggio di autovetture di provenienza furtiva. La polizia, aiutata dai vigili del fuoco di Mondragone, ha fatto irruzione in un sottoscala di un palazzo di via Palermo, al parco Lagani, e qui ha trovato decine di parti di automobile risultate rubate e non solo questo. In un angolo del grosso locale c'erano quattro autovetture ancora integre, risultate anche queste a seguito degli accertamenti di origine di furtiva (una Ford Mondeo, due Ford Fiesta e una Suv Nissan). Sul posto non c'era la presenza di nessuna persona. Le indagini della polizia per risalire ai responsabile dell'attivita' illecita sono partite rintracciando i proprietari dell'immobile. Nelle prossime ore gli agenti contano di chiudere il cerchio e di individuare i responsabili della centrale illegale di smontaggio auto. Più difficile, invece, sarà assicurare alla giustizia la banda di balordi che ha assalito in casa propria la famiglia di gioiellieri. © RIPRODUZIONE RISERVATA
I rapinatori portano via seimila euro dalla cassaforte. I feriti medicati e dimessiVincenzo Ammaliato
L’incubo è iniziato nel cuore della notte, all’una e mezza. Purtroppo, però, per gli sfortunati protagonisti non è bastato svegliarsi di soprassalto per tirare un sospiro di sollievo e accorgersi che si era trattato solo di un incubo. Le minacce, le intimidazioni e soprattutto le percosse sono durate per un periodo lunghissimo: almeno due ore. Le vittime dell’«arancia meccanica» in salsa domiziana sono i tre componenti di una famiglia di gioiellieri storici del centro litoraneo, i coniugi Antonio e Rosanna Picone e il loro figlio Emanuel. Erano invece quattro i ladri che hanno fatto irruzione nella loro abitazione del centro storico. Tutti col volto coperto da passamontagna, impugnavano armi e pugnali. Sono entrati saltando il muro di cinta della villa e rompendo una finestra della cucina. Nella stessa stanza in quel momento c’era il capofamiglia, che si trovava in lì per pura casualità (a quanto pare, aveva accusato un malore e si era recato in cucina per prendere dell'acqua). Antonio Picone è stato immediatamente immobilizzato e legato a una sedia con degli stracci e dei fili elettrici. Subito dopo la stessa sorte è toccata alla moglie e il figlio, colti di sorpresa nel sonno nelle rispettive stanze da letto. La banda di ladri è riuscita a impossessarti subito di un’ingente somma di denaro in contanti che era presente in casa: circa seimila euro. Ma evidentemente i malviventi miravano ad altro. Non si sono accontentati del bottino razziato e hanno iniziato a cercare probabilmente preziosi o altro denaro contante. Non riuscendo a trovare null’altro, però, hanno iniziato a passare alle manieri forti, infierendo soprattutto su Antonio Picone, picchiandolo duramente. E solo dopo due ore di sevizie, alle 3 e mezzo hanno deciso di mettere fine al loro blitz. Prima di lasciare la villa, probabilmente per impedire la reazione delle loro vittime, hanno anche rubato l’automobile di Emanuel, che era parcheggiata nel garage di casa. Subito dopo, lo stesso giovane è riuscito a liberarsi e avvisare le forze dell’ordine. Sul luogo si sono precipitati gli agenti del vicino commissariato, che hanno raccolto numerosi indizi necessari alle indagini. Soprattutto hanno ascoltato i componenti della famiglia Picone, che nonostante un evidente stato di choc sono riusciti a raccontare nel dettaglio le due ore di incubo patito. Secondo le loro dichiarazioni i ladri non erano italiani; probabilmente si tratta di una banda di ladri di ville formata da immigrati dell’est Europa. Eppure per Castelvolturno, nonostante il territorio sia preda di bande di balordi d’ogni specie, reati del genere non sono abituali; soprattutto la violenza usata dai malviventi, così spietata come quella raccontata con orrore e subita dai gioiellieri di Castelvolturno, lascia angosciata la gente del paese domiziano. E sempre nella giornata di ieri gli agenti del locale commissariato hanno scoperto una vera e propria centrale illegale per lo smontaggio di autovetture di provenienza furtiva. La polizia, aiutata dai vigili del fuoco di Mondragone, ha fatto irruzione in un sottoscala di un palazzo di via Palermo, al parco Lagani, e qui ha trovato decine di parti di automobile risultate rubate e non solo questo. In un angolo del grosso locale c'erano quattro autovetture ancora integre, risultate anche queste a seguito degli accertamenti di origine di furtiva (una Ford Mondeo, due Ford Fiesta e una Suv Nissan). Sul posto non c'era la presenza di nessuna persona. Le indagini della polizia per risalire ai responsabile dell'attivita' illecita sono partite rintracciando i proprietari dell'immobile. Nelle prossime ore gli agenti contano di chiudere il cerchio e di individuare i responsabili della centrale illegale di smontaggio auto. Più difficile, invece, sarà assicurare alla giustizia la banda di balordi che ha assalito in casa propria la famiglia di gioiellieri. © RIPRODUZIONE RISERVATA
mercoledì 6 aprile 2011
Moglie in ospedale, gli tolgono i figli e lo sfrattano
06/04/2011
l'uomo è costretto a vivere in auto in un parcheggio.
il dramma: ha anche una figlia disabile, per la quale non si trova una struttura adeguata.
Vincenzo Ammaliato Castel Volturno.
Dieci giorni fa, decisamente la peggiore giornata della loro vita. Eppure, da allora le cose per i componenti della famiglia Palomba sono sempre più in salita. I guai sono cominciati con dei dolori allo stomaco accusati dalla signora Rita. Il marito, Salvatore, l’accompagna al pronto soccorso; e subito dopo, in preda ad un choc, lascia la figlia, Mina, di nove anni e mezzo disabile con invalidità totale dalla nascita, nella stanza degli affari sociali del Comune di Castel Volturno, adagiandola a terra in una grossa coperta. Subito dopo chiede ai funzionari di occuparsi di lei fino a quanto non si sarebbe sincerato delle condizione di salute della consorte che a breve sarebbe stata operata e va via. I dipendenti del Comune, chiedono l’intervento del tribunale dei minori che dispone l’immediato trasferimento della bambina in un istituto sanitario e contestualmente denuncia il papà per abbandono di minore. Il giorno dopo è l’ufficiale giudiziario a dare un altro colpo alla sfortunata famiglia. Aiutato da un nutrito gruppo di uomini delle forze dell’ordine, il funzionario sfratta per morosità i Palomba dalla casa che occupavano sulla via Domiziana. Durante le operazioni, il figlio sedicenne dei Palomba si oppone all’intervento e i tutori della legge dispongono il suo trasferimento in una casa famiglia. Da quel giorno il capofamiglia, privato dei suoi figli, con la moglie convalescente in ospedale e senza più una casa, dorme all’interno della sua autovettura nel parcheggio della clinica Pineta Grande di Castel Volturno. Intanto, l’istituto sanitario che assiste sua figlia non è attrezzato per offrire alla bambina le cure di cui ha bisogno. «Le condizioni di salute di mia figlia – denuncia Salvatore Palomba – stanno peggiorando velocemente di giorno in giorno». Il direttore sanitario ha chiesto il trasferimento di Mina in una struttura più adeguata. L’assessore alle Politiche sociali del Comune litoraneo Angela Jacono, la stessa che si sta prodigando per risolvere il problema legato all’alloggio per i Palomba, ha contattato numerosi istituti sanitari della Campania (quasi tutti) per chiedere di ospitare la bambina. Ma pare che nessuno sia in grado di sostenere le cure di cui la piccola Mina necessita per ventiquattro ore al giorno. «L’unica struttura che può seguire la mia bambina – dice Salvatore Palomba con rassegnazione mista a rabbia – è casa sua, con la mamma al fianco». Ma al momento i Palomba hanno a disposizione soltanto una vecchia automobile. Al momento, quella è casa loro. Al momento i Palomba sono isolati con i loro problemi; problemi che dovrebbero essere in qualche modo condivisi con le strutture di assistenza, evidentemente distratte da altre emergenze. © RIPRODUZIONE RISERVATA
lunedì 4 aprile 2011
Il ballerino brasiliano ritrova i suoi parenti
02/04/2011
Lui si chiama Bruno Cabrerizo. È un modello brasiliano fra i più pagati al mondo. Nelle ultime settimane è diventato popolare anche in Italia grazie alla sua partecipazione alla trasmissione televisiva di Rai1 «Ballando con le stelle». Eppure a Bruno, nononstante la celebrità, il successo e una carriera in ascesa mancava qualcosa. E quel qualcosa il modello brasiliano lo ha trovato sul litorale domizio a Castelvolturno: I suoi parenti italiani. Il bisnonno di Bruno, infatti, era originario di un paesino del Salernitano, ed emigrò nel continente americano in cerca di fortuna. Delle sue origini, però, il ballerino aveva perso ogni traccia. Grazie a un appello alla trasmissione televisiva «Chi l’ha visto?» di Rai3 è riuscito a coronare quello che era un suo sogno sin da bambino. La redazione giornalistica ha rintracciato i suoi parenti più stretti, che vivono a proprio a Castel Voltuno. E qui Bruno si è recato per poterli conoscere e abbracciare. È partito da Roma con grande emozione e una volta giunto nel centro domizio ha comprato dei fiori da donare ai suoi parenti ritrovati, che hanno ricambiato il regalo floreale con mozzarella di bufala e pizza rustica. Vin.Am.© RIPRODUZIONE RISERVATA
"Non affittate case a gruppi di persone che non sono famiglie"
31/03/2011
Il sindaco di Castelvolturno: "No a immigrati e coppie di napoletani non affidabili".
Vincenzo Ammaliato Castel Volturno.
«Cari concittadini, evitate di affittare i vostri immobili a gente che non ha né arte né parte e a gruppi di persone che non sono nuclei familiari». L’appello è comparso ieri sui muri della città, a firmarlo è il primo cittadino Antonio Scalzone che, spiega, vuole «fare del paese costiero da lui amministrato un territorio normale». La lettera aperta scritta ai suoi cittadini a caratteri cubitali su dei manifesti affissi ieri lungo la Domiziana non dice espressamente quello che poi, sollecitato, realmente ha in mente Scalzone: il sindaco specifica che si riferisce «sicuramente agli immigrati irregolari», che avendo a disposizione poche risorse economiche per abbattere i costi spesso sul territorio dividono piccole unità immobiliari in gruppi di dieci persone, talvolta anche di più. Ma anche ad alcune tipologie di persone italiane. E vale a dire a tutte quelle coppie che lui definisce «di fatto», non unite dal matrimonio e che alle proprie spalle hanno già numerose unioni fallite; persone che provengono solitamente dalla zona della provincia nord di Napoli e dall’Agro aversano e che «non riuscendo a trovare casa nei propri paesi d’origine perché ritenute dai propri stessi concittadini non affidabili, qui sul litorale domizio, invece, trovano sempre un alloggio». «Dobbiamo assolutamente riappropriarci del territorio – scrive Antonio Scalzone - e favorire l’immigrazione solo di persone perbene, che hanno un lavoro regolare e con famiglie normali». Utilizza più volte il sindaco l’espressione «normale». Eppure, la storia recente di Castel Volturno, soprattutto in materia di edilizia, esprime ben poco di quest’attributo. Negli ultimi quaranta anni sul territorio del paese domiziano sono state costruite migliaia di unità immobiliari senza la guida di alcuno strumento urbanistico. Attualmente per 24mila abitanti registrati all’anagrafe, da Ischitella a Pescopagano si contano oltre trentaseimila abitazioni (pressappoco una casa e mezzo per ogni abitante). Ben dodicimila di questi immobili sono stati costruiti su demanio marittimo e forestale; si tratta di appartamenti, ma anche di villette e talvolta interi condomini che dovrebbero essere tutti demoliti e che invece si trovano ancora saldi al loro posto sulla spiaggia o in pineta a esempio delle violenze che ha subito il territorio per mano dei suoi stessi cittadini vestiti da imprenditori edili abusivi, oppure che nel ruolo di amministratori pubblici hanno chiuso spesso un occhio, talvolta tutti e due sugli scempi compiuti. Peraltro, a Castel Volturno ancora oggi manca il piano regolatore generale. Negli anni ’70 e ’80 sulla costa sud della provincia di Caserta sono sorti interi quartieri, che già in fase progettuale si sapeva sarebbero diventati dei ghetti. Quelle case, ora, vengono affittate irregolarmente dai proprietari, tutti italiani, che non registrano i contratti e che alimentano, così, essi stessi la clandestinità e l’illegalità. Il sindaco Scalzone chiede ai suoi concittadini di dire «no alla cultura dell'illegalità», partendo proprio dal negare la casa a chi ritiene non degno di vivere nel centro domiziano: «Liberiamo Castel Volturno dalla delinquenza e dall’illegalità – scrive il primo cittadino - è questa la condizione fondamentale per sviluppare una sana economia e creare posti di lavoro per i nostri giovani e per i padri di famiglia». © RIPRODUZIONE RISERVATA
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